martedì 16 gennaio 2018

Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh

una sceneggiatura che non ti fa distrarre mai, una fissazione, quella dei tre manifesti, che diventa subito realtà, musica di Carter Burwell (che di solito fa le musiche per i fratelli Coen), un attore che c'era anche nel gran film In Bruges (Martin McDonagh fa pochi film, e buonissimi).
ci sono altri attori straordinari, li vedrai, e poi il colpo di genio,
alcune lettere di un morto, che aiuteranno gli altri a vivere meglio, sono davvero bellissime, dopo anche il peggior poliziotto del mondo (quel Dixon che sembra una caricatura di se stesso, all'inizio) cerca nuove strade (non sappiamo se abbandonerà quella madre inutile e dannosa, ma lo speriamo).
c'e azione, violenza, odio, rancore, ma sopratutto è un film di rapporti umani, confrontandosi con gli altri si può cambiare.
non sarà perfetto, ma avercene di film così vivi.
vuoiti bene, la maggior parte delle cose che devi fare potrai farle dopo, esci e vai a guardare questo film, soffrirai e sorriderai, non te ne pentirai, è sicuro. 
buona visione - Ismaele





Andarci. Senza indugiare. Da qui a febbraio – per effetto degli Oscar e per esaurimento dei film italiani che cercano di intercettare lo spettatore stufo dei cognati e del panettone – un po’ di film belli finalmente usciranno nelle sale. Se cominciate ad accumulare ritardi, va a finire che vi perdete qualcosa. “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è un film su cui non si discute, è bello senza riserve. E non offre maniglie a cui appigliarsi, tipo: non sopporto quell’attore, non voglio più vedere quell’attrice, non sopporto i film dove cantano, non sopporto i film d’animazione. Neanche “non voglio più vedere film americani” (magari qualcuno c’è, tra chi si imbatte in questa pagina, non sa cosa si perde)…

…L'indagine al centro di "Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è per il regista l'innesco per riflettere su un tema caro alla coppia Schrader-Scorsese, cioè la dialettica tra senso di colpa e redenzione; e il personaggio di Willoughby sembra indicare la via per diventare persone migliori, il miraggio a cui cercano tutti di aggrapparsi per non scivolare in una spirale di follia e cieca violenza. Ma si può essere veramente persone migliori quando il mondo smette di funzionare? È questo il dramma che vive Mildred e in parte anche gli altri personaggi, Dixon compreso, tutti tesi come sono alla ricerca di un colpevole o perlomeno di un capro espiatorio su cui sfogare la propria rabbia.
McDonagh si discosta quindi sia dalla rappresentazione della provincia americana dei fratelli Coen sia dal Quentin Tarantino al quale è sempre stato paragonato per via del talento nei dialoghi, andando per la propria strada in un affresco diretto con uno stile registico asciutto e preciso. Il mélange di registro in bilico tra black comedy e tragedia greca non blocca la creatività visiva dell'autore, che sviluppa il proprio lavoro puntando sì sulla bravura degli interpreti ma anche sulla gestione degli spazi e dei paesaggi su cui aleggiano suggestioni western. "Tre manifesti a Ebbing, Missouri" mostra il lato sconsolato ma ancora vivo di un mondo in cui né Dio né Patria riescono a rimettere la realtà sui giusti binari, spostando la catarsi al di là dei titoli di coda quando lo spazio della cittadina si allarga virtualmente in un on the road che potrebbe coinvolgere tutta l'America…

…La guerra personale della combattente Mildred scoperchierà collusioni, ignavie, ipocrisie, paure. Tutto il repertorio del marcio di provincia, con il sovrappiù della violenza americana. Il film si lascia seguire come un western, un uno-contro-tutti nella più pura tradizione dell’individuocentrismo americano. E onore a Frances McDormand che si produce in un’interpretazione travolgente conferendo alla sua Mildred una determinazione da eroina della frontiera. Gli attori sono tutti (anche il meraviglioso Woody Harrelson) alla corte e al servizio della star, dell’ape regina. Film tiratissimo, senza un momento di noia, che strappa l’applauso. Con McDonagh abilissimo nel giostrare tra drammatico e grottesco, impresa ad alto quoziente di difficoltà che non riesce a tutti (vedi il Clooney ultimo di Suburbicon). Eppure qualcosa non funziona in questa irresistibile macchina narrativa. Si prova un certo malessere di fronte alla cittadina Mildred certo assai provata dalla vita che però ostinatamente vuole, esige, pretende giustizia anche in mancanza di prove, fino a volersi fare giustizia da sola. Su questa zona oscura della psiche si sono costruiti film e interi generi cinematografici…

…Tre Manifesti è un film completo, secco ma debordante, doloroso ma divertente, una specie di western in cui ci sono tre pistoleri a sfidarsi.
Ma non c'è nessun vincitore, nessuno.
Solo tre vite senza quasi più un senso, solo un combattere il proprio odio.
Ma anche un sapere, per tutti e tre, un arrivare a conoscere l'ebrezza di diventare migliori.
Mildred è davanti ad Harrelson.
Si stanno scannando, lei lo umilia senza pietà.
Ad un certo punto gli arriva sulla faccia un fiotto di sangue.
Gli occhi di Mildred, gli occhi di Frances, cambiano del tutto, la pietà e l'umanità che l'assalgono sono talmente vere che fanno spavento.
La scena più grande in un film difficile da dimenticare,


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