Nawal, la sua bambina Nora e i parenti serpenti.
Nawal deve difendersi dagli avidi parenti, ha un lavoro come badante per dei ricchi di Amman, peccato che la figlia della padrona le chieda aiuto e lei glielo dia, Nawal ha anche uno spasimante, un brutto anatroccolo innamorato, ma lei vuole solo la libertà per lei e Nora.
un film politico e femminista, dalla Giordania, dove la vita non è facile, non è un paese per donne.
Nawal (l'attrice Mouna Hawa) regge tutto il film sulle sue spalle, la macchina da presa la segue senza sosta, è lei il centro di gravità della storia.
un film da non perdere, in meno di venti sale, purtroppo.
buona visione - Ismaele
…Al Rasheed colloca l'azione ad Amman e in tal modo ci fa
conoscere un'altra faccia dell'imposizione alle donne di codici di
comportamento che alcune giocoforza interiorizzano accettandoli ed altre no.
Perché grazie al lavoro di badante di un'anziana signora immobilizzata su una
sedia a rotelle a cui Nawal attende quotidianamente (rientrando a casa tardi e
questo viene usato contro di lei) ci viene aperto un altro microcosmo. Quello
cioè di una famiglia benestante cristiano maronita dove però i rigidi codici di
sottomissione al maschio, non importa se totalmente privo di scrupoli,
imperano.
Ci viene quindi ricordato che non si tratta solo, come semplicisticamente si
potrebbe pensare, di una tradizione religiosa contro un'altra ma piuttosto di
humus culturale diffuso contro cui è difficile combattere. Nawal lo fa senza
proclami ma con l'amore che ha per la figlia e cercando di sfruttare tutte le
scarse vie legali che i maschi lasciano alle donne per esercitare dei diritti
che non dovrebbero neppure essere enunciati tanto sono, si potrebbe dire,
naturali.
Al Rasheed è molto abile nel leggere
anche le minime sfumature nelle espressioni dei suoi protagonisti ed è anche
capace, e non era facile, di tenersi lontano dal manicheismo. Si veda la figura
del fratello di Nawal che vorrebbe in cuor suo esserle d'aiuto ma non riesce a
sfuggire al retaggio culturale in cui è nato e cresciuto. Affrontando al
contempo i temi qui solo apparentemente contrastanti del desiderio, che diviene
necessitato, di una gravidanza e del divieto dell'aborto, il regista, essendosi
fatto affiancare da due donne (Rula Nasser e Delphine Agut) nello stendere la
sceneggiatura, ha saputo trovare la giusta misura nel trattare temi così
delicati offrendo un quadro purtroppo realistico di un contesto in cui ogni
cambiamento impone una sofferenza che solo alcune sanno sostenere.
… La pellicola adotta un
approccio nettamente centrato sul punto di vista femminile, in cui Amjad Al
Rasheed, attingendo anche dalle sue esperienze personali e dalla propria
infanzia, riesce a delineare con grande cura il mondo delle donne in Giordania,
offrendoci uno sguardo autentico e realistico sulla condizione femminile nelle
società arabe. Le donne si trovano costantemente soggette ad ingiurie e
trattamenti crudeli da parte degli uomini, che le considerano più come
strumenti per perpetuare la loro discendenza piuttosto che come individui con
bisogni e desideri propri. Questa è la peculiarità principale di “Inshallah a
Boy”: raccontare la femminilità in Giordania attraverso una narrazione priva di
filtri e caratterizzata da una regia estremamente realistica. Amjad Al Rasheed
adotta un approccio autoriale alla regia, ma opta saggiamente per una direzione
invisibile che si concentra principalmente sulla storia e sul personaggio di
Nawal, interpretato magistralmente da una straordinaria Mouna Hawa. La regia
evita movimenti di macchina spettacolari, preferendo invece una presenza
discreta della cinepresa che contribuisce ad approfondire la profondità della
narrazione…
…Inshallah a Boy sa scavare nel profondo dei personaggi e della loro
esistenza, grazie alla regia sicura di Amjad Al Rasheed, sempre incollato ai
volti dei suoi protagonisti, e alla sensazione di crescente angoscia per il
destino di Nawal, legato a una gravidanza improbabile e dall’esito comunque
tutt’altro che garantito (la nascita di un’altra figlia la riporterebbe
sostanzialmente al punto di partenza). Una critica sociale aspra e ficcante,
che non cede mai alla tentazione della retorica ma si concentra solo sul suo oggetto,
lasciandoci con un epilogo in equilibrio fra timore e speranza, perfetta
sintesi della vita di Nawal.
film così meriterebbero ben più di venti sale, è sempre così con il cinema di un certo impegno purtroppo.
RispondiEliminapurtroppo i multisala sono in mano ai venditori di popcorn e merdacola :(
Eliminagià, un vero peccato :(
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