Perché quel film va distrutto? - Miko
Peled
Con una decisione particolarmente drastica, un tribunale israeliano ha
stabilito che la proiezione del film documentario “Jenin, Jenin” sarà vietata
in Israele. Inoltre, tutte le copie del film devono essere ritirate e
distrutte. Il tribunale è andato anche oltre condannando il produttore, regista
e attore Mohammad Bakri, l’uomo dietro il film che documenta l’assalto
israeliano al campo profughi di Jenin, di risarcire un ufficiale israeliano che
ha partecipato al massacro e appare nel film per circa cinque secondi.
L’invasione militare israeliana del campo profughi palestinese di Jenin e
il massacro che ne è seguito hanno avuto luogo nel marzo 2002. L’esercito entrò
nel campo con carri armati, forze speciali, unità di comando e diverse brigate
riserviste. Il campo è stato bombardato dall’aria e da terra. Diverse centinaia
di combattenti palestinesi hanno combattuto eroicamente, armati solo di fucili
semiautomatici e rudimentali abilità di guerriglia. Venticinque soldati
israeliani persero la vita nel campo e innumerevoli palestinesi, per lo più
civili, furono uccisi.
Zittire le testimonianze dei sopravvissuti
“Jenin, Jenin” include testimonianze di persone di tutte le età che hanno
vissuto l’assalto israeliano al campo. Non c’è dubbio che ascoltare le
descrizioni e le esperienze dei sopravvissuti a quel terribile trauma sia
straziante. Ma lo stesso Bakri non fa mai accuse dirette nel film. Mostra
filmati di soldati israeliani, carri armati e veicoli corazzati, e di
palestinesi che vengono arrestati, ma in nessun punto del film viene fatta
un’accusa reale ed è chiaro che le uniche prospettive offerte nel film sono
quelle di coloro che vivono nel campo.
Ci furono molte proteste in Israele non appena il film fu distribuito.
Bakri è stato definito un nazista e calunniato dalla stampa e dall’opinione
pubblica per aver osato mostrare ciò che i palestinesi avevano vissuto per mano
dei soldati israeliani che entrarono nel campo. I soldati che avevano
partecipato a quella che è conosciuta come “La battaglia di Jenin” chiesero
alle autorità israeliane di censurare il film e di non permetterne la
proiezione nei cinema, e alla fine ottennero quello che volevano.
Il film è stato bandito dall’Israeli Film Ratings Board (Commissione di
Censura Cinematografica Israeliana) sulla premessa che fosse diffamatorio e
potesse offendere il pubblico. Bakri ha fatto appello contro la decisione e il
caso è arrivato fino alla Corte Suprema israeliana, che alla fine ha ribaltato
la decisione della Commissione. Da allora, coloro che hanno partecipato
all’assalto hanno cercato in tutti i modi di fermare il film.
Nel novembre 2016, Nissim Meghnagi, un ufficiale riservista che ha preso
parte all’operazione Scudo Difensivo, nota anche come il massacro al campo
profughi di Jenin, ha citato Bakri per 2,6 milioni di shekel, l’equivalente di
circa 650.000 euro. Nella sua causa, Meghnagi ha affermato di apparire ed
essere stato nominato nel film, e che diffamasse i soldati israeliani
presentandoli come criminali di guerra.
Bakri sostenne, giustamente, che lo scopo della causa era persecutorio e
politico, e che il film non fa alcuna accusa contro Meghnagi in particolare.
Mostra solo, come Bakri ha continuamente ma inutilmente rivendicato, il punto
di vista dei palestinesi che hanno subito l’assalto al campo. Tuttavia, il
tribunale distrettuale della città di Lyd occupata da Israele si è pronunciata
a favore di Meghnagi e ha condannato Bakri a risarcire Meghnagi con
l’equivalente di 44.000 euro. Ora il caso dovrebbe tornare alla Corte Suprema.
Una storia di crimini di guerra
Le forze israeliane non hanno permesso alla Croce Rossa o ad altri
osservatori internazionali di entrare nel campo per molti giorni dopo la fine
dell’assalto. Questo gli ha permesso di ripulire il campo prima che qualcuno
dall’esterno potesse accertare i fatti.
Le autorità israeliane, i tribunali, i media e l’opinione pubblica tendono
a considerare le affermazioni palestinesi riguardanti violazioni dei diritti
umani, violenza e massacri commessi da unità militari come bugie. Le indagini
interne condotte dall’esercito e da altre agenzie governative israeliane
raramente ritengono le forze israeliane colpevoli di qualunque crimine.
