la corsa di Colin Smith, dopo quella di tre anni prima di Antoine Doinel (ne I 400 colpi, di François Truffaut) è una corsa verso la libertà, ma non solo.
un film arrabbiato, come facevano in Gran Bretagna allora, un film che non ti dimentichi più, un capolavoro di allora e di oggi.
non perdertelo, se ti vuoi bene - Ismaele
ps: anche agli Iron Maiden il film è piaciuto moltissimo, tanto da dedicargli una canzone
«…non mi lascio mettere nel sacco da
questa presa in giro della gara, questo correre e cercare di vincere, questo
trottare per un pezzo di nastro azzurro,…
…ma io non vincerò perché l’unico caso in
cui cercherei di arrivare primo sarebbe quando vincere significasse che sfuggo
ai poliziotti dopo aver fatto il più grosso colpo in banca della mia vita, ma
vincere significa esattamente il contrario, … significa correre dritto nelle
loro robuste mani inguantate di bianco e verso i loro brutti musi sorridenti e
rimanervi per il resto della mia lunga vita di spaccapietre, si, ma di
spaccapietre nella maniera in cui voglio farlo io e non nella maniera in cui mi
dicono loro…
…non c’è niente che io voglia evitare o da
cui pensi di scappare; voglio solo vendicarmi dei Difensori della Legge e dei
Pancioni lasciandoli là seduti sulle loro poltrone eleganti a vedermi perdere
questa gara…
…questo è un altro uppercut che mollo in
primo luogo alle persone come il direttore, per dimostrare –se posso- che le
sue corse non si vincono mai anche se c’è sempre qualcuno che senza
saperlo arriva primo…»
[La solitudine del maratoneta, 1962 di Alan
Sillitoe. Da cui è stato tratto il film:
Gioventù Amore e Rabbia di Tony Richardson GB
1962]
Sent to a borstal after being caught with the proceeds of a
serendipitous robbery, a fiercely intelligent but cripplingly angry youth shows
an aptitude for long distance running, and is taken under the wing of the
governor, who fancies him to perform well in an athletics meet with a revered
public school. However, he fails take into account the young man’s growing
rebellious streak, in this the finest of the British angry young man films of
the 1960s. Courtenay’s magnificent central performance and Richardson’s formal
daring give life to Sillitoe’s fierce adaptation of his own short story, which
culminates with one of cinema history's most powerful, symbolically rich
endings.
…Colin Smith è interpretato da Tom Courtenay, nella sua prima apparizione sul
grande schermo (anche se si era già fatto conoscere a teatro). La sua fusione
con il personaggio del giovane ribelle fu perfetta. Anche le peggiori
recensioni del film non evitarono di lodare l’interpretazione del giovane
attore. Courtenay rese credibile il personaggio, mostrandone il carattere
irrequieto ed anarchico e la sua agognata ricerca di libertà, ma allo
stesso tempo, il suo contrastante desiderio di normalità e di tranquillità…
…Richardson retient la solidité d’un matériau
littéraire, le recours à une psychologie explicative (la figure du père) et le
recours à des comédiens chevronnés comme Michael Redgrave, grand nom de la
scène et vedette des années 30/50, impeccable dans le rôle du directeur coach.
À un cinéma nouveau, Richardson emprunte le récit éclaté (le télescopage des
scènes dans le centre et du flash-back), l’exploration de l’inconscient du
protagoniste (dans une veine certaine plus didactique et moins conceptuelle
que L’année dernière à Marienbad), et surtout des
innovations techniques et thématiques : une caméra légère, destinée alors
uniquement aux reportages télévisés, cerne au plus près un antihéros épris de
liberté mais étouffant dans le carcan d’une société conservatrice, inégalitaire
et stigmatisante, ne pardonnant pas le moindre écart à ses éléments déviants.
