un film strano, per i tempi di oggi.
c'è una cornice, all'inizio e alla fine del film, che mostra dove è ambientato il film, in un paese africano, Etiopia, credo, dove la violenza e gli omicidi sono continui e spietati.
il film riguarda un bianco, che si innamora di un ragazzo etiope, Frank, l'incontro avviene a causa di Rimbaud.
e questo amore viene visto molto male dalla moglie del professore e dalla sorella del ragazzo.
merita la visione, se si trova - Ismaele
…I personaggi sono quasi
tutti sgradevoli, la sola vera vittima è Frank, il ragazzino innamorato,
incapace di sopportare il peso della sua diversità. Tra i personaggi di
contorno c’è anche una moglie etiope di un colonnello italiano diventato cieco
che viene tradito dalla donna in maniera sfacciata. Il giudizio morale
del pubblico anni Settanta è ben rappresentato dal commissario etiope:
“Chiudiamo questa storia squallida come suicidio di una donna abbandonata. Non
facciamo parola di tutto il resto”. Stupendi i paesaggi africani, una
fotografia perfetta tratteggia alcune usanze etiopi, inquadra le iene mentre si
cibano di pezzi di carogne, riproduce tramonti sul fiume e spaccati di savana.
Un film pasoliniano che risente di influenze jacopettiane, ma corretto secondo lo stile personale di
un regista trasgressivo, che ama stupire. Un melodramma erotico versione gay
con un pizzico di giallo, con personaggi che sembrano usciti da un film di
Polselli, ma ben tratteggiati, al punto che riescono a far affezionare lo
spettatore. La musica è triste e monocorde, ideale per il tipo di pellicola. Il
montaggio è lento, compassato, ma il tono lirico della sceneggiatura e dei
dialoghi lo prevede.
Cavallone confida a Nocturno Cinema: “Volevo parlare di Africa e di
omosessualità. Mi interessava esplorare il problema, cercare di far capire
questo tipo di rapporto, che era visto allora come un rapporto tabù. E
soprattutto mi interessava fare una storia africana in cui l’Africa potesse
essere uno sfondo per mettere più vicini i personaggi. I bianchi in un’Africa
che si era ormai decolonizzata erano i soldati del generale Custer…”.
Il pubblico con comprese, anche se negli anni Ottanta Afrika si è visto molto – a notte fonda – sugli
schermi delle peggiori televisioni private. Consigliato.
Afrika, terra di popoli tormentati e di
personaggi tormentati. Da un lato il film di Cavallone sembra ripercorrere
alcune tematiche, specialmente all'inizio, già affrontate ne Le salamandre per
poi confluire verso il dramma intimo dei personaggi, costretti ad indossare
maschere per nascondere le loro angosce a se stessi ed agli altri. Vorrebbero
essere felici, ma non possono. Quelle maschere che nascondono un bisogno
d'amore inappagato. Pur non essendo una pellicola pienamente riuscita dal punto
di vista tecnico e non nascondendo difetti di sceneggiatura, Cavallone riesce
tuttavia a fare un ritratto decadente di uomini e donne già condannati che
neanche gli ampi spazi africani concedono loro respiro e libertà. Lucido e
pessimista che lascia l'amaro in bocca.
D'obbligo vederlo integrale. Sono 20 minuti in
più. Partendo dall'interrogatorio dei due testimoni ne vien fuori una storia di
drammi molto intensi, ottimamente rappresentati da situazioni, sguardi ed espressioni
molto emblematiche. Giù il cappello alla coerenza inossidabile di tutti i
personaggi, che pagano fino in fondo e con dignità le conseguenze delle loro
scelte. Un gran film!
MEMORABILE: Sublime all'inizio la risposta del tenente: "Non
si chieda il perché di quello che vede".
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