giovedì 6 maggio 2021

Sicilian Ghost Story - Filippo Grassadonia, Antonio Piazza

a partire da un terribile fatto di cronaca, trasfigurato e concretissimo, c'è una storia d'amore (appena iniziata e fortissima) fra Luna e Giuseppe. 

il ragazzino sparisce, Luna non si arrende, per due anni lo cerca, senza darsi pace.

poi finisce come finisce, e, come scrive Elsa Morante, il mondo sarà salvato dai ragazzini.

un film bello e terribile, non privatevene - Ismaele


 

 

 

 

QUI il film completo, su Raiplay

 

 

Sicilian Ghost Story è un film innovativo, non si esaurisce soltanto nella rappresentazione del solito delitto di stampo mafioso rievocato dalla storia della Sicilia. I due registi affrontano una tematica cruda, spietata, senza logiche umanizzate, che non ha la finalità di descrivere, in maniera ortodossa e soggettiva, quell’accaduto, ma ha il fine di raccontare la bellezza che risiede nell’unicità del sentimento amoroso avvolto in un universo fatto di una natura magica e fantastica…

...Attraverso il sogno Luna giunge alla razionalizzazione della morte di Giuseppe. Soltanto nella fine del racconto, la protagonista normalizza la perdita, saluta Giuseppe e giunge alla conclusione che adesso rimarrà incastonato nella sua memoria, potendolo ricordare gioiosamente senza essere trascinata nel dolore della sua morte.

Questo mette in risalto una tematica affrontata da Ernesto De Martino, il tema del “far morire i morti in noi”, un difficoltoso processo che il soggetto che vive la perdita deve attraversare per non cadere nella follia del cordoglio. Qualcosa che richiede un lavoro psicologico faticoso e complesso da parte di chi deve esorcizzare il male di una perdita. Razionalizzare che quell’individuo non lo si vedrà più tra di noi, il suo Esserci è crollato, non esiste più tra gli uomini e ormai deve essere pensato come defunto. La razionalizzazione per mezzo di un processo così travagliato e faticoso è l’unico modo per convivere con la realtà della perdita. Questo aspetto, si incastra nel finale insolito, quasi come se ad abbracciare la fine del racconto vi è una sorta di lieto fine, Luna, avvolta dal calore degli amici, guarda il mare e saluta per l’ultima volta e per sempre il suo Giuseppe…

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"Sicilian Ghost Story" è anche il film di due autori che non rinunciano alle loro prerogative: a testimoniarlo è per esempio la coerenza tra la profondità di campo di certi ambienti (per esempio, dell'ultima prigione di Giuseppe) e la desolazione esistenziale sperimentata dal personaggio, oppure la riflessione sull'essenza del cinema, ancora una volta (era già successo in "Salvo") rappresentata attraverso diversi tipi di sguardo che vanno dalle insistite soggettive di un possibile osservatore esterno agli altrettanto insistiti primi piani degli occhi dei protagonisti, e ancora mediante punti di vista "telescopici". Per non dire dell'uso del tempo e della dilatazione narrativa di talune sequenze, in cui la contemplazione del paesaggio e dei suoi "abitanti", lungi dall'essere fine a se stessa, è l'espediente con cui i registi, dilatando le maglie del racconto, permettono allo stesso di creare le condizioni per collegare in maniera coerente i diversi stati di coscienza dentro i quali si muove la favola di "Sicilian Ghost Story"…

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Non ingannino però i giovani protagonisti e gli elementi fiabeschi, perché non si tratta affatto di un film per ragazzi e il cuore di Sicilian Ghost Story è per esempio molto molto più nero di quello di Io non ho paura. Sia perché i personaggi sono meno giovani e vivono il dramma interiore con ben altra complessità, sia perché nonostante le deviazioni fantastiche la vicenda è comunque crudamente realistica, sia soprattutto per lo stile dei due registi. Come già in Salvo, Piazza e Grassadonia sono autori di poche parole, che prediligono al dialogo sequenze silenziose o accompagnate solo dalla musica, attentamente girate e qui spesso anche visionarie e inquietanti. Elementi che sfidano le convenzioni dei generi, e quindi anche lo sguardo sul mondo degli spettatori adulti, e che saranno particolarmente apprezzati dal pubblico più capace di cogliere la finezza della messa in scena, dei movimenti di macchina e del sound design dei due meticolosi autori…

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El film, gracias a su sutileza, termina siendo un experimento tierno e interesante que requiere de toda la paciencia y atención posibles del espectador, principalmente debido a que el desarrollo narrativo es muy lento y está apuntalado en la esplendorosa fotografía de Luca Bigazzi, un profesional conocido por sus trabajos con Paolo Sorrentino. Como decíamos antes, el pulso en general está vinculado con la amalgama de lo onírico/ etéreo y el realismo sucio más doloroso, el que involucra maltrato contra un pequeño; lo que asimismo nos lleva a uno de los terrenos predilectos del séptimo arte desde siempre, el de la “lectura infantil” en torno al mundo de los adultos, algo así como un proceso de apertura, descubrimiento, angustia y triste adecuación en el que estallan buena parte de las certezas acumuladas a la fecha y se desvanecen las concepciones más idealistas del devenir social…

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 La questione di fondo è: si può raccontare una vicenda come questa, dolorosa e orribile non solo per la famiglia, non solo per la Sicilia, ma per il Paese intero, coi toni del sogno e della favola nera che scelgono Fabio Grassadonia e Antonio Piazza? Il problema di forma, una volta imboccata quella strada, è fino a che punto sia legittimo giocare con la sintassi, con la dilatazione dei tempi, con gli andirivieni logici e cronologici, con i simboli ostentati e le inquadrature deliberatamente decentrate, sghembe o spianate dal grandangolo, con le cartoline patinate a fil di drone, con le soggettive sfuocate di cui il film è disseminato, che scopriamo essere lo sguardo del gufo, animale notturno par excellence e, mi ricorda un caro amico, correlativo dell'ambiguo rapporto tra superficie e contenuto in Twin Peaks "i gufi non sono quello che sembrano" (e gli anni del sequestro sono proprio quelli dell'onda lunga della serie lynchiana)…

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