attori bravissimi, Mads Mikkelsen anche di più, nel film premio Oscar 2021 per il miglior film straniero.
a un certo punto quattro amici, poco felici nella vita, insegnanti nello stesso istituto, decidono di applicare sulla loro pelle una teoria che afferma che se sei mediamente ubriaco, la vita ti sorriderà, amore, lavoro, tutto sarà un successo.
tutto questo succede a persone in contatto costante con i giovani, che potranno essere tutto, loro quattro ormai non potranno essere diversi da come sono diventati.
il loro esperimento è anche quello di sentirsi sempre al massimo e ridiventare forever young, ma, come capita troppo spesso agli umani, non si sa mai quando è arrivato il momento di fermarsi.
film poco adatto a chi sta cercando di disintossicarsi dall'alcol (o da qualcos'altro), ma per tutti gli altri, forse la maggioranza, chissà, superconsigliato.
non perdetevelo, al cinema, naturalmente - Ismaele
…Provocatorio, ma affatto superficiale, Un altro
giro è un film che celebra la sete di vita e indica una strada
possibile, mediamente alterata, senza per questo negare le conseguenze nefaste
dell'abuso di alcolici. Vinterberg parla dunque, prima di tutto, alla propria
gente, bloccata in una contraddizione perpetua tra retorica puritana e consumo
elevato, ma fornisce anche un più generale invito a scegliere come vivere, ad
assumersene la responsabilità, nel bene o nel male.
Il risultato è un film libero anche nella forma e nell'andamento, in cui un
pool di attori in stato di grazia collettivo dà vita ad una serie di scene tra
Ferreri e Cassavetes, per lasciare l'assolo finale a Mikkelsen e ad un
memorabile inno del corpo liberato.
…Saranno i
lunghi mesi della pandemia, o magari i codici estetizzanti delle produzioni
contemporanee, ma l’autenticità del cinema di Vinterberg resta un
dato incontrovertibile, capace di colpire lo spettatore come
un’esperienza cinematografica d’intensità incomparabile rispetto a qualunque
film visto in streaming in questi mesi.
Non è
semplicemente la stranezza di questa parabola senza morale, l’onestà del punto
di vista, o magari l’eccezionale interpretazione di Mads Mikkelsen e dei
suoi compagni di bevute. Vinterberg sa avvicinare la realtà degli
uomini, delle emozioni e della vita con un linguaggio straordinariamente
diretto. Un linguaggio minimale, spogliato di qualunque regola su trama
e intreccio.
E il risultato
è Un altro giro, un film che non risponde a nessuna definizione
di genere. Resta perfino riduttivo ricorrere alla categoria americana
della dramedy, già che il regista sceglie
deliberatamente di rifiutare il genere. Si muove infatti fuori dalle
regole, gli schemi che tradizionalmente definiscono la commedia, il dramma, la
tragedia.
Queste tre
storiche categorie si presenteranno tutte a fasi alterne all’interno del film,
insieme all’intera gamma delle relative emozioni. Eppure, il regista cerca
strenuamente la verità della vita vissuta fuori dalle
dinamiche del climax, dei plot-twist, i monologhi, le scene madri e
tutti quegli artifici che sperimentiamo normalmente nella rappresentazione
cinematografica…
… Il
confronto non semplice tra le due generazioni che popolano la scuola così come
l’ambiente domestico non è narrato nella sua più banale venatura conflittuale,
ma piuttosto come terreno desolato, impacciato, ancora in definizione. I
giovani non sono altro che la restituzione in personaggio di quella sensazione
di distanza dal mondo che pervade il protagonista. La costrizione che è alla
base della vita adulta da una parte, la libertà e la spensieratezza
dell’infanzia dall’altra, arrivano a rispecchiare l’antitesi tra civiltà e
natura, istinto. Non è un caso se nel film il paesaggio naturale è quasi sempre
separato dai protagonisti, rinchiuso nel reframe delle
finestre, oppure affrescato sulle pareti di un ristorante.
Alla
fine, si troverà il modo di ballare persino della morte, nello spazio
interstiziale tra mare aperto e città. Ognuno si muoverà col suo ritmo, seguirà
la sua traiettoria, nella massa indistinta di anime in festa, giovani e meno
giovani, tutti insieme. Durante la sequenza finale, la casualità della ripresa
mossa e l’affollamento visuale sembrano celebrare la contraddizione
dell’esistenza umana e ricordano le forme ruvide di Dogma
95. Come se Un altro giro, oltre che raccontare l’uomo
moderno e il suo scollamento sociale, parlasse anche del cinema e di quella
purezza artistico-espressiva ancora possibile, oltre le forme più
istituzionalizzate. In ogni caso, Vinterberg è riuscito a ritrovare, dopo
alcuni lavori impersonali, uno sguardo d’autore su una vicenda che
parte dal dato teorico, tocca il qui e ora di
un uomo e si estende a metafora sociale e politica, in un racconto che
parla di crisi, di illusione e della possibilità di andare oltre.
…Thomas Vinterberg inneggia
all’alterazione di
sé, realizzando una pellicola provocatoria ma per niente superficiale.
Non vengono mai negate le conseguenze degli abusi; anzi, vengono mostrate sulla
pelle dei quattro amici e colleghi che si sottopongono a questo esperimento
(fin troppo) audace. Il regista prova a suggerire come vivere, assumendosi le
proprie responsabilità, nel bene e nel male. Probabilmente un gruppo di
studenti potrà trovare il proprio professore noioso, “vecchio” o poco
stimolante, ma la versione “allegra” non sarà capace di fornire gli stessi
strumenti di apprendimento. È una questione di scelta. Infatti, la parola
chiave del film è proprio la libertà: di fallire, di rischiare, di mettersi in
gioco, di vivere senza irrazionalità rifiutando le regole, rimettendo in
discussione le cose senza obbedire passivamente. Vinterberg ci porta nella
patria di Kierkegaard (la Danimarca), mostrandoci come una “semplice crisi di
mezza età” possa avere risvolti così imprevedibili. Probabilmente, c’è
un’ebbrezza eccessiva, a tratti disturbante, ma necessaria a rendere il film
libero anche nella forma e nell’andamento. “Druk” ci mostra
inizialmente la confusione e il senso di frastornamento dei quattro
protagonisti, poi la completa dissoluzione. Non si vince con l’alcolismo. Non è
possibile diventare “amici” e abbandonarlo quando poi abbiamo trovato il modo
di tornare ad essere brillanti come prima. Il punto è capire qual è il vero
fallimento. Si fallisce accettando la vecchiaia? Si fallisce reagendo alla
vecchiaia? O, ancora, si reagisce provando ad apprezzare quello che la
vecchiaia può dare?...
…"Vogliamo che sia un omaggio all'alcol, ma è ovvio che vogliamo
anche dipingere un quadro sfumato" , ha spiegato il cineasta.
Incorporato nel nostro esame dell'essenza dell'alcol si trova il risvolto
della medaglia: sappiamo bene che le persone muoiono e vengono distrutte dal
bere eccessivo e dall'alcolismo.
Un'esistenza con l'alcol genera la vita, ma può anche uccidere".
Thomas Vinterberg ha poi aggiunto
"Un altro giro vuole essere una storia sfaccettata che allo
stesso tempo provoca e diverte, ci fa pensare, piangere e ridere per tutta la
durata del film.
E si spera che lasci spunti di riflessione e di dibattito per un pubblico
che vive in un mondo che, in misura crescente, è definito esteriormente dalla
retorica puritana, ma di fatto ha un consumo di alcol piuttosto elevato anche
da persone con un'età relativamente giovane".
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