di Edoardo De Angelis avevo visto Indivisibili, che mi era piaciuto molto.
Perez è un'altra cosa, ambientato a Napoli, non nei Quartieri Spagnoli, ma nel Centro Direzionale, per la gran parte, in una storia di dannazione e discesa agli inferi, con un ritorno improbabile.
giustizia e ingiustizia, amore e non amore quasi si confondono.
Luca Zingaretti è bravo, come sa fare lui.
non sarà un capolavoro, e non lo è, ma una visione se la merita di sicuro - Ismaele
Perez è un'altra cosa, ambientato a Napoli, non nei Quartieri Spagnoli, ma nel Centro Direzionale, per la gran parte, in una storia di dannazione e discesa agli inferi, con un ritorno improbabile.
giustizia e ingiustizia, amore e non amore quasi si confondono.
Luca Zingaretti è bravo, come sa fare lui.
non sarà un capolavoro, e non lo è, ma una visione se la merita di sicuro - Ismaele
…Abbiamo quindi la visione di un film
multiforme, thriller filosofico che diventa commedia nera che diventa action
and revenge che diventa romanzo di (de)formazione. Tutto in uno, come
fosse di Hong Kong e della Milkyway, prodotto, non girato, da Johnnie To.
Imperfetto, specie in alcuni dialoghi troppo saturi di televisione, però
riuscito, pieno di idee, di cura e di amore per gli spettatori, pregno di
momenti. Quando Perez affronta la bestia per estrarle dalle viscere il grisbì,
sotto gli occhi dello stalliere indiano costretto dalla paralisi alla fissità,
plaudiamo addirittura al grottesco puro, ci sentiamo finalmente fuori dai
nostri angusti confini.
Bravo De
Angelis, punto, due punti, puntevvirgola, puntesclamativo.
…La
commistione indistinguibile tra crimine e legge attraversa tutti i personaggi
di Perez, non solo con le scelte difficili e radicali di Demetrio, ma anche in
quell’ansia di riscatto che Ignazio Merolla ricerca per tutto il film, quasi
fosse un criminale che sogna il paradiso dal girone infernale di un carcere,
perché la Napoli di Perez accomuna tutti all’interno di uno spazio
angusto dal quale è impossibile uscire, in un abbraccio complesso e
doloroso che non si risolve con quella rappresentazione binaria che
contrappone il magistrato buono al contesto mafioso. Pur risentendo di un
andamento forse ancora troppo ancorato alla funzionalità del racconto
televisivo, la forza di Perez risiede nella libertà performativa lasciata ai
suoi attori, non solo un notevolissimo Luca Zingaretti, capace di gestire la
complessità morale del suo personaggio con un cambiamento radicale di registro,
tra l’indolenza, la fierezza e la furia, ma anche il forte senso di tragica
disperazione che arriva dal personaggio interpretato da Giampaolo Fabrizio,
anima nera esplicita dello stesso Zingaretti, figura eccessiva, volgare, estrema
ma legata all’amico avvocato da un affetto incondizionato proprio nella
condivisione dello stesso male di vivere…
…Un’operazione
interessante ma che rischia di scivolare in uno stile forzoso che sa di
artefatto. Vedasi ad esempio la sceneggiatura firmata insieme a Filippo Gravino
dallo stesso regista, il cui indubbio talento dietro la macchina da presa
traballa quando, con la macchina da scrivere, finisce per imitare James Ellroy
senza trovare una strada davvero personale al di là dei cliché di genere.
Perez sembra
saltar dritto fuori dal manuale dell’antieroe tipo, beve whisky e vaga per la
città deserta, è un lupo solitario e per conoscere i suoi tormenti interiori
dobbiamo attendere i suoi monologhi fuori campo sul nulla dell’esistenza. Non
aiuta il ritmo lounge, molto Vesuvio Confidential, degli insistenti assoli di
tromba nella colonna sonora di Riccardo Ceres e la fotografia patinata di
Ferran Paredes Rubio.
Un film
godibile nel complesso ma d’ambiente, intrappolato nelle sue stesse atmosfere.
Un esercizio di stile bello sì, ma di una bellezza plastica da prontuario del
giovane autore.
…La costruzione di questo noir richiede una cura
attenta che De Angelis si concede senza fretta e
stratificando la vicenda del debole avvocato, insonne e dal whisky facile,
della figlia che si ribella innamorandosi dell'uomo sbagliato e
dell’affascinante criminale in cerca di redenzione. Non si notano troppo alcune
sfilacciature della sceneggiatura, superate dal ritmo sinuoso di un film che si
avvale di buone interpretazioni - da segnalare il talento febbrile
dell’esordiente Simona Tabasco - e di una conclusione in linea con una storia di
marginalità, senza eroi né vincitori, ma al massimo con personaggi che si
difendono e facendolo si scoprono incassatori di livello e forse anche
attaccanti, di rimessa.
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