Viridiana è una novizia che per ordine della madre superiora deve andare a visitare uno zio che lei non stima per niente.
e va in quella casa dello zio ricco, dove era cresciuta prima di andar in monastero.
lo zio (Fernando Rey) la vuole, in molti sensi, ma Viridiana non vede l'ora di tornare al convento.
e poi succede un fatto terribile, e a causa di quel fatto i poveracci riescono a entrare nella villa padronale vuota per qualche ora e si comportano come padroni, in una cena, la prima e l'ultima da signori, con la musica del Messia di Hendel, con un effetto sconvolgente, per l'accostamento di musica e immagini.
il film mostra i poveri, quasi schiavi, in modo simile allo stile di Pier Paolo Pasolini, e dei pittori spagnoli, i poveri sono brutti, sporchi e a volte cattivi, rifiuti umani che non hanno mai goduto di alcun tipo di benessere.
alla fine i due cugini eredi hanno delle idee sull'utilizzo della terra ereditata, Viridiana intende fare la carità ai poveri, Jorge pensa a un'impresa produttiva, capitalisticamente parlando, chissà chi vincerà.
il film ha vinto la Palma d'Oro al festival di Cannes nel 1961, in Spagna si potè vedere solo nel 1977, dopo la morte di Francisco Franco, e anche il Vaticano mise il film all'indice, sicuramente per l'Ultima Cena, ma non solo.
un film da non perdere, se ti vuoi bene.
buona (poco religiosa) visione - Ismaele
QUI si può trovare il film completo, in italiano o in spagnolo
...la sua carità percepita dai poveri come ingenuità, porterà costoro ad occupare la villa in sua assenza, sfociando presto in un'orgia di sesso, cibo ed irriverenza con il noto fermo immagine dell'ultima cena di Leonardo da Vinci, di cui i poveri per niente belli ed in verità volgari, cafoni ed irriconoscenti, quindi in verità molto vicini alla realtà, non sono comunque meritevoli di aiuto in quanto essi stessi umili come insegnataci da Gesù?
Il pessimismo di Bunuel non lascia scampo a
nessuno e viste le reazioni ultra-negative e di condanna del Vaticano, forse le
sfere istituzionali della chiesa sono state così lontane dai poveri, da
schifarne solo la vista e non riuscire a perpetrare la missione caritatevole
tramite il perdono, così come non riesce a fare Viridiana, condannandosi
all'annichilimento di una modernità che avanza, portatrice di ulteriori nuove
negatività, senza alcuna speraza di via d'uscita; vince il corpo, ogni altra
entità metafisica ne esce sconfitta.
…Questa scena e le ultime del film, che rappresentano il falò col
quale la donna brucia gli oggetti del suo bagaglio religioso, ormai
inservibile, hanno fatto gridare allo scandalo e alla blasfemia, procurando al
regista strascichi censori in Spagna al tempo della dittatura franchista, ma
anche nell’ Italia degli anni ’60.
Il film, in verità, con gli stilemi e i simboli del grande regista,
sintetizza molti temi e percorsi culturali che avevano attraversato la cultura
europea dalla seconda metà dell’800: dalle riflessioni anarchiche, a
quelle socialiste, da quelle freudiane sul sogno a quelle nietzscheiane sul
dionisiaco, che, rielaborate da Bréton, avevano dato origine al movimento
surrealista.
L’indubbia carica eversiva, rispetto alle convinzioni consolidate diventate
luoghi comuni, che è tipica di tutta l’opera del regista, in questo
importantissimo film è fonte inesauribile di invenzioni e citazioni, per le
quali Buñuel si avvale anche della cultura figurativa spagnola tradizionale,
quella dei picari, dei “Borrachos” di Velasquez o dei grotteschi personaggi dei
Capricci di Goya, totalmente rielaborati, però, in un originale linguaggio
filmico.
Resulta difícil explicar la existencia de una
película como Viridiana en la cinematografía española
teniendo en cuenta la situación política del país en 1961 (no en vano supuso el
único trabajo de Buñuel en su efímero retorno a su tierra natal, tras
desarrollar la mayor parte de su obra en Méjico y antes de ser acogido en
Francia, donde terminaría su carrera). Parece que los censores de la época no
vieron a priori en el guion del film nada que atentara en demasía contra la
dogmática ideología religiosa del régimen (aunque conociendo la filmografía del
director uno sólo puede atribuir tal explicación a la desidia o a la torpeza de
los funcionarios), si bien es cierto que, una vez terminada la película,
debieron caer en cuenta de su 'descuido' prohibiendo su estreno en España, que
no tendría lugar hasta después de la muerte del dictador, en abril de 1977. Sea
como fuere, si algún mínimo resquicio de duda pudiera caber sobre sus
intenciones, las palabas de Buñuel son contundentes al respecto: como Simon
del desierto, o como Nazarín, Viridiana, en su delirio
caritativo, es de nuevo ese personaje quijotesco al que alude el director, un
soñador, un loco "que finalmente entra en razón" a causa de un
desengaño. Teniendo en cuenta la evolución de personaje en la película, el
diagnóstico de Buñuel no puede ser más contundente…
…Bunuel desidera sfidare l'ipocrisia che si nasconde
dietro certe convinzioni religiose e ci mostra gente reale con difetti e
problemi reali. La loro presenza e il loro comportamento ci
offende? Quanto siamo disposti a perdonare della loro bruttezza e
volgarità, e della loro povertà? Forse che la loro presenza non sarebbe bene
accolta alla tavola del Signore? A giudicare dalla reazione del Vaticano, che
giudicò il film immorale e lo mise al bando, evidentemente no. Sicuramente
Bunuel non si aspettava niente di diverso." (Noel Megahey sul sito DVD
times). Dunque, in questo senso il film non è blasfemo. E la potenza visionaria
di molte scene, come quella famosa dell'orgia dei mendicanti e del ballo
sacrilego sulle note dell'Alleluia di Handel, è ancora oggi intatta. Ottime le
interpretazioni di Silvia Pinal, Fernando Rey e Francisco Rabal, ottima anche
la sceneggiatura dello stesso regista e di Julio Aleandro (scrittore di matrice
cattolica). Un film inquietante e adulto, scioccante e intelligente. Visione
essenziale per ogni cinefilo.
