sabato 17 novembre 2018

Stockholm Östra - Simon Kaijser da Silva

una mamma perde il bambino in un incidente stradale, l'investitore resterà segnato per sempre.
la coincidenza è che i due, dopo qualche anno si incontrino e si piacciano.
il bello del film è come tutto avviene senza forzature, naturalmente
il protagonista è bravissimo.
il film mi è piaciuto molto, merita - Ismaele


ps: ecco un racconto di Stig Dagerman (svedese), su cosa succede quando si investe un bambino: 

UCCIDERE UN BAMBINO - Stig Dagerman (1948)
E’ una giornata mite e il sole splende obliquamente sulla pianura. E’ domenica, tra poco suoneranno le campane. Fra i campi di segale due bambini hanno scoperto un sentiero che non avevano mai percorso e nei tre villaggi della piana luccicano i vetri delle finestre. Gli uomini si radono davanti a specchia appoggiati su tavoli da cucina, le donne canterellano affettando il pane per il caffè, e i bambini si abbottonano le camicette. E’ la mattina felice di un giorno infausto perché in questo giorno nel terzo villaggio un bambino sarà ucciso da un uomo felice. Il bambino è ancora seduto sul pavimento e si abbottona la camicetta, l’uomo che si sta radendo la barba dice che oggi faranno una gita in barca sul fiume mentre la donna canterella e mette il pane appena affettato su un piatto blu.
Non vi sono ombre nella cucina e l’uomo che ucciderà un bambino si trova ancora vicino a una pompa rossa della benzina del primo villaggio. E’ un uomo felice, che guarda dentro una macchina fotografica e nell’obbiettivo vede una piccola automobile blu e accanto all’automobile una ragazza che ride. Mentre la ragazza ride e l’uomo scatta la bella fotografia, il benzinaio stringe il tappo del serbatoio e annuncia che avranno una bella giornata. La ragazza si siede nell’auto, l’uomo che ucciderà un bambino estrae il portafoglio dalla tasca e spiega che arriveranno al mare e al mare affitteranno una barca e poi andranno a remare al largo, molto al largo. Attraverso i finestrini abbassati la ragazza sul sedile anteriore sente quello che dice e chiude gli occhi e ad occhi chiusi vede il mare e l’uomo accanto a lei nella barca. Non è certo un uomo cattivo, è felice e contento e prima di salire in macchina si sofferma un attimo davanti al radiatore che splende al sole a godere di quel luccichio e dell’odore di benzina e di biancospino. Nessuna ombra si proietta sull’auto, il paraurti splendente non ha nessuna ammaccatura né la minima traccia rossa di sangue.
Ma nello stesso momento in cui nel primo villaggio l’uomo dell’auto richiude la portiera di sinistra e tira verso di sè il pomello dell’avviamento, nel terzo villaggio la donna nella cucina apre la dispensa e si accorge che non c’è più zucchero. Il bambino, che ha finito di abbottonarsi la camicia e si è allacciato le scarpe, è in ginocchio sul divano e guarda il fiume che serpeggia tra gli ontani e la barca nera tirata in secco sull’erba. L’uomo che perderà il suo bambino ha finito di radersi la barba e piega lo specchio. Sulla tavola ci sono il caffè, il pane, la panna e le mosche. Manca solo lo zucchero e la madre dice al suo bambino di correre dai Larsson a chiederne in prestito qualche zolletta. E quando il bambino apre la porta l’uomo gli grida di far presto, che la barca è sulla spiaggia che aspetta e che devono remare più lontano di quanto non abbiano mai remato. E mentre corre attraverso il giardino il bambino non fa che pensare al fiume e alla barca e ai pesci che guizzano e nessuno lo avverte che gli restano soltanto otto minuti da vivere e la barca rimarrà dov’è per tutto quel giorno e per molti altri giorni ancora.
I Larsson non abitano lontano, appena dall’altra parte della strada e mentre il bambino l’attraversa correndo, la piccola automobile blu entra nel secondo villaggio. E’ un piccolo villaggio di casette rosse e di gente appena sveglia che siede in cucina colla tazza del caffè in mano, e vede l’auto che sfreccia al di là della siepe sollevando dietro di sè un’alta nuvola di polvere. Viaggia a gran velocità e l’uomo al volante vede i meli e i pali del telegrafo incatramati di fresco sfilargli accanto come ombre grigie. L’aria dell’estate soffia attraverso il parabrezza mentre escono sfrecciando dal paese e procedono veloci e sicuri al centro della carreggiata, sono soli sulla strada – per ora. E’ meraviglioso viaggiare così soli su una strada ondulata e larga, e in pianura è ancora più bello. L’uomo è felice e forte e col gomito destro sente il corpo della sua donna. Non è certo un uomo cattivo. Non farebbe male a una mosca ma tra qualche istante ucciderà un bambino. Mentre sfrecciano verso il terzo villaggio la ragazza chiude di nuovo gli occhi e, per gioco, dice che non li riaprirà fino a che non si vedrà il mare e sogna, al ritmo del dondolio dell’auto, quanto le apparirà splendente.
Perché la vita è congegnata così spietatamente che un minuto prima di uccidere un bambino un uomo felice è ancora felice e un minuto prima di urlare di terrore una donna può chiudere gli occhi e sognare il mare, e nell’ultimo minuto di vita di un bambino i suoi genitori possono stare seduti in cucina ad aspettare lo zucchero e a parlare dei suoi denti bianchi e di una gita in barca e il bambino stesso può chiudere un cancello e cacciarsi attraverso una strada con delle zollette di zucchero avvolte in carta bianca nella mano destra, e per tutto quest’ultimo minuto non vedere altro che un lungo fiume scintillante con grandi pesci e una grande barca coi remi silenziosi.
Dopo è troppo tardi. Dopo c’è una macchina blu di traverso sulla strada e una donna che urla si leva una mano sulla bocca e la mano sanguina. Dopo un uomo apre la portiera di un’automobile e cerca di reggersi sulle gambe nonostante l’abisso di orrore che ha dentro di sé. Dopo vi sono delle zollette di zucchero bianche assurdamente sparse nel sangue e nella ghiaia e un bambino giace inerte sul ventre con il volto brutalmente schiacciato contro la strada. Dopo accorrono due persone pallide che non sono ancora riuscite a bere il loro caffè e si precipitano verso un cancello e quello che vedono non lo dimenticheranno mai. Perché non è vero che il tempo guarisce tutte le ferite. Il tempo non guarisce le ferite di un bambino ucciso ed è molto difficile che guarisca il dolore di una madre che ha dimenticato di comperare lo zucchero e manda suo figlio dall’altra parte della strada a chiederlo in prestito; ed è altrettanto difficile che guarisca l’angoscia di un uomo un tempo felice che ora l’ha ucciso.
Perché chi ha ucciso un bambino non va più al mare. Chi ha ucciso un bambino guida lentamente verso casa, in silenzio, e accanto a sé ha una donna muta con una mano fasciata e in tutti i villaggi che attraversano non vedono più un solo uomo felice. Tutte le ombre sono cupe e quando i due si separano sono ancora in silenzio e l’uomo che ha ucciso un bambino capisce che quel silenzio è il suo nemico e che gli ci vorranno anni della sua vita per sconfiggerlo gridando che non è stata colpa sua. Ma sa anche che questa è una menzogna e la notte nei suoi sogni si struggerà di poter avere indietro un unico minuto della sua vita per far sì che quest’unico minuto possa essere diverso.
Ma la vita è così spietata con colui che ha ucciso un bambino che dopo è troppo tardi per qualsiasi cosa.







