è la storia di una fuga da un continente all'altro, controllati dalla polizia.
entrambi si credono i più furbi del mondo, e riescono a convivere.
è un film di arroganti, di disperati, disperato, non ci sono buoni e cattivi, tutti sono abbastanza cattivi, ma non del tutto.
buona visione - Ismaele
“Strano film”, si è sentito più volte dire
tra il pubblico all’uscita. Più che strano, ambiguo, di un’ambiguità fertile,
lontana dal senso dell’onore e dallo sguardo tragico che spesso Melville ha
riservato ai suoi personaggi. Qui siamo più dalle parti dello psicologismo
simenoniano, sia pure lontani dall’analisi al microscopio delle miserie e dei
limiti antropologici della società borghese.
La storia del ricco banchiere in fuga verso
l’America, e del segretario-avventuriero (Belmondo) che lo accompagna
annusando l’odore della scia di denaro , ricorda un po’ il gioco del gatto col
topo. Charles Vanel interpreta un corrotto, ma dal passato avventuroso; un uomo
ricco e potente, ma ridotto via via all’impotenza. Mentre l’ex pugile ed ex
parà interpretato da Belmondo caricano l’attore di una controversa doppiezza
che forse il suo sguardo, all’altezza dei primi anni Sessanta, non è del tutto
in grado di reggere. Tuttavia, guardando proprio a “Be-bel”, Lo sciacallo conferma la corrispondenza d’amorosi
sensi tra Melville e la nouvelle vague. I momenti di viaggio, i personaggi che
vanno e vengono, i colori squillanti e pop, i momenti di stasi – più che veri e
propri difetti (spesso imputati a questo film) – ricordano Godard e un Truffaut
più tardo, quello di film “d’appendice”, con lo stesso attore. E c’è anche una
curisoa Stefania Sandrelli, nei panni di una autostoppista col vizio del furto,
che recita in inglese, con caschetto biondo, e si merita un bacio appassionato
di Belmondo.
Un imprevedibile passo falso: definirei così,
questo adattamento da un magnifico romanzo di Georges Simenon, con Belmondo,
nei panni di Michel Maudet, e Charles Vanel, che incarna il ricco e corrotto
Dieudonné Ferchaux. Giustamente, il regista apporta drastici tagli a una trama
ricchissima di spunti, salvo aggiungervi un paio di situazioni inconsistenti
(vi appare, con un improbabile caschetto biondo, anche una giovanissima
Stefania Sandrelli) e un incomprensibile stravolgimento dei luoghi: New York e
Louisiana, anziché Normandia e Tropici.
La voce off di Belmondo risulta didascalica, il road movie straniante, il finale debole e contraddittorio. Finisce per smarrirsi il formidabile vitalismo del primogenito dei Ferchaux, un self made man che si sente al di sopra della legge e nel romanzo è mostrato con un che di selvaggio, mentre nel film indossa giacca e cravatta e tiene testa a un consiglio di amministrazione…
La voce off di Belmondo risulta didascalica, il road movie straniante, il finale debole e contraddittorio. Finisce per smarrirsi il formidabile vitalismo del primogenito dei Ferchaux, un self made man che si sente al di sopra della legge e nel romanzo è mostrato con un che di selvaggio, mentre nel film indossa giacca e cravatta e tiene testa a un consiglio di amministrazione…
…Melville si concentra sul rapporto sempre più stretto
e dipendente che si crea tra i due protagonisti (gran duello recitativo, il
maggior punto di forza del film, tra uno sfacciato e giovanissimo Belmondo e un
convincente e subdolo Vanel), analizzando la natura profondamente traditrice,
avida e ingannevole dell'uomo, orientato esclusivamente al proprio tornaconto
ed incapace di stabilire un legame sincero e disinteressato…
Nessun commento:
Posta un commento