martedì 19 marzo 2019

Martyrs – Pascal Laugier

il film inizia con una bambina, Lucie, che fugge dall'orrore come un'altra bambina, quella volta vietnamita.


il film è doloroso e inquietante, pieno di colpi di scena che danno benzina alla storia, quando sembra ormai arrivata a una fine, ecco che riparte, lasciando senza parole.
mi ha ricordato un film, del tutto diverso, con un'ambientazione, un'aria, una tensione, quel film era, ed è, 13 Tzameti (di Gela Babluani) e magari poterbbe anche essere, mutatis mutandis, Kill List, di Ben Weathley, c'è sempre qualcuno che organizza tutta la storia, è uno è un oggetto del teatrino di qualcun altro.
Martyrs è film impossibile da raccontare, qualsiasi racconto sarà molto meno forte e avvincente della visione del film.
il film forse non è per tutti, naturalmente, trasuda violenza in ogni scena, violenza mai inutile, e sempre funzionale a una sceneggiatura straordinaria.
non perdetevi questo film, soffrirete come raramente vi succede, al cinema, ma non ve ne pentirete.
buona visione - Ismaele
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La particolarità del film di Laugier (anche autore della sceneggiatura) risiede nel riuscire a svoltare velocemente ogni volta che ci si ritrova dinanzi ad un vicolo cieco. La sua versatilità nel mutare l'atmosfera orrorifica è tanto eccessiva quanto originale. Se la prima parte sembra essere una sanguinaria spedizione punitiva (sulla falsariga di Old Boy), la seconda parte capovolge completamente le regole del gioco, avvolgendo di luce nera una simbolica tematica sul "mostro (dis)umano". Ci si ritrova in un abisso di dolore ancestrale che parte in schiaffi e termina in scuoiamenti completi. Flashback improvvisi e dissolvenze in nero sostengono la struttura incalzante della storia mentre gli scatti fulminei della mdp sono abilissimi a tenere sempre sott'occhio i primissimi piani delle due brave protagoniste.
Insomma, "Martyrs" è un film che raggiunge a pieno il suo obiettivo: quello di far paura. Paura che filtra tra famiglie apparentemente tranquille e tra sette di sperimentatori mistici. Paura che filtra sempre e comunque dall'uomo.

Il film di Pascal Laugier richiede uno spettatore preparato: avvicinarsi a Martyrs con gli stessi occhi che potrebbero sollazzarsi di fronte alla mostra delle atrocità dei già citati film di Eli Roth o dei vari prodotti dozzinali che invadono il mercato estivo nel nostro paese, equivarrebbe a compiere un errore strategico tutt’altro che trascurabile. Laddove molto del panorama orrorifico contemporaneo, soprattutto di marca statunitense, sembra soffrire spesso del perseguimento di un codice di autocensura perfino castrante nella sua standardizzazione – e non si parla solo di un’edulcorazione di ciò che viene mostrato, ma più che altro del modo in cui si decide di mostrarlo – la pellicola di Laugier azzanna al collo lo spettatore, senza concedergli un attimo di tregua. Un gioco al massacro che diventa, nel crescendo etico ed estetico del film, una sfida aperta alle convenzioni del genere, in una spinta verso l’alto che non ha paura di mostrare le sue derive più materialmente basse. Un pugno allo stomaco duro e senza compromessi che sconvolgeva sul grande schermo e mantiene intatta tutta la sua lucida eversione filosofica anche nel supporto video…