Viridiana es la
mirada más feroz y genial que se haya permitido el cine sobre la institución de
la beneficencia, y a esa condición está atada buena parte de los rasgos que la
convierten en una obra maestra cabal. Una entre muy, muy pocas. Pero la mejor
película de Luis Buñuel va –ve– más allá de la caridad
cristiana. Y otras instituciones, tanto o más hipócritas, comparten el
privilegio, si se lo puede llamar así, de atraer la atención del hombre de
Calanda. Rodada en España como respuesta a un tramposo convite de Francisco
Franco (resignado a repatriar a Buñuel –que arrastraba 25 años de exilio
en México– para beneficiarse con su fama), Viridiana fue
cualquier cosa menos lo que esperaba el dictador. Al día siguiente de alzarse
con la Palma de Oro en Cannes fue prohibida en todos los cines de España.
Tiempo después, en Milán, la obra de Buñuel provocó un escándalo similar al que
treinta años antes había desatado La edad de oro, su segunda
película, y el realizador fue amenazado con la cárcel si pisaba Italia…
…Así
como en el desarrollo narrativo la protagonista pasa de la dialéctica de la
vergüenza/ culpa cristiana pasiva a tratar de darle cauce a su vida espiritual
en el ámbito mundano más activo con tristes consecuencias, lo que por cierto
trae a colación la impostura de la virtud y el decoro en los seres humanos, en
Jorge por su parte se unifican el odio a su padre, la necesidad de “tener” lo
que fue de él -léase Viridiana- y una sutil atracción hacia la muchacha por más
que le resulte repulsiva su actitud dadivosa. Mientras que el hombre representa
el capitalismo ateo y salvaje, la mujer hace las veces de una fe infantil e
inútil que no modifica absolutamente nada y que en esencia funciona de una
manera mecánica y deshumanizadora semejante a la de su pariente burgués (ella
hace trabajar y rezar rigurosamente a sus mendigos mientras los obreros de él
remodelan el inmueble y limpian los terrenos con igual obediencia ante el yugo
y los caprichos del amo): consciente de que los ricos y sus criados basurean a
los pordioseros y los miserables se basurean entre sí sin que nada cambie,
Viridiana al final reconoce que la compasión verdadera no puede existir de
manera permanente sin dignidad y con la constante marginación que los hombres
se propinan los unos a los otros, a su vez punta de lanza de la superficialidad
de cualquier clase de limosna -y no sólo la católica, sino también la estatal y
social más macro- ya que no pasa de ser un paliativo temporal que no soluciona
ninguno de los problemas estructurales de las sociedades capitalistas, con la
pobreza, el desempleo y la explotación como eternos subproductos de la
especulación y el saqueo a manos de todos los oligarcas burgueses/ rurales de
los sectores público y privado.
…Film amarissimo sul crollo delle illusioni dell'altruismo,
dall'epilogo pessimista in cui la purezza delle intenzioni va a schiantarsi
contro un'umanità egoista, ingrata ed incapace di apprezzare il bene ricevuto.
La bruttura della natura umana esplode nell'immaginifica sequenza del
pantagruelico banchetto abusivo e devastatore dei barboni, che comprende anche
una posa per una finta oscena fotografia riproducente la celebre iconografia
dell'Ultima Cena, sequenza che tanto scandalizzò all'epoca la chiesa cattolica.
E così nello sconfortante finale, la sconfitta Viridiana, mentre la sua corona
di spine va in fiamme, si rassegna ad una vita edonistica e borghese del tutto
opposta alla precedente austerità; si scioglie i capelli reinventandosi come
amante del lussurioso cugino, neppure esclusiva, bensì in un ambiguo ménage à trois. E' il trionfo del materialismo
pragmatico di Jorge che ci aveva visto lungo sull'irredimibilità degli ospiti,
che salva la situazione col denaro e conquista la “bigotta”. Che poi questa
soluzione porti la ragazza alla felicità è una risposta che il film non offre,
pur essendovi motivo di dubitarne.
Un cattivissimo Buñuel non fa sconti a nessuno,
né alla morale cattolica dipinta come illusoria, ma nemmeno ai spesso mitizzati
“ultimi” che qui disgustano nella loro volgarità ed ingratitudine, sporcando e
distruggendo quel che era stato loro donato. La beffarda conclusione è che
Viridiana avrebbe potuto condurre la pura esistenza “cristiana” che idealizzava
solo nell'isolamento della reclusione del convento, separata dal mondo reale,
in cui non c'è spazio per la santità, e dalla meschinità della natura umana:
immersa nella cruda realtà, è costretta ad arrendersi ed a diventare preda di
quel contesto che voleva cambiare…
Titolo fondamentale se, se si vuole comprendere la visione religiosa di uno dei più grandi registi anticlericali del novecento, un surrealista, che ha avuto il coraggio di parlare di cose di cui negli anni sessanta, forse solo da noi Pasolini, aveva il coraggio di parlare.
RispondiElimina