mercoledì 1 marzo 2017

Aurora – Cristi Puiu

una cronaca, la cinepresa segue Viorel, uno che ha un'ossessione e ha preso la sua decisione.
non ce la fa più, e lentamente, senza lasciare quasi niente al caso, compie le azioni che si era prefissato, in modo tranquillo, e altrettanto tranquillamente si consegna alla polizia.
una resa dei conti, di un uomo che non vede altre strade,
in tutto il film non c'è un sorriso, e neanche un'immagine che possa lasciare una speranza.
a Viorel non lo ferma niente e nessuno, decide lui quando fermarsi.
film lungo, per chi ha fretta, durata giusta per gli altri, in realtà la cinepresa segue Viorel, e i tempi sono i suoi, mica del regista (che, tra l'altro, i due sono la stessa persona) - Ismaele





Secondo tassello delle “Sei storie dalla periferia di Bucarest” (progetto che il regista rumeno ha ideato pensando naturalmente a Rohmer), Aurora potrebbe diventare tra qualche anno film-manifesto di un nuovo corso cinematografico, che trova nella contrapposizione tra adesione al reale ed esasperazione del nulla la chiave su cui fondare il racconto dell’ambiguità umana svincolandosi da qualsiasi demarcazione Bene vs. Male, definitivamente sepolti da Puiu. Che in qualche modo, già in fase di scrittura, scommette su un azzardo estremo: 181′ per inquadrare il disagio esistenziale di un uomo alla deriva, mostrarne minuziosamente e ripetitivamente anche i gesti più insignificanti (lo spostare gli oggetti in maniera ossessiva, il muoversi senza apparente motivo da una stanza all’altra, lasciandolo spesso fuori campo, o seminascosto dietro porte socchiuse), per arrivare alla dissacrazione del “mito cinematografico” dell’omicidio, atto non più drammatico e/o spettacolare ma triviale e senza pathos, alla portata di chiunque. Restare impuniti o trovare, come nel caso di Viorel, poliziotti che ascoltano con noncurante tranquillità tutto quello che è successo, alla fine, farà davvero poca differenza…

Con un’ironia amara nel cogliere le contraddizioni dell’umano che lo avvicina a Emil Cioran – il filosofo rumeno di nascita ma francese di scrittura che condivideva la filosofia dell’assurdo del suo connazionale Eugène Ionesco – Puiu racconta della trasformazione di un uomo ad assassino, testimoniando la non eccezionalità dell’evento grazie all’integrazione della storia intima del personaggio nella preparazione del crimine ed eliminando dalla stessa ogni tentazione di spettacolarità ponendo nel contempo molte domande cui offre pochissime risposte, tutte lasciate allo spettatore.
Il suo scopo non appare altro che quello di raccontare un evento quanto il naturale passaggio del suo personaggio da uno stato all’altro. E quando l’evento si verificherà, Puiu continuerà a trattarlo non da climax quanto da ulteriore elemento della storia, come parte anomala della routine quotidiana del personaggio.
Il film si concluderà dopo tre ore che non si sentono affatto con un esito kafkiano che ricorda per ambientazione e tono quello amaramente esilarante e grottesco di “Politist, adjectiv” di Corneliu Porumboiu…

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