mercoledì 20 gennaio 2021

L'affare della sezione speciale - Costa-Gavras

Costa-Gavras fa centro, in un film che racconta un'accezione diversa della banalità del male.

durante la repubblica di Vichy, una specie, mutatis mutandis, di repubblica di Salò, i governanti francesi si erano uniti, abbracciati, fusi con i tedeschi, e contro la Resistenza si comportavano esattamente come i nazisti.

i nazisti pretendevano, e riuscivano senza tanto sforzo, che i francesi ghigliottinassero alcuni innocenti, per spaventare tutti.

e per ottenere questo, la banalità del male si traveste da tribunali, toghe, processi farsa, a norma di legge (infame).

grande e terribile film, da non perdere - Ismaele

 

 

QUI il film completo, con sottotitoli in portoghese


 

L'affare della Sezione Speciale non costituisce soltanto una lucida e spietata disamina delle vergogne del collaborazionismo: la pellicola, tra le più controverse del regista greco quanto meno in termini di accoglienza da parte della critica, sceglie infatti, piuttosto coraggiosamente (e coerentemente con il proprio cinema: il “nemico”, infatti, è sempre il Potere), di circoscrivere l'analisi storica alle dinamiche politiche e morali che scatenarono e consentirono quest'aberrazione giuridica perpetrata in nome della ragion di Stato. Scelta senz'altro rischiosa, soprattutto per il pericolo di affondare nella retorica e nel populismo: L'affare della Sezione Speciale, invece, riesce ad aggirare le trappole della demagogia puntando sul taglio incalzante del racconto, scandito dall’escalation dei processi, tra le udienze in aula e le delibere private della Corte in Camera di Consiglio, e sul sarcasmo e sull’indignazione con cui gli autori si accostano alle manovre politiche e ai giochi di potere dei personaggi coinvolti nella vicenda.
Quello che la maggior parte dei detrattori del film imputò alla scrittura di Costa-Gavras e Semprùn, ovvero la verbosità della sceneggiatura, l'ampollosità dei dialoghi, invadenti fin quasi al didascalismo, si rivela, però, anche un paradossale punto di forza della pellicola, che alla distanza riesce a caratterizzare con maggiore equilibrio e intensità di toni il crescendo di indignazione suscitato dalla rievocazione della vicenda: il paragone, piuttosto che con le forme del cinema di denuncia degli anni Settanta, è con il Rossellini “didattico”, secco (ma, non a caso, verboso), seriale, lucidissimo e sempre estremo nelle scelte di metodo (il rigore della Storia vs. la rarefazione emotiva) del decennio conclusivo e notoriamente più “teorico” della propria carriera.

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…è un film che dimostra come la regia di Costa Gavras sia sempre concentrata sull’esercizio autoritario del potere, intenta a smascherarne tutta l’impalcatura politica che ipocritamente ne rende necessaria l’applicazione. Sempre con il pregio di conferire un ritmo serrato ad una narrazione che, altrimenti, risulterebbe soffocata da troppa (inevitabile) verbosità, e sempre col difetto più o meno accentuato di rasentare le derive tentatrici della retorica di maniera o del didascalismo spicciolo. Dall’equilibrio di queste caratteristiche di stile (chiamiamole così), Costa Gavras ha spesso fatto pendere la bilancia verso un esito positivo delle sue opere. A mio avviso, tutti i suoi film concentrati sull’analisi della violenza del potere (oltre a quelli già menzionati includerei anche “L’Amerikano”) meritano di essere visti e di essere riflettuti.

“I tedeschi volevano sei morti. Al posto dei tre “sfuggiti” alla ghigliottina, fucilarono tre appartenenti alla Resistenza. Ma i tre “sfuggiti”, così come gli altri condannati, furono giustiziati in seguito o morirono nei campi di concentramento. I Tribunali Speciali rimasero in attività per tutta l’occupazione. Dopo la liberazione nessuna sanzione grave fu presa nei riguardi dei magistrati che in essi avevano operato. Sempre la ragion di Stato……”

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Poco conosciuto questo film di Costa Gavras che sullo sfondo del governo collaborazionista di Vichy orchestra con una certa maestria una vicenda paradossale e grottesca nella sua tragicità, cioè quando i principi che regolano il diritto vengono calpestati di fronte alla cosidetta ragion di stato. si innesca quindi una vicenda dai toni cupi, quasi kafkiani, dove viene distrutto ogni principio di legalità. Pur essendo un film che si svolge quasi totalmente in interni, il ritmo è estremamente serrato e il regista evita di addentrarsi in tecnicismi che avrebbero affossato certamente il ritmo della pellicola. Non è uno dei migliori film del regista di Z e L'amerikano, ma vale la pena dargli un'occhiata.

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…prend la forme d’un violent réquisitoire contre la France collabo et les agents sans scrupules du pouvoir d'hier comme d'aujourd'hui, en détaillant assez scolairement (le propre de beaucoup de reconstitutions historiques) les rouages de la machine institutionnelle. Le film est sous certains aspects plutôt grand public, mais il assène des vérités peu agréables à entendre sur cet intermède historique (et qui suscitèrent à l’époque, dans les années 70, des réactions violentes de la part des magistrats). Les politiques y sont dépeints, pour beaucoup, comme des hommes à l’opportunisme patent, sans cesse renouvelé, les yeux rivés sur leur carrière depuis l'ENA, n’hésitant pas à instrumentaliser la justice pour asseoir leur autorité. Quelque part, il donne à voir ce que pourrait être la naissance d’un régime de dictature, dans un cadre dépourvu d'opposition structurée, exerçant son pouvoir grandissant dans le strict espace que lui confère la loi — qu’il a lui-même modelée. Ce n'est pas la nomination d'un chancelier de la République de Weimar en 1933, mais presque. Costa-Gavras en fait des tonnes pour souligner (surligner au stabilo serait plus juste) l’arbitraire de la situation, des dossiers de prisonniers à exécuter que l’on choisit au hasard aux gestes mécaniques du procureur général et du président de ladite section spéciale. Les citations des grands principes fondateurs de la constitution, comme la séparation des pouvoirs théorisée par Locke et Montesquieu, auraient gagnées à être plus subtiles et mieux contextualisées. Mais le film a le mérite non négligeable de se saisir d'un événement historique assez peu connu, et la dimension contemporaine de ses enjeux reste saisissante. Enfin, le réalisateur aura au moins eu le très bon goût de confier le rôle (mineur) du secrétaire général de L’Humanité à Bruno Cremer, auteur d'un discours à la morale un peu trop facile et à la signature un peu trop évidente, et celui (encore plus mineur) d’un des rares magistrats intègres à Michel Galabru.

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…"Special Section" is the sort of film Costa-Gavras excels at (it comes after "Z," "State of Siege" and "The Confession"). It expresses a moral protest while at the same time dealing with the banal details of murder (the judges are all too concerned with getting to their swearing-in ceremony on time that they shun the task of picking their victims). If the movie isn't as absorbing as "Z" or "The Confession" - if it doesn't have Costa-Gavras' customary touch of melodramatic outrage, maybe that's because the special sections themselves were so cut and dried. Men died and French law was raped and it was all done with the most proper ceremony.

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