C’est par cet aspect que le film de Richardson trouve sa force, sans que jamais
le cinéaste ne verse dans la lourdeur démonstrative du film à thèse ; on
sera ainsi reconnaissant aux auteurs de ne pas être tombés dans les clichés de
la rédemption et de la réintégration par un sport salvateur, Colin finissant
par choisir son libre arbitre, fidèle à sa rébellion. En ce sens, il est bien
le cousin anglais d’Antoine Doinel dans Les 400 coups et annonce les personnages déshérités des
œuvres de Frears, Lee et Loach, bien avant les ravages sociaux du thatchérisme.
Poétique par son écriture cinématographique et politique par sa rage
dénonciatrice, La solitude du coureur de fondest
donc bien une date-clef dans l’histoire du cinéma anglais.
…Richardson construye un personaje que permanece largo
tiempo en la retina, en cuya decisión y vulnerabilidad confluyen las
inquietudes de una nueva generación. Tom Courtenay se convirtió a través de los
rasgos de este solitario corredor y de su siguiente film Billy, el embustero en uno de los rostros
emblemáticos del Free Cinema, junto a una galería de intérpretes,
representantes de una época, como Alan Bates, Julie Christie, Albert Finney o
Rita Tushingham. La soledad del corredor de fondo puede
ser considerada una de las obras más depuradas del Free, conjuga
los rasgos de identidad de un movimiento que ha extendido su influencia en el
tiempo. Un elocuente detalle, la declaración de Colin de no querer ser
explotado como sus padres, tal y como también indica su simbólico gesto de
quemar un billete, señala un compromiso cuyas huellas pueden rastrearse incluso
en el cine social británico de los años ochenta. Por último, resulta
significativo el plano final del film, en el que bajo los acordes del
tradicional himno estudiantil “Jerusalem” la cámara se detiene en unas máscaras
antigás usadas en la última guerra. Una siniestra imagen que parece querer
recordar una amenaza latente, las dificultades que encontrará cada nueva
generación en sus rupturas hacia un nuevo impulso.
…'The Loneliness of the Long Distance Runner', diretto
da Tony Richardson nel 1962 e tratto dal racconto breve di Alan Sillitoe, che
l'ha anche sceneggiato per lo schermo, che in italiano si trasforma
'magicamente' nel banale ed anonimo 'Gioventù, amore e rabbia' - un altro dei
titoli chiave del Free Cinema inglese, esploso tra la fine degli anni '50 ed
esauritosi nel giro di pochi anni, lasciando però un'impronta indelebile nella
storia del cinema non soltanto di Oltremanica ma inteso nel complesso - a mio
avviso appare inferiore ad altri da me recentemente visti, uno su tutti 'Sabato
sera, domenica mattina' di Karel Reisz, poiché, pur trattando temi identici -
la ribellione degli appartenenti alla classe operaia a quelli che ai tempi
venivano chiamati i padroni, una sorta di insofferenza nei confronti di
qualsivoglia istituzione, l'insoddisfazione nella quotidianità vissuta senza
particolari sussulti emotivi e il bisogno di evadere, che porta al compimento
di atti contrari alla legge - e usando tecniche di rottura, come le
accelerazioni disseminate in più punti del film, e una struttura narrativa a
flashback, zoppicante nella prima parte, più sciolta nella seconda, culminante
nella sequenza decisiva della corsa immersa nelle campagne inglesi, trasmette
un'impressione datata, specie nella schematica contrapposizione classista, con
il ribelle Colin da una parte e, di volta in volta, i rappresentanti del potere
istituzionalizzato dall'altra…
…Nell’incipit del film (così come nel titolo originale)
si parla della solitudine del corridore delle lunghe distanze. La sua famiglia
è da sempre brava in questa disciplina, che altro non è se non una metafora della sua condizione. Il
corridore è destinato ad essere lontano dal pubblico, ad essere completamente
solo nella sua gara, così come Colin è solo nella sua vita. In carcere il
ragazzo viene preso in simpatia dal direttore proprio per le sue qualità
atletiche e riceverà un trattamento di favore. Ma quando dovrà competere per
lui in una gara tra istituti detentivi, si renderà conto ancora una volta di
essere stato usato…
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