mercoledì 29 luglio 2015

Air doll – Hirokazu Koreeda

inizi a vederlo un po' così, poi ogni minuto che passa non vorresti che finisse più, ti affezioni a quella bambola che prende vita, come le marionette di Pasolini, come Charlie (qui).
come parlare di un film così senza vederlo?
e che bello poi l'omaggio al cinema e ai grandi registi, alla vita, ah, straziante meravigliosa bellezza del creato, all'amicizia, e poi si muore, soli.
vogliatevi bene, conoscete Nozomi, conoscerete il soffio della vita. 
un film unico, a parte, come spesso sono i film di Koreeda, e questo è un piccolo capolavoro, cercatelo! - Ismaele









Air Doll è un film che suscita un maelstrom di emozioni contrastanti: è tenero, buffo all'inizio, romantico, diventa un malinconico apologo sulla solitudine, fino ad un finale con accenti horror eppure commovente. Impossibile descrivere la ricchezza di sfumature della parte finale di questo film.
Il film è tratto da un manga eppure difficilmente si riescono a reperire altrove notazioni così puntuali sugli aspetti negativi della vita nella società alienante di oggi, in cui tutti o quasi cercano di prevaricare gli altri in una corsa senza freni. Un tema comune anche a molti altri film nipponici.
Da sottolineare anche i pregi formali del film: la macchina da presa di Koreeda si affida spesso a lunghi piani sequenza, a lunghe scene in cui domina il silenzio, a piccoli movimenti di macchina. Eccellente anche la fotografia che evidenzia i colori caldi quasi a voler contrastare con la metropoli disumanizzante in cui si muovono i protagonisti
Ritornando all'inizio possiamo quindi dire che Air Doll sia una favola? 
Non è così facile rispondere a questa domanda perchè le favole di solito contengono sia un lieto fine che una morale semplice semplice da poter essere compresa con facilità. Qui la morale sembra quella che ogni tanto bisogna guardare anche agli altri e non solo a se stessi, il lieto fine... beh quello non c'è, almeno non il classico "e vissero tutti felici e contenti".
Anche se c'è la sensazione che nel finale quando si passano velocemente in rassegna tutti i personaggi che hanno sfiorato la vita della bambola e che lei ha conosciuto, ebbene sembra quasi che la luce della speranza possa arrivare ad illuminare le loro vite.

…La película deja escenas para la memoria: los tres primeros planos que sitúan la historia certeramente, Nozomi sacando la mano por la ventana para sentir las gotas de lluvia, el chico insuflándole aire cuando se corta, la visita a su creador como si se tratara de una replicante de Blade Runner, el momento bergmaniano que pone su mano en la frente del viejo moribundo… Instantes captados con gran belleza, y con la ayuda excepcional del director de fotografía taiwanés Mark Ping-Bing Lee, a quien también se deben las estilizadas imágenes de Deseando amar. El cine de Kore-eda es un oasis en el degradado panorama del cinematógrafo actual, un fulgor de otros tiempos, cuando el cine era cine.
la película debe buena parte de su fortuna a su actriz principal que sabe flexibilizar la técnica del mimo para dar cuerpo a una muñeca. Su expresividad ajustada encaja en la sobriedad expositiva de Kore-eda y hay pequeños instantes donde la película se eleva del nivel del suelo (por ejemplo, la gota de agua que le da vida al inicio del film o esa idea de que necesitamos del otro para llenarnos de vida), celebrándose una primera mitad que consigue darnos esa sensación de liviandad, tal como si estuviésemos solo llenos de brisa, en símil comparación a Nozomi. Una cámara ligera que suele moverse de forma grácil, a través de panorámicas horizontales y travellings laterales, acompaña esa sensación que Nozomisintetiza mediante el poema que recita. Pero el efecto gaseoso se agota llegado a su segunda mitad y la glorificación poética se pierde. Una vez que la protagonista consigue su completa libertad, la película no mantiene su poder espumoso ya que se vuelve excesivamente errática, al tratar de cerrar trazos secundarios que posiblemente no lo necesitaban. De forma un tanto extraña, nos vamos desinflando antes de tiempo y es que, quizás, no había tanto oxígeno para demasiada extensión.

…La brillantezza delle immagini, i colori tenui, le luci soffuse, il volto dolcissimo e pietrificato di Bae Doona contrastano magnificamente con la cupezza della sceneggiatura, e la studiata, o meglio, perfettamente calibrata lentezza con cui si srotola davanti ai nostri occhi il circolare percorso di questa bambola innocentemente crudele e inconsapevolmente assassina è al tempo stesso ipnotica e perturbante.
Il vuoto di Koreeda è un vuoto prima di tutto corporeo, fisico (la bambola, oggetto inerte e passivo per eccellenza, fatta solo per soddisfare il desiderio sessuale). E’ poi un vuoto morale e esistenziale, il “marito”, preferisce la bambola senz’anima a quella viva e anche il giovane del videonoleggio, che dovrebbe amarla, la tortura. Infine è vuoto di una società, si intravedono ossessione, mania, violenza, anoressia, anche se in secondo piano. Per Nozomi, così la chiamano, una real doll con una vagina di plastica, all’inizio pura, lieve, che si sorprende di ogni piccola cosa, il mondo si trasformerà in un vero inferno. Meglio quindi sarebbe stato rimanere quella che era. Nessuna concessione all’ottimismo, dunque, ma analisi impietosa. L’ingenuità, la bellezza, la meraviglia del mondo e della vita che lei rappresenta, subiranno ben presto uno scadimento inesorabile nel confronto con la malvagità degli esseri che la circondano. Bae do-na è semplicemente splendida, nel suo ruolo forse più complesso e importante…

Una fantasía romántica que explora las complejidades del amor y de la pérdida, de la alegría y el dolor, de la fantasía y la realidad. El aclamado directo Hirokazu Kore-eda es el autor de una historia de amor agridulce que estudia las complejidades y debilidades de la existencia.

…Nella perfezione del gesto che schiude le palpebre di una bambola c’è tutto il senso della creazione. Il soffio donato all’altro dà la vita, la ferita che sanguina toglie il respiro; tutto ciò che si può dire è il frutto dell’esperienza della vista: «sembra che la vita sia fatta in modo tale da non poterla portare avanti da soli. Proprio come non è sufficiente per i fiori avere pistilli e stami. Un insetto o la brezza devono inserire un pistillo in uno stame. La vita, da sola, cerca di compensare a quelle carenze che solo un altro è in grado di colmare». Il bisbiglio della prima parola è identico all’ultimo sibilo: “bellissimo” è il mondo come quel corpo abbandonato negli scarti, testimone muto del meraviglioso nulla assoluto del cielo.
Fare cinema equivale a guardare il mondo per la prima volta, ascoltarlo respirare e regolarne i battiti secondo il lento afflato abissale che lo gonfia e lo amplifica. Come nel recente Cut di Naderi i corpi vivono del “folle amore” per il cinema, così in Air Doll essi si costituiscono nell’immagine rarefatta e la ripetizione di titoli e registi diventa l’espediente essenziale alla vita: Ferrara, Chaplin, Erice, Angelopoulos, Sokurov…, ogni nome un respiro invisibile, ogni film una vitale boccata d’aria…

2 commenti:

  1. è uno dei film del mio cuore, Koreeda è veramente un grandissimo regista...

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    1. non può lasciare indifferenti, la parabola della vita di Nozomi (e nostra), ascoltate bradipo...

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