La ragione per cui “Jenin, Jenin” ha causato una reazione così forte in
Israele è che le persone coinvolte, direttamente o indirettamente, sanno che
Israele ha una lunga storia di atrocità e crimini di guerra. Israele afferma
che l’IDF è “l’esercito più morale del mondo”, eppure quasi ogni singolo
israeliano è stato testimone o conosce qualcuno che ha assistito, o addirittura
partecipato, a queste atrocità.
Commettere crimini di guerra di ogni tipo è una tradizione profondamente
radicata nell’esercito israeliano. Risale ai primi giorni dell’era pre-statale,
alle operazioni delle milizie sioniste prima che fosse formato un vero e
proprio esercito israeliano. Queste milizie furono trasformate in un esercito
organizzato nel mezzo della campagna di pulizia etnica della Palestina del
1948. Erano nel bel mezzo di un crimine orrendo per il quale nessuno è stato
giudicato quando divennero un esercito ufficiale e quando i coloni sionisti
ebrei in Palestina sono diventati cittadini di un nuovo Stato di apartheid, uno
Stato la cui stessa istituzione era un crimine di guerra.
Questo è il motivo per cui c’è una tale opposizione al film e allo stesso
Mohammad Bakri tra gli israeliani. Bakri ha toccato un nervo scoperto e poiché
come palestinese con cittadinanza israeliana, è molto conosciuto, gli
israeliani sono furiosi con lui. Bakri ha osato entrare nel campo e parlare con
i suoi residenti senza mostrare ciò che è comunemente noto come
“contraddittorio”. Inoltre, come è ben chiaro in tutto il film, lo spirito
delle persone nel campo rimane saldo.
Più e più volte durante il film, sentiamo i sopravvissuti all’assalto,
anche mentre siedono sulle macerie delle loro case, ripetere che ricostruiranno
il campo casa per casa e che non si arrenderanno mai. Questo non è certo il
messaggio che gli israeliani, che solo poco tempo prima avevano votato per il
criminale di guerra Ariel Sharon come loro Primo Ministro, vogliono ascoltare.
Alla guida di un bulldozer D9
Il 31 maggio 2002, il giornalista israeliano Tsadok Yehazkeli, che lavorava
per il quotidiano israeliano Yediot Aharonot, ha pubblicato un articolo in
ebraico sull’autista di un bulldozer D9 che aveva il soprannome di “Bear the
Kurd” (Orso il Curdo). “Bear” si è fatto notare durante l’assalto al campo
profughi di Jenin, quando per 72 ore di fila ha guidato il suo bulldozer tra le
case avvolte in una coltre di fumo distruggendo ogni cosa sul suo cammino,
radendo al suolo le abitazioni indipendentemente dal fatto che fossero abitate
o meno.
È stato sentito vantarsi: “Ho trasformato il campo in uno stadio di calcio”
e “non ho rimpianti. Sono orgoglioso del mio lavoro” e “Non ho lasciato scampo
a nessuno mentre demolivo le case con il mio bulldozer”. Niente di tutto questo
viene mostrato o menzionato nel film di Bakri, eppure fornisce un’idea
dell’esaltazione tra le truppe israeliane che sono entrate nel campo.
L’unità dell’esercito in cui operava il guidatore del D9 ricevette una
medaglia per le sue azioni durante l’assalto, e l’uomo conosciuto come “Bear
the Kurd” divenne un eroe per le truppe. Poiché così tanti furono sepolti sotto
le macerie, fino ad oggi nessuno sa esattamente quanti palestinesi siano stati
uccisi nel 2002 nel campo profughi di Jenin.
È difficile prevedere cosa deciderà la Corte Suprema di Israele quando si
pronuncerà sul caso Bakri. Tuttavia, in uno stato costruito su crimini di
guerra e atrocità, ci si può aspettare che tutti i rami del governo si
concertino per impedire che la verità venga fuori. In ogni caso, pochi crimini
di guerra israeliani sono documentati come questo, e quindi “Jenin, Jenin” deve
essere visto e condiviso ampiamente.
Petizione a favore di Mohammad Bakri
Miko Peled è un autore e attivista per i diritti umani nato a
Gerusalemme. È l’autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in
Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.
Fonte: English Version
Fonte italiana e traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
Nessun commento:
Posta un commento