sabato 18 luglio 2015

Carlos - Olivier Assayas

una miniserie tv del 2010, di cinque ore e mezza, né lunga né noiosa, visto che Assayas è un gran regista e Edgar Ramirez è adatto per il ruolo, un Carlos spesso antipatico, strafottente e coraggioso oltre il limite, manager di se stesso, a tu per tu con i potenti del mondo (solo quelli che lo cercavano e lo pagavano, naturalmente).
il film ricorda molto, per via del terrorismo, “La banda Baader Meinhof”, di Uli Edel (qui), altro grande film, in entrambi la Germania è un serbatoio di terroristi per il mondo.
l’operazione più famosa di Carlos e dei suoi è stato il sequestro dei ministri del petrolio dell’Opec, nel 1975, a Vienna, vicino al Danubio, nel film è fatta così bene che sembra di essere lì.
poi, di Carlos, è stato tratto un film di quasi tre ore, ma chi l'ha visto dice che non è la stessa cosa.
non perdetevelo, si trova anche in italiano - Ismaele





Uno dei grandi meriti di Assayas e collaboratori è di avere restituito il terrorismo armato in una giusta prospettiva, ricordandoci quanto queste organizzazioni abbiano potuto contare spesso sull'appoggio di governi e finanziamenti internazionali (in una sequenza viene ricostruito un meeting cui partecipa il futuro leader sovietico Andropov, che senza troppe remore commissiona al protagonista l'omicidio del presidente egiziano Sadat). Anche Carlos nelle sue azioni è sempre ben spalleggiato, nonostante i suoi modi da anarchico e le sue sparate da liberatore; quando invece uno dei suoi ostaggi cerca di corromperlo con dei soldi, il protagonista lo interrompe subito ricordandogli di essere ben pagato, tradendo in questo anche un po' l'atteggiamento del mercenario. Se a questo aggiungiamo imprevisti ai check-in, pistole che al momento cruciale tradiscono, lanciarazzi che mancano i bersagli e piani che non si rivelano così efficaci, il quadro del terrorismo internazionale che emerge è quanto di più lontano da celebrazioni nostalgiche e/o ideologiche (grosso limite che in passato è stato imputato ad operazioni di questo tipo).
Narcisista, irruente, freddo, micidiale, il Carlos ritratto è sicuramente una figura complessa e sebbene il diretto interessato abbia fatto sapere dal carcere di non essere soddisfatto del ritratto che gli è stato fatto, ad Assayas va riconosciuto di non avere disegnato un protagonista banale. Ovviamente, trattandosi di una biopic, la riuscita è dipesa molto anche dalla scelta del protagonista. Finora conosciuto solo per parti secondarie, Edgar Ramirez (venezuelano come il personaggio) si lancia nell'impresa con l'impegno tipico di chi sa che si sta giocando la grande occasione. Dotato di carisma (indispensabile per un ruolo simile) e fortunatamente scevro da tentazioni gigionistiche, Ramirez cambia col personaggio: ingrassa, dimagrisce, invecchia. La sua prova mimetica rispecchia bene la psicologia di un uomo sempre in bilico tra l'essere un idolo delle folle (in una scena saluta la gente dalla macchina come se fosse un divo) e un sicario…

The man known as Carlos the Jackal said that Marxism was his religion and that he was dedicated to the Palestinian cause. Having seen the long version of Olivier Assayas' remarkable “Carlos,” I conclude that for Carlos his religion and his cause were the same, and they were himself. This is a terrifying portrait of an egomaniac who demands absolute obedience, and craves it even more when his power and relevance are drained away. All he has left at the end are a few pathetic nonentities who obey him.
If Carlos is a shabby excuse for a great man, “Carlos” is nonetheless a powerful film from recent history, considering in (largely fictionalized) detail how the myth of Carlos shadowed the years from 1975, when he led a raid on OPEC oil ministers in Vienna, until 1994, when he was betrayed by former comrades, arrested in Sudan and returned to France for trial. He is now serving a life sentence and from prison has complained that this film is inaccurate.
I have no knowledge of the real Carlos and can only review the film. On that basis, Ilich Ramirez Sanchez, a Venezuelan born in 1949 and educated at a Cuban training camp and Patrice Lumumba University in Moscow, used his ideology primarily to dominate others and excuse his megalomania. Toward the end, even his superiors in the Palestinian liberation movement were fed up with him, and after exhausting the hospitality of Libya, Syria and Iraq, he became a man without a country.
Carlos is played by Edgar Ramirez, an actor of great vitality and conviction. He speaks five languages, and in “Carlos,” he performs dialogue in even more, as he functions in France, Spain, Germany, Egypt, Iraq, Russia and North Africa. (The film is largely in English, the international language of terrorism.) Without using any apparent makeup tricks, he successfully ages from a young hot-head to a middle-age “Syrian businessman” with a nice little pot belly, while passing through a period when he is lean and muscular after guerrilla training. His side burns flourish and disappear, beards and mustaches come and go, and yet clearly he is Carlos if you take a good look. He passed through many passport controls where apparently nobody did, though once years ago at London's Heathrow, I was pulled aside on suspicion of being Carlos. He ran on the plump side, for a jackal…

…A mí “Carlos” me recordó a “R.A.F. Facción del Ejército Rojo” (2008), una película de Uli Edel que está muy bien, que fue nominada al Oscar a Mejor Película de Habla no Inglesa, pero que casi nadie conoce. “R.A.F.” cuenta la creación, ascensión y caída del grupo terrorista Facción del Ejército Rojo (que también luchaba contra el capitalismo, y comenzó con jóvenes idealistas que forzaron tanto los límites de su lucha que se volvieron terroristas). Con “Carlos” comparte la época, que cubre varios años y que por tanto pasan muchísimas cosas, y que son películas muy realistas: aparte de un diseño de producción genial y unos actores excelentes, los personajes hablan el idioma que les corresponde; es decir, si están en Alemania, hablan alemán, si están entre amigos sudamericanos, hablan español… Lo cual me parece perfecto.
   Si “R.A.F.” tenía un problema era que seguía a muchos personajes y no paraba de dar información; casi no había pausas y a veces era agotadora. “Carlos”, en ese sentido, es mejor. La película es en un 90% su protagonista, (a Édgar Ramírez no lo conocía, pero aquí está impresionante), lo que les permite preparar y ejecutar mucho mejor los momentos, viéndose, además, muy bien las consecuencias que tienen los actos de Carlos…

Carlos es un thriller político de dimensiones épicas y dicho sea de paso es una película muy entretenida.  Destaca también la interpretación del protagonista, Edgar Ramírez, que hasta ahora lo habíamos visto en un papel modesto en el Che de Soderbergh y en la trilogía de Bourne. Ramírez da un gran salto cualitativo en su carrera convirtiéndose en el pilar fundamental de la película con una gran interpretación. Da la sensación que esta versión de Carlos para los cines no ha tenido una gran campaña de marketing ni mucha distribución y me sorprende mucho, debido a la alta calidad técnica de la cinta. En una época en la que la cartelera está en horas bajas, Carlossobresale y de largo. Si con todo y eso no lo acabáis de ver claro, os recuerdo que en junio llega a España la miniserie de televisión, que  yo tampoco me voy a perder.

2 commenti:

  1. uno dei pochi 10 che ho dato sul mio blog...

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    1. ho rivisto quello che avevi scritto un anno fa, un film da non perdere, senza dubbio

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