un gruppo di uomini su uno yacht, per una vacanza.
solo uomini, alcuni servi, altri privilegiati.
si tratta di gente potente, uomini affermati, con mille debolezze, che non accettano.
le donne sono qualcosa di lontano, che esistono solo perché possono essere utili, in qualche modo, ma sono inferiori, si capisce.
per passare il tempo fanno giochi da deficienti, come si fanno nel mondo, e gareggiano per scoprire chi è il migliore, anzi per capire ed evidenziare i meno forti, in qualsiasi cosa.
sono degli infelici, questi potenti impotenti, in certi momenti il film di Athina Tsangari sembra essere una specie di Perfetti sconosciuti, con più tragedia e meno commedia.
c'è anche una voce inquietante, che guida lo yacht, una specie di deus ex machina, un capitano in carne e ossa o un pilota automatico-computer, chissà.
un film che non lascia tranquilli, una specie di apologo tristissimo sullo stato del genere umano maschio, non è una passeggiata e c'è poco da ridere, ma merita - Ismaele
solo uomini, alcuni servi, altri privilegiati.
si tratta di gente potente, uomini affermati, con mille debolezze, che non accettano.
le donne sono qualcosa di lontano, che esistono solo perché possono essere utili, in qualche modo, ma sono inferiori, si capisce.
per passare il tempo fanno giochi da deficienti, come si fanno nel mondo, e gareggiano per scoprire chi è il migliore, anzi per capire ed evidenziare i meno forti, in qualsiasi cosa.
sono degli infelici, questi potenti impotenti, in certi momenti il film di Athina Tsangari sembra essere una specie di Perfetti sconosciuti, con più tragedia e meno commedia.
c'è anche una voce inquietante, che guida lo yacht, una specie di deus ex machina, un capitano in carne e ossa o un pilota automatico-computer, chissà.
un film che non lascia tranquilli, una specie di apologo tristissimo sullo stato del genere umano maschio, non è una passeggiata e c'è poco da ridere, ma merita - Ismaele
…Quello di oggi è un film dalla
trama inattesa e intrigante. Ci fa sorridere per le tante situazioni che
sorgono e per gli inevitabili infantilismi che emergono, e ci inquieta per le
assurde tensioni che scoppiano sullo yacht a dimostrazione che anche un banale
gioco sia in grado di scardinare vecchi (e giocosi) equilibri e tramutarli in
una gara senza esclusione di colpi, potenzialmente rischiosa. Quando le
preferenze e le abitudini iniziano ad essere esaminate al microscopio, una
sorta d’istinto animale, un riflesso incondizionato esplode e dà il via ad una
serie di piccole catastrofi.
CHEVALIER è una bella esplorazione
del maschio del nuovo millennio (probabilmente involontaria) ed è sicuramente
un’istantanea delle invidie e debolezze insite in tutti noi. Tra una
sottile battuta e l’altra, nessuno uscirà indenne da quello che ben presto si
rivelerà essere un gioco al massacro senza un vero vincitore.
Ancora una volta il cinema ellenico
si è dimostrato una bella sorpresa. L’opera è gradevole e coinvolgente, ha un
buon passo e i dialoghi attingono al reale. Peccato non aver sfruttato lo
spazio ridotto per spingere su claustrofobia e suspense, ne sarebbe uscito un
film esplosivo. In definitiva: imperfetto ma da vedere.
…Chevalier ha parecchio del nuovo cinema di
Atene, l’impassibilità con cui si osservano i personaggi – insetti da
laboratorio entomologico -, l’esplorazioni di microcosmi in cui la normalità
trascolora nel patologico e vi si confonde. Un gruppo di amici decide di
imbarcarsi su uno yacht per una partita di pesca e immersioni nell’Egeo. Solo
uomini. A bordo anche il maggiordomo-chef e il suo assistente. Per ammazzare il
tempo si inventerà un gioco, quello di assegnare dei punti non solo alle
abilità (sportive, mentali ecc.) di ciascuno, ma anche ai suoi comportamenti,
alle sue eventuali manie, lacune, ossessioni. Non ci vuol molto perché
l’apparente armonia si spezzi e faccia emergere rivalità distruttive, apra
linee di faglia all’interno del gruppo. Tutto è lecito pur di accumulare punti
e farne invece perdere gli avversari. Si penetra di notte nella loro cabine a
scoprire segreti ben celati, si impone che le telefonate siano pubbliche in
modo da poterne giudicare il tono e l’efficacia…
…Chevalier è un film piatto e di una crudeltà precotta,
che manca totalmente di coraggio, di velleità umane, di qualsivoglia intento
eversivo. Mentre i protagonisti costantemente si giudicano con tanto di blocco
degli appunti, l’unica idea che riesce a emergere è quella di un cinema
insincero che, con la spocchia di chi si sente senza peccato, pontifica
opinabili verità dal proprio palco sopraelevato. Una distanza quasi fisica,
dalla quale osservare la marcescenza degli uomini senza rischiare che una sola
goccia del loro sangue osi sporcare la macchina da presa, né chi la muove. Una
concezione profondamente reazionaria del mezzo che, per noi cresciuti con la
simpatetica, onesta e straziante umanità di Alberto
Grifi, risulta semplicemente insopportabile e oltraggiosa. Perché all’origine
dell’occhio sta sempre una lacrima, ma lo sguardo di Athina Rachel Tsangari si
rivela glaciale, alieno, arido. Disonesto, e per questo da rifiutare.
