mercoledì 31 agosto 2016

La fiamma del peccato (Double Indemnity) – Billy Wilder

sembrava un piano perfetto, ma l'avidità gioca brutti scherzi.
la doppia indennità frega Walter Neff e Phyllis Dietrichson, Barton Keys, un investigatore delle assicurazioni, è quasi fregato anche lui.
Billy Wilder e Raymond Chandler sanno come si scrivono storie che siano perfetti meccanismi a orologeria.
le cose sembrano andare bene, ma Phyllis è "marcia dentro", così si definisce, e Walter resta catturato dalla dark lady, fatale per lui.
sembra una storia maledetta come tante, la differenza è Billy Wilder, e scusate se è poco.
godetene tutti, buon visione - Ismaele









Il noir è un genere, ma fare un film di genere non significa adeguarsi. Anzi, il noir è quel genere in grado di affondare la lama nell'animo umano, in grado di descrivere un mondo e una società in tutte le sue sfaccettature, senza freni inibitori: partendo da La fiamma del peccato per arrivare all'ultimo film di Paul Thomas Anderson (Vizio di forma), passando per i capolavori con il detective Marlowe come Una donna nel lago di Montgomery o Il lungo addio di Altman, il noir non si ferma mai alla “storia”, per quanto possa essere complessa e intricata. La funzione del noir è quella di mettere alla berlina un contesto corale, sviscerarne le contraddizioni, individuarne il declino etico e sottolinearne la conseguente involuzione…

…La pellicola è un tassello essenziale del noir, vuoi per la perfezione tecnica (scenografie capaci di descrivere vividamente l'ambientazione metropolitana, fotografia impressionante coi suoi chiaroscuri, musiche che sottolineano in maniera impeccabile i ritmi narrativi), vuoi per l'eccellente sceneggiatura che si fonda e si sviluppa sui principali stilemi noir, cogliendoli, enfatizzandoli, elaborandoli e perfezionandoli in un vero e proprio capolavoro rappresentativo del genere…


Lo sguardo di Billy è carico di autentico orrore verso un'umanità degradata che vanamente si affanna ad affrancarsi da quella condizione abietta che gli è propria e dalla quale solo la morte può liberarla. Ogni inquadratura trasuda misantropia. Vista la "umanitas" di cui parla, come dargli torto? Misantropo è solo colui che lucidamente guarda lo squallore che lo circonda e se ne fa beffe. La modernità del suo sguardo, all'interno di uno forma perfettamente classica, è allucinante. Chandler forgia archetipi immortali: la dark lady perversa; un protagonista malvagio la cui tardiva redenzione non riesce ad attenuarne la negatività; l'investigatore, che rimane defilato, come nell'ombra, a ricostruire le intricate trame del caso. Possibile, anche se discutibile come ogni approccio "psicoanalistico" di matrice bellouriana, una interpretazione freudiana di questo terzetto, soprattutto per le innegabili valenze edipiche del rapporto tra Neff ("figlio") e Keyes ("padre", coscienza critica, Super Io). Ad interpretare questi tre ruoli tre icone del genere: Barbara Stanwyck, Fred MacMurray, E.G. Robinson, quest'ultimo a sua volta protagonista di una storia simile, seppure in versione "onirica", nello splendido La donna del ritratto di Fritz Lang, dello stesso anno (1944). Robinson fu anche protagonista di molti gangster movies (Piccolo Cesare). Il fatto che Wilder abbia scelto proprio la sua "faccia da criminale" per interpretare il ruolo del "buono" la dice lunga sulla Weltaschaung dell'autore di Baciami stupido.



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