Paula Beer e Franz Rogowski sono bravissimi, Undine, che cerca l'amore, fino alla fine, e poi tutto si paga, e Christoph (che mi sembra un Jaoquim Phenix tedesco) diventano innamorati oltre i limiti concessi, occorre arrivare alla fine per saperlo.
il film è anche la storia urbanistica di Berlino, che è cambiata tante volte per restare se stessa, raccontare Berlino è il lavoro di Undine al museo.
il mi mi ha ricordato un po' La forma dell'acqua, di Guillermo del Toro, un po' Ondine, di Neil Jordan, fra gli altri.
è una storia d'amore uguale e diversa, bel film - Ismaele
….Undine (Paula Beer) è una storica
freelance devota all’evoluzione urbanistica della città di Berlino. La
incontriamo per la prima volta mentre minaccia l’amato Johannes (Jacob
Mastchenz) di tener fede ai suoi propositi di amore eterno, proponendo in
alternativa soluzioni drastiche. L’impasto di quotidiano e mitologico che anima
il confronto tra i due illude sulla capacità del film di conservare la magia
del doppio spirito, realistico/fantastico. Fallito il primo tentativo, Undine
tenta l’exploit di una seconda possibilità in aperta violazione delle regole
innamorandosi del sommozzatore professionista Jacob (Franz Rogowski). L’ondina
è uno spirito immortale destinato a conquistarsi l’anima tramite la perfetta
unione con l’amato. Se le cose non funzionano, lui muore e lei se ne torna
nell’acqua. Ostinarsi nella ricerca di un secondo amore è il succo della
ribellione di una donna che sfida il racconto e forza la storia a piegarsi alle
sue necessità…
…En la Historia, la Alemania moderna que se describe
en Ondina es el resultado de una suma de actos violentos que
han borrado del mapa, literalmente, el pasado del país. Se entiende en las
magníficas escenas, aparentemente insustanciales, que se desarrollan en el
lugar de trabajo de Ondina, guía en el museo de urbanismo de Berlín. La
Alemania del Oeste liquidó a la Alemania del Este, tal y como sucedió con la
Alemania nazi frente a la República de Weimar o, antes, con la Alemania de los
káiseres frente a la Alemania de los emperadores. Los barridos de cámara sobre
las maquetas que expone el museo son muy significativos en este sentido, así
como la representación de los códigos de colores que en esos mismos dioramas
muestran la evolución/demolición urbanística de la ciudad. El hermanamiento es
una ilusión, un relato urdido a posteriori. “El progreso es imposible”, le dice
Ondina a Christoph mientras ambos contemplan un paisaje de acero y cristal. Lo
nuevo no es mejor que lo viejo porque lo viejo fue también nuevo en su momento.
Un poder se impone a otro…
…Undine è dunque anche un mélo, rivisitato, asciugato, non per questo schematico, e
il mélos, la musica, si adatta di conseguenza. Avrebbe avuto
tanti spunti musicali, soprattutto ottocenteschi, legati alla figura della
bella ninfa fluviale che uccide il compagno traditore, e invece, fin
dall’incipit, impostato come un congedo tra amanti quasi da Nouvelle Vague,
Petzold fissa la temperatura emotiva con il tema musicale che diventerà
ricorrente: l’Adagio in re minore, BWV 974, dal celeberrimo
concerto per oboe di Alessandro Marcello, adattato per il pianoforte da Johann
Sebastian Bach: asciuttezza timbrica e tonalità melodrammatica per eccellenza.
L’unico altro brano è appena canticchiato o orecchiato attraverso degli
auricolari e sta all’altro polo della sfera musicale: Stayin’
Alive dei Bee Gees, va al ritmo del battito del cuore, come lo
insegnano nei corsi di primo soccorso, e come lo ha imparato Christoph, ed è
qualcosa che ha a che vedere più con i miti del pop. D’altra
parte, il cinema, che è un fatto non solo metaforicamente architettonico,
è proprio il mito che cerca una nuova forma, o meglio, i film
sono forme nuove per miti antichi. Sembra questo un pensiero
implicito nel cinema di Petzold, che non nasconde, per esempio, come
l’apparato per le immersioni di Christoph sia mutuato dall’immaginario di Jules
Verne, già filtrato attraverso lo sguardo di Richard Fleischer…
…Ondina es una clara pieza donde lo fundamental
es la búsqueda de la belleza de las cosas, ya sea en los oficios o las
relaciones personales. Relato redondo, cargado con una gran emotividad, nos
traslada a este mundo propuesto donde todo es posible.
Respecto
al final, es una interpretación bastante fiel al de leyenda, aunque transforma
la figura de la mujer, de un alma vengativa, a un ente cuyas decisiones buscan
el bien para su amado. Quizás con un final menos abrupto la película hubiera
conseguido su broche de oro, pero sigue siendo muy recomendable.
…. Undine è una divinità corrosa dai
limiti umani: rabbia, gelosia, violenza nel sentire. Le sequenze magiche e
acquatiche, pur di bellezza madreperlata e reminescenti tanto di Vigo quanto
dell’incanto favolistico di Del Toro, non si amalgamano con l’asciuttezza
cruda, grigia della Berlino quotidiana e contingente. Gli angoli battuti dai
venti, i treni che attraversano la città, i plumbei paesaggi osservati dalla
finestra trovano, nelle scene in immersione, un corrispettivo poetico alieno,
tanto affascinante quanto estraneo.
Resta però la suggestione dell’acqua come
dimensione altra e separata in cui
esiste una possibilità di vita: un tema che ricorre, in forme più naturali e
fluide, in tanti anime giapponesi – come Ponyo sulla scogliera di Miyazaki o Ride your wave di Masaaki Yuasa. A Petzold manca la visione animistica e la religione della
natura propria di tanta cultura giapponese; e forse il suo sguardo occidentale
è troppo inevitabilmente corrotto dall’esperienza per toccare il mito senza
infrangerne l’incanto.
… Nel film convivono due punti di vista
importanti: quello di Undine e quello del mondo; il
primo occupa la maggior parte della narrazione, mentre il secondo subentra poco
dopo la scomparsa della donna, facendoci vedere il mondo con gli occhi di Christoph,
il suo cercatore. Disperato e affranto dalla perdita, inizia a cercare Undine ovunque,
a casa, al museo, ma è come se non riuscisse mai a trovarla pur cercandola
perché anche lei, come il mito, è sempre viva: ogni sua azione, ogni momento in
cui si trova da sola, sono accompagnati da un leitmotiv che, soprattutto dopo
la sua dipartita, ne ricorda la presenza.
Il gesto ultimo ce lo suggerisce arriva
direttamente da Christoph quando in un’immersione
vede Undine e risale con la statuetta del
sommozzatore, sigillo del loro amore. Ma è proprio quando smette di cercarla
che la trova e capisce che il loro amore è ancora vivo e così la battaglia
che Undine stava affrontando per salvare ciò che li
legava, diventa anche sua.
In conclusione, penso si possa guardare il
film tenendo a mente la modernità della fiaba perché si è prestata in modo
eccezionale ad una nuova rivisitazione, e la sua magia, ridataci da un
montaggio lento ma costante, così come lo sono le fiabe; da una fotografia che
valorizza i colori, in particolare nelle scene sott’acqua dove tutto assume i
toni del verde e del blu, e, da ultimo, dalla chimica che unisce i due attori Paula Beer e Franz Rogowski…
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