… La realizadora helena usa la cámara
como si fuera un bisturí, para ir mostrándonos los comportamientos básicos de
un hombre cualquiera de mediana edad. Su mirada es incisiva, irónica, y sobre
todo, muy divertida. Todo con el sano objetivo de poner en relevancia la
estupidez del género masculino. Crea imágenes de gran belleza, con precisos
encuadres, que ponen de relevancia su pesimista visión, porque para ella los
varones no tenemos solución, y lo comparto plenamente. Es un mundo cargado de
rivalidad y testosterona, donde se antepone la violencia a la negociación. Los
seis personajes irán al límite para poder ganar. Para ello no dudarán en usar
la violencia psicológica, la física, la manipulación o la traición. En la
naturaleza del varón está ser competitivo. A ello debemos sumar otro pequeño
detalle, que al varón se le educa para que no admita públicamente sus
inseguridades psicológicas, profesionales o personales. De ahí la necesidad del
reconocimiento social.
… Symbole de
richesse et de pouvoir, le yacht permet un huis-clos que les scénaristes
rendent pourtant physiquement caduc en amarrant le bateau à Athènes.
L’absolutisme, aveugle, de l’engagement des personnages à terminer le jeu est
alors le révélateur d’une névrose sclérosant la société dans son ensemble.
Forte de témoigner de l’infantilisme des hommes (de l’homme), la réalisatrice
joue habilement avec la notion même de masculinité qu’elle confronte à
d’indépassables tabous : l’impuissance, l’infertilité et, certainement la
pire de toute, la contraception féminine. Au-delà, elle met en scène la
promiscuité entre les personnages en s’en jouant avec délice, flirtant avec
l’homoérotisme et s’amusant d’une homophobie latente.
La dynamique
de cadrage et le sensationnel travail sur le son participent à la mise en place
d’un climat qui renforce l’impression de huis-clos tout en en soulignant le
paradoxe. Parallèlement Athina Rachel Tsangari observe l’arène, nous fondant à
son regard d’anthropologue. La musique rythme le film au fil d’une partition
magnétique, tantôt hypnotisante tantôt invraisemblable – et dès lors
fascinante. Aux résonances de Patrick Cowley répondent celles de Marilena
Orfanou tandis que Tchaikovsky côtoie Petula Clark dont le titre « Let it
be me » est utilisé avec brio. Notons encore que la réalisatrice nous offre
la scène de playback la plus savoureuse qui soit en employant superbement
« Loving You » par Minnie Ripperton. Enfin l’ensemble du casting,
nous confrontant à la folie de l’ordinaire, est remarquable.
…Con il suo ultimo lungometraggio Athina Tsangari mette in
scena un universo maschile tetanizzato dal panico da prestazione, dalla
necessità di essere sempre “il migliore”. L’unica cosa che conta è vincere, sempre
e comunque.
Le sfide lanciate possono essere apparentemente banali
(montare nel minor tempo possibile una libreria Ikea) oppure indecentemente
intime (chi avrà la miglior erezione?), sorta di barometro dell’ipotetica
“coolitudine” umana. Chevalier propone un universo fatto di assurdità
senza freni, di situazioni al limite dell’assurdo che diventano però, grazie
allo sguardo acuto e irriverente di Athina improvvisamente razionali e logiche.
I comportamenti sociopatici e a tratti patetici dei nostri
eroi del Mar Egeo si dissolvono nell’universo finzionale della nostra regista
greca fino a diventare limpidamente verosimili. Lo spettatore è totalmente
libero di interpretare gli atteggiamenti dei protagonosti che possono apparire
al contempo: irritanti, commoventi o osceni. Il legame che li unisce rimane un
altro grande mistero del film, così come il motivo che li ha spinti a partire
in vacanza insieme. Tutto è deliziosamente sfuocato e permeabile, sorta di
universo parallelo fatto a bivi dove il finale rimane aperto.
Un film terribilmente realista dallo humor irresistibile.
…Premessa
e ambientazione sono tutto. Forza, schiavitù e dannazione del film. In questo
yacht e da questo gioco non c'è scampo, nè possibilità di fuga o deviazione.
Nasce come demolizione dell'uomo, della sua competitività e del suo orgoglio e
finisce a demolizione e ridicolizzazione concluse. Non proprio un gioco al
massacro, non c'è la giusta crudeltà. La forza che si poteva percepire
inizialmente data dai peggiori istinti che emergono per via della competizione
e del giudicare liberamente gli altri si stempera nella comicità pura, in
percorsi inspiegabilmente tutti uguali, tutti ugualmente diretti al
dissolvimento, lasciati andare in quell'unica direzione come se la regia
non ne avesse il controllo. Ed è un peccato. Perché in gran parte, oltre
alla comicità, funziona anche il gioco psicologico, l'addentrarsi nelle
dinamiche del confronto a carte scoperte con l'altro. Le diverse personalità
sono delineate con chiarezza e si accostano l'una all'altra creando a volte
un'atmosfera incerta e sospesa in cui anche la chiacchierata più informale
sulla ricetta di un'insalata risulta un'indecifrabile combinazione di
manifestazioni vere e studiate, del mettere in mostra le proprie competenze o
anche del farsi vedere a proprio agio davanti a ciò che non si conosce. Allo
stesso modo anche i gesti più umani, le rassicurazioni di amicizia e la
sportività dimostrate durante le gare si tingono per buona parte dell'opera di
questo apprezzabile dubbio. Poi però, come dicevo , si sceglie la
ridicolizzazione completa e il dubbio sparisce, ma sparisce con lui anche la
forza dei personaggi e del loro percorso, in buona sostanza lasciato
andare alla deriva…
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