La tragedia più grande è quella di sopravvivere ai propri figli. Il dolore è tale da avere la sensazione di non riuscire nemmeno a percepirsi. Quando a tratti ci si scopre ancora vivi si vorrebbe annegare nell’oblìo, ma l’esistenza per quanto crudele prosegue. È quanto accade a Anna e al marito che perdono la figlia in un incidente d’auto. La sofferenza non sempre però accomuna, anzi più è straziante più è capace di amplificare qualsiasi distonia e di far sprofondare ognuno nel proprio isolamento, creando distanze e generando fastidi. E poi ci sono i sensi di colpa di Johan, l’uomo che involontariamente ha causato la morte della bambina e che nel vedere il volto terreo di Anna mentre esce dal pronto soccorso sente di dover fare qualcosa per lei. Ma cosa?..

Vittima e carnefice, causa ed effetto della loro stessa (in)felicità.
Semplice e lineare la pellicola di Kaijser da Silva scivola davanti agli occhi, alternando momenti insipidi ad estasi di gusto. La ricetta sta’ nella sceneggiatura imprevedibile e ben strutturata della giovane Pernilla Oljelund. Una storia la sua che può fare la differenza, eppure il regista potrebbe sfruttarla meglio.
Il montaggio troppo serrato, alla continua ricerca di un diverso punto di vista, allontana lo spettatore dall’intimità dei protagonisti. Aleggia un senso di sospeso e irrisolto, inconcludente ma allo stesso tempo affascinante, per uno spettatore che ama ancora lasciarsi emozionare dal cinema.

Patinato e appesantito da un accompagnamento musicale ridondante, Stockolm Ostra è stilisticamente affine all'estetica televisiva: primi o primissimi piani, totale assenza di messa in scena su scale più larghe, un montaggio incoerente ed effettistico, capace di inanellare flou e ralenti totalmente ingiustificati nell'arco di due minuti, per poi rinnovare il dispositivo ogni qualvolta la situazione (critica) lo richieda: flashback di momenti topici (l'incidente), agnizioni inverosimilmente tardive annunciate con sotterfugi visivi da soap opera americana riveduta e corretta in chiave Arty.

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