sabato 3 agosto 2013

Cella 211 (Celda 211) - Daniel Monzón

non ti annoi un secondo e l'interpretazione di Luis Tosar (Malamadre) è da premio Oscar.
il resto è solo molto bello e il film è indimenticabile, con una sceneggiatura perfetta,
come non guardarlo o riguardarlo? - Ismaele



Veloce, intenso, drammaticamente privo di qualsivoglia romanticismo, interpretato magistralmente (Tosar è devastante) e girato - in quel digitale un po' sgranato e fluido da filmato del telegiornale della sera - con talento invidiabile.
Insomma, un film straordinariamente perfetto.

…The term “mounting tension” is an overused cliche. To use it here would be appropriate. Little by little, one development at a time, the situation becomes more critical, and the options for Juan and Malamadre grow more limited. And Juan’s life always hangs in the balance. There is a moment, indeed, when he says something on a walkie-talkie that would have betrayed him if anyone had been listening.
The actors are well chosen. Luis Tosar, as Malamadre, is a powerful man, shorter than Juan but more muscular, his head shaved, his mustache and beard somehow ominous. As Juan, Alberto Ammann is of medium build, not aggressive, a convincing mimic in the role he adopts. He is not too heroic, and Tosar is not too villainous. They are trapped in this situation and unwittingly they come to share it.

Sans être très original, "Cellule 211" sait ménager le suspense, ponctuant les souffrances du héros par quelques flash-backs sur un bonheur familial encore récent, et jouant au final sur la corde sensible. Cette histoire couillue, faite de complicités, trahisons, tractations et confiance, s'avère au final plus complexe et surprenante que prévu. D'autant que son anti-héros, laissant transparaître des restes d'une humanité longtemps égarée, s'avère d'une complexité inattendue. Décidément, le jeune cinéma espagnol a de beaux jours devant lui.

Dirigida por un antiguo crítico de cine, Daniel Monzón, Celda 211 posee un clima de tensión del que no se despoja e involucra al espectador hasta hacerlo un preso más de la cárcel zamorana. Apoyado por un excepcional Luis Tosar, la trama se desarrolla con gran interés y sólo flaquea en los momentos que el guión se marcha de la penitenciaria. El diseño de producción y los personajes contribuyen a una atmósfera claustrofóbica, de una de las mejores películas españolas de los últimos años, y que tendrá su recompensa en la gala de los Goya. Ojala aparezcan más directores como Monzón que apuesten por un cine nuevo, alejado de los tópicos ibéricos que compita con la factoría europea y americana. Imperdible.

Monzón riesce a scardinare un genere, il prison movie, che vanta numerosi esempi e fotocopie americane, e a rigenerarlo con uno stile quasi documentaristico, un tratto realistico - anche grazie agli eccezionali apporti della fotografia e della scenografia - che sviscera una feroce iperviolenza in grado così di non annaspare nel nodo più romantico della storia. La macchina da presa insegue da vicino, quasi come a marcarli stretti nel loro campo, i volti e i comportamenti di un branco di detenuti che organizzano una rivolta contro il duro regime carcerario e dei funzionari della sorveglianza e del governo che provano a sedarla con metodi opinabili. Nel bestiario umano dei prigionieri che si ribellano mettendo a ferro e fuoco il penitenziario, prendendo come ostaggi tre terroristi dell'Eta rinchiusi in un braccio speciale e vendicandosi degli agenti che in passato non gli avevano riservato un tenero trattamento, si ritrova suo malgrado Juan Oliver. Il giovane, felicemente sposato e in attesa del primo figlio, era andato a visitare l'istituto il giorno prima di prendervi servizio come secondino. Invischiato in una guerriglia estrema, capeggiata da Malamadre e dai suoi uomini, l'Apache e Tachuela, s'infiltra tra i detenuti e si finge uno di loro per salvarsi la pelle…
da qui

4 commenti:

  1. Boh, a me è sembrato un filino buonista, cioè della serie che fanno tutti i duri ma alla fine sono tutti delle fighette o muoiono come dei coglioni :/ Però la regia che sta dietro è davvero forte, ce ne fossero di film d'azione come questo!

    RispondiElimina
  2. il buonismo è negli occhi di chi lo guarda:)

    (in realtà la guardia carceraria che diventa uno che ha il rispetto e l'amicizia di Malamadre non è buonista)

    mi ha ricordato un po' "Diaz"

    RispondiElimina
  3. Sì, probabile che il buonismo ce l'abbia visto io, ma boh, fondamentalmente pensavo spaccassero più teste eccetera.

    "Diaz" non mi è piaciuto granché, anzi credo di non averlo mai capito: cosa voleva esprimere? O.o

    RispondiElimina
    Risposte
    1. se fosse stata un'americanata ne avrebbero spaccato di più, è sicuro.

      credo volesse dire diverse cose, una era questa, penso:
      quello che vedete è successo, questo film è quasi un documentario, per non dire io non lo sapevo, avevo letto, ma non capivo...

      Elimina