Perchè il finale di “Martyrs” è così perfetto?
1) Se analizziamo la scena, possiamo osservare numerosi dettagli “minori” che aiutano a rendere il significato finale più aperto e misterioso possibile (spiegheremo poi perchè): la società che si occupa delle martirizzazioni è principalmente composta da anziani, dunque persone vicine alla morte e, in questo caso, ossessionate dallo scoprire cosa li attende “dopo”, nell’Altro Mondo. La stessa leader Mademoiselle, quando nella stanza si toglie trucco e parrucco, sembra dimostrare i sintomi fisici di una qualche malattia terminale (dunque l’atto del suicidio assume una notevole ambiguità). Quando Anna sussurra a Mademoiselle le inaudibili parole su cosa ci sia nell’altro mondo, il viso dell’anziana non sembra terrorizzato o felice, piuttosto sorpreso (ma non felice né deluso, quasi indifferente). Altro carattere ambiguo. La stessa estasi di Anna suggerisce che ci sia effettivamente qualcosa, ma non si capisce bene cosa (la luce in fondo al tunnel? Dio? il dolore l’ha resa silenziosamente folle e in preda ad allucinazioni?). Tutta la scena nella stanza di Mademoiselle avviene nella più completa freddezza possibile: la donna non lascia trasparire quasi nessun sentimento. E il livello di voluta ambiguità sale ancora. L’idea della sceneggiatore è geniale, poichè insegue la scelta di rinunciare ad inutili spiegoni filosofico-religiosi (sarebbero stati fuori luogo e pretenziosi, visto il clima dell’intero film) a favore in una costruzione ambigua che si, suggerisce una risposta all’eterno quesito “Cosa ci aspetta dopo la Morte?”, una risposta “precisa, che non lascia spazio ad interpretazione” (citando Mademoiselle), ma evita di caricarsi sulle spalle l’arduo compito di spiegarla. Lascia che sia il pubblico a fare congetture, come è giusto che sia visto che ognuno ha il suo credo e la sua fede (che sia in Dio o nel Nulla). Espediente eccellente per un raro caso di film che necessita assolutamente di rimanere “aperto”.
2) Il suicidio di Mademoiselle è un’altra scelta perfetta. Lei è stata la sola ad ascoltare la testimonianza di Anna. Lei è l’unica a sapere cosa c’è dopo la Morte. Che ci sia qualcosa (bello o brutto che sia) o nulla, i suoi “adepti” non lo scopriranno mai. Anni e anni di dolore e torture sprecate, mentre i “poveri” anziani si troveranno al punto di partenza, attendendo la Falce con ossessione e ansia. E’ la miglior vendetta che lo sceneggiatore potesse escogitare.
3) L’ultima frase è di una potenza unica. Mademoiselle esorta Etienne a “rimanere nel dubbio”. Cosa vuol dire? Probabilmente si rifersice alla cessazione degli atti di martirizzazione (come a dire “smettila di cercare una risposta torturando giovani donne, è inutile”) e anche se fosse solo questo avrebbe senso e neanche tanto banale. Ma Mademoiselle sottolinea il carattere dell’immaginare cosa ci sia dopo la Morte piuttosto che di cercarlo fisicamente. Su questo piano, il “rimanere nel dubbio” si configura come un’esortazione a vivere, poichè l’atto della Vita esclude necessariamente quello della Morte. E’ meglio non sapere cosa ci sia nell’Altro Mondo non perchè sia qualcosa di orribile, o gioioso, o inesistente, ma perchè non è pregorativa dell’uomo il “sapere con certezza”. L’uomo è destinato al dubbio finchè il suo cuore continuerà a battere.
Termina così questa dialettica Vita-Morte che per Laugier trova maggior fondamento nel dolore e nella sofferenza. Un film che disturba come pochi prima (e dopo) di lui, perchè ci spinge a riflettere e a cercare, in mezzo a tutto quel dolore, una spiegazione, un senso profondo.
Laugier consegna le chiavi per aprire l’Ultima Porta, ma ci esorta a tenerla chiusa.

Esistono dei film estremi, il cui assunto è più maledettamente tagliente di qualsiasi arma possa essere inclusa al suo interno. Film che colpiscono due volte, a fondo e in contemporanea: l’occhio, più superficialmente, con l’assolutezza della violenza in esse rappresentata; e la mente, più a fondo, attraverso la supposta ideologia che genera questa ferocia.
Martyrs di Pascal Laugier è uno di questi: non un semplice torture porn, anche se allo scatenarsi di questo sub-Genere è contemporaneo, e per certi versi affine, e allo stesso tempo, il più riuscito tra questi.
Pellicola del 2008 che, per assonanza di nazionalità e materia trattata, è stato accomunato a Frontier(s) [Xavier Gens, 2007] e À l’intérieur [Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007], è riuscito a scuotere in maniera più decisa le fondamenta dell’horror francese, e a ridargli linfa vitale.
Proprio a causa dei suoi contenuti eccessivi [non solo visivamente] Martyrs fu vietato, in patria, ai minori di diciotto anni, salvo poi venire “graziato” con un vietato ai minori di sedici, dopo le numerose proteste e i ricorsi dei produttori e del cast [da noi rimane VM18].
Martyrs è qualcosa di difficilmente collocabile, insindacabilmente riuscito nella sua spietatezza: iper-realistico ritratto del lato più oscuro della società contemporanea, è un film che non lascia spazio a possibili compromessi…

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