primo
mercoledì del cinema a due euro, sale piene, per "Men in the dark"
non c'è posto, proviamo con il film di Jaume Collet Serra.
molti
entrano con i soliti maxi contenitori di popcorn, è tutto un masticare, per
tutto il film, sangue o non sangue, e anche ridere e chiacchierare.
credo che
molti sgranocchierebbero di gusto vedendo un documentario sulle autopsie.
il film,
come dice qualcuno, è un film d'intrattenimento, niente di straordinario, tutto
sulle spalle di Nancy, quasi solo l'unico interprete, oltre allo squalo.
a un certo punto ha una parola di pietà per lo squalo, nonostante tutto, quando cìvede che lui ha un grosso amo conficcato in bocca.
lei è
coraggiosa e brava, di sicuro non è un film per chi è indeciso se fare surf -
Ismaele
…Paradise Beach risponde all’appello di ogni regola non scritta del suo genere e
lo fa con l’abilità che serve in questi casi, quella che impone di raccontare
sempre la stessa storia ma con una retorica convincente. Quanto tempo passa
prima del primo attacco? Quanto verrà ferita la protagonista prima di reagire?
Come fermerà il sangue? Quanto sarà tangibile il suo dolore? E alla fine,
quando il confronto si fa immenso e necessario, quando il tempo stringe e la
sete d’omicidio dello squalo si fa inarrestabile, quanto sarà epico lo showdown? Jaume Collet-Serra e Anthony Jaswinski rispondono bene a tutte le
domande in meno dei 90 canonici minuti.
…Le onde della noia insomma travolgono lungo un'ora e mezza
dalla quale si salvano soltanto i dieci minuti in cui la lotta con lo squalo
feroce si fa senza colpi: sebbene magari non molto credibile, in particolare
per quella che è la risoluzione, almeno rende la visione un minimo eccitante e
si dà un senso ad una tensione evidentemente più ambita e teorica che reale.
Ovviamente non è sufficiente - come non lo sono gli splendidi scenari - a
salvare un film piatto e che non osa mai.
Ah, il tifo era tutto per lo squalo.
Ah, il tifo era tutto per lo squalo.
….In The
Shallows i segni della morte
sono anche i segni del percorso esistenziale della protagonista: il cadavere
della balena, la spiaggia isolata e l’isola dalla forma di una donna incinta
come paesaggi mortiferi, inospitali e indifferenti alla tragedia, gli squarti
fisici, gli smembramenti, il gabbiano ferito.
Se il piano della storia, con i suoi
esistenti, non bastasse a richiamare l’attenzione su un’opera sì di facile
lettura, ma proprio per questo più divertente e godibile, c’è anche il piano
del discorso in cui Collet-Serra sfodera la sua abilità ritmica e
selezionatrice, montando e orchestrando le immagini in modo impeccabile. Le
immagini in GoPro, fastidiose altrove, qui aiutano a immergersi totalmente
nella vicenda e nella tensione palpitante dei vari personaggi. Le riprese
subacquee, quelle a pelo d’acqua, quelle a piombo, i tagli, le inquadrature, le
profondità di campo, la fotografia smaccata e satura di colorazioni vive e
forti come fredde e umbratili, la concezione iconica dell’immagine fine a se
stessa, se altrove diventano zavorre del discorso filmico finendo per inaridire
le strutture narrativa dello shark movie o di un animal
attack movie qualsiasi, in mano a Collet-Serra sanno essere contenute
ed efficaci…
…Paradise Beach – Dentro l’incubo riesce a compensare il suo scarso interesse per
le possibilità splatter con un perfetto dinamismo visivo e un ritmo
serratissimo, capaci di mantenere lo sguardo sempre in tensione. Allora, se anche non riusciamo a smettere di
chiederci quale sia il bisogno del furioso girare in tondo dello squalo che
imprigiona Blake Lively nel terreno angusto di uno scoglio e, poi, in
equilibrio precario su una boa, al film Jaume Collet-Serra va quantomeno
riconosciuto il merito di non avere alcuna altra ambizione se non quella,
ampiamente riuscita, del puro intrattenimento.
…il vero punto debole di Paradise Beach non
è rintracciabile né nelle discese nel ridicolo e neppure nella raffazzonata
sceneggiatura (che pure non si lascia sfuggire le occasioni per mettere in
mostra le proprie debolezze, come nella sottotrama che vede il gabbiano
ribattezzato Steven Seagull unico “amico” della bionda surfista, per di più in
grado di riparagli l’ala ferita), quanto nella pressoché totale mancanza di
ritmo. Per superare lo scoglio – è proprio il caso di dirlo – dell’isolamento
di un personaggio in un luogo angusto come il cucuzzolo di un masso sperduto
nell’oceano, Collet-Serra può solo ricorrere a uno schema ripetuto
all’infinito, quello dei tentativi infruttuosi della giovane di evitare le
fameliche attenzioni dello squalo, intervallato di quando in quando da qualche
umano sprovveduto usato come carne da macello per risvegliare gli istinti
sanguinari del pubblico. La computer grafica ovviamente impera, e non è neanche
sfruttata nel modo migliore, e la tensione è sotto i livelli di guardia.
A questo si aggiunge un finale che travalica il buon senso trasformando Nancy in una superoina imbattibile, che trascina lo spettatore verso una risata incontrollata, e screziata di isteria. Senza contare la possibilità di leggere il film come un monito verso il pubblico statunitense, in attesa delle elezioni presidenziali di novembre: rimanete a nuotare nelle calme e pacifiche acque di casa nostra, e lasciate perdere le pericolose acque messicane. Facezie a parte, resta l’occasione per godere del fisico in bikini della Lively, ma è davvero troppo poco; anche perché viene davvero naturale tifare per lo squalo…
da qui
A questo si aggiunge un finale che travalica il buon senso trasformando Nancy in una superoina imbattibile, che trascina lo spettatore verso una risata incontrollata, e screziata di isteria. Senza contare la possibilità di leggere il film come un monito verso il pubblico statunitense, in attesa delle elezioni presidenziali di novembre: rimanete a nuotare nelle calme e pacifiche acque di casa nostra, e lasciate perdere le pericolose acque messicane. Facezie a parte, resta l’occasione per godere del fisico in bikini della Lively, ma è davvero troppo poco; anche perché viene davvero naturale tifare per lo squalo…
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