chissà perché, Yvan prende a cuore la sorte del giovane ladro, cerca di aiutarlo in tutti i modi, nel loro viaggio succedono un sacco di cose, qualche attimo si ride anche, ma è un film molto triste.
un film che vale, non dubitare - Ismaele
…Ci voleva, pare, Bouli
Lanners per convincerci che il Belgio è il territorio adatto per un road movie.
Ci voleva per forza Bouli Lanners per interpretare Yvan e riempire di sfumature
un percorso altrimenti silenziosissimo, a bordo di una Chevrolet del '79, in
compagnia di un ragazzino tossicodipendente che non si leva mai il cappello ma
sembra aver qualcosa lì sotto, nel cervello, che funziona e che potrebbe
aiutarlo a vivere meglio, se solo lui gli desse l'opportunità di uscire allo
scoperto. Ci voleva sempre Bouli Lanners per spacciare per un piccolo film,
all'apparenza pressoché disabitato, un saggio di ottimo cinema…
…tutto è preso con molta ironia pur
nella realtà dei problemi trattati, sorprendendoci e rendendoci partecipi di
quanto accade. Lo stesso finale pur se aspettato, rimane aperto e la
speranza di una vita nuova non viene del tutto negata. È un film molto maschile, in
cui il tema dell’amicizia tra uomini ha un posto importante
assieme a valori quali la solidarietà umana e la fiducia
reciproca (anche nel finale la fiducia di Yvan per Didier non
viene meno nonostante gli accadimenti). Da citare la bella colonna sonora che
riesce a sottolineare in modo appropriato i momenti salienti dell’azione senza
mai risultare di troppo, come nei migliori road movie. Un’opera
seconda matura che mostra un autore da seguire, espressione di una dinamica
cinematografia quale quella belga.
…Si les premières séquences évoquent un
mélange entre Bertrand Blier mode Buffet froid et
de Jim Jarmusch, Bouli Lanners réussit, comme il y a peu Kelly Reichardt
avec Old Joy, à transcender ce qui chez d’autres
ressemblerait à une déclinaison impersonnelle. La preuve avec toute la dernière
partie où Bouli et son acolyte hagard tombent sur un pauvre clebs balancé sur
le toit de leur bagnole, qui pourrait ressembler à une figure attendue (deux
hommes, un chien, une fugue, peinards dans la nature) et qui ne le sera pas.
Lanners détourne ce que l’on aurait dû (se contenter de) voir et communiquer
une tristesse inconsolable au moment où l’on s’y attend le moins. Eldorado, c’est à la fois un point de non retour, un
voyage absurde à destination inconnue entre ce que l’on a été et ce que l’on
aimerait être (ou ce que l’on restera), une quête affective entre peur de
l’autre et nécessité de se rapprocher de l’humain pour ne pas crever seul,
comme un chien. C’est l’œuvre sincère d’un marginal qui donne envie d’aimer et
d’être aimé.
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