giovedì 2 marzo 2017

In darkness – Agnieszka Holland

il film è dedicato a Marek Edelman.
il bravissimo protagonista del film è Robert Wieckiewicz, che interpreta Walesa nel film di Wajda.
Agnieszka Holland non aggiunge moltissimo, se hai visto 
Schindler's list, Il pianista e I dannati di Varsavia.
e però il film della Holland ha una sua personalità e necessità, rende bene i fatti storici, ti coinvolge e ti fa parteggiare.

non ti pentirai di averlo visto, promesso - Ismaele




"In Darkness" non è un film facile e di facile digestione, ha bisogno di tutto il tempo e di tutta l'attenzione dello spettatore per entrare nella storia e in uno spazio così angusto. Ma una volta entrati è difficile uscirne.

Ambientato quasi interamente in una città sotterranea, In Darkness trova il suo contrappunto nello spazio urbano emergente e in cui emerge Leopold, traghettatore e corriere sospeso tra il mondo di sotto e quello di sopra, dove giorno dopo giorno la macchina di distruzione perfeziona la sua intenzione. Le fognature di Leopoli esemplificano i percorsi di una ricerca di liberazione, i vicoli ciechi dell’autodistruzione, i bivi della perdizione, un labirinto in cui non è facile fiutare tracce di salvezza. L’underground narrato dalla Holland assume un valore universale e la dimensione di una parabola, per nulla buonista, in cui un uomo si consegna alla propria rinascita affrontando il rischio della morte. L’autrice restituisce con sensibilità e nessun sentimentalismo l’ambivalenza della doppia logica alla quale l’occupazione nazista ha condannato il protagonista, appeso tra una tormentata ribellione e una speranza di redenzione, indeciso se diventare custode di vita o pedina decisiva della mostruosità del potere. Ma Leopold Socha non si sottrae, diventando simbolo di una possibilità, invertendo la direzione degli eventi, facendosi ‘giusto’ tra i giusti. Agnieszka Holland col suo film compie un atto memoriale che non dimentica che la Storia è in primo luogo quello che gli uomini hanno fatto.

Un po' Schindler's list e un po' I dannati di Varsavia di Wayda. Il protagonista cinico e mediocre che trova la sua redenzione dapprima nello sfruttare gli ebrei per tornaconto fino a prendersi carico con enormi rischi della salvezza del gruppo. Il film della Holland vive alternativamente sulle dinamiche inferiore dei sottarranei fogniari e della superficie cittadina. Se nel film di Wajda si operava l'annientamento fisico e morale dell'individuo, le fogne pur nell'estremo contesto sono un rifugio migliore alla sicura morte che li aspetta in superficie. Tecnicamente ben curato anche se manca di originalità.

La Holland si affida a uno stile mobile, di nervoso realismo psicologico, scosso sovente da momenti che evitano quasi sempre il melodramma ricattatorio, ma raramente trovano una strada davvero urgente e originale. Alcuni simbolismi sono risaputi: i topi delle fogne che sfiorano gli ebrei sono meno lesivi e fetidi dei tedeschi, il buio delle fogne è meno oscuro di quello che aleggia alla luce di uno spento sole, il parto e una nuova vita che un giorno subirà le ferite della Storia, il sesso (sequenze non sempre richieste) come valvola di uno sfogo impossibilitato in date circostante di trovare amore. Se nella sua antinomia, grazie a una prova davvero convincente di Robert Wieckiewicz, quella di Socha è una variazione riuscita di Schindler, la globalità dell'umanità sullo sfondo (tedeschi ed ebrei) è decorosa. Anche se, dopo una prolissa parte centrale, il film trova un colpo di coda nell'immersione acquatica delle fogne dove indubbiamente, pur essendo lontani dal Pianista polanskiano, la lotta dell'uomo per la sopravvivenza acquisisce finalmente un interesse che va al di là della più ovvia - ma comunque doverosa - indignazione.

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