è uno di quegli autori che si ama o si odia, a me piace molto.
e questo film contiene gli "archetipi" del suo cinema, l'amore, la famiglia, la vendetta, la musica.
e poi magari non è perfetto, c'è solo da prendere o lasciare, e io prendo - Ismaele
Venti anni dopo “Corre
Gitano”, Tony Gatlif, autore-pioniere del neonomadismo cinematografico, del
meticciato in forma di visione, con “Vengo” è riuscito a dirigere il suo film
sul flamenco. Filmare la musica, assecondare i ritmi e gli accordi, restituire
in immagini lo swing, il pathos e soprattutto la relazione esplicita e
inesprimibile tra note e vita è una vocazione che accomuna tanti cineasti
lontanissimi per gusti, scelte e punti di vista. Gatlif, nel suo omaggio
all’Andalusia, al sentimento mediterraneo, a un sovranazionale “gipsy social
club” lascia sbocciare i “numeri musicali”, le feste, le performance degli
artisti (sono le scene più belle) su un ramo fragile, ma drammatico, del
racconto. Caco, il protagonista, non si dà pace per la morte della figlia e
passa ore al cimitero. Protegge e fa compagnia al nipote Diego, uno spastico,
figlio del fratello che dopo aver ucciso un gitano è nascosto all’estero. I
debiti di sangue saranno pagati, tra una baldoria e un flamenco sufi.
… ci sono alcuni momenti dove
si riesce a superare l'intento estetizzante e si gode di puro cinema: ad
esempio la sequenza che unisce una bambolina danzante nel vento al protagonista
sonnacchioso e a tre donne riprese dall'alto nel turbinio di una danza:
l'apparentamento delle tre situazioni va a creare una sintesi che si sviluppa
poi ripescando tutti gli episodi fin lì inseriti a mo' di estemporaneo
contributo alla ricostruzione di un mondo e delle sue regole. La sequenza è
collocata esattamente al centro del film e dà nuova spinta per arrivare alla
tragedia finale, quasi anticipandone il fatalismo. E la scena finale è davvero
un gioiello di montaggio sonoro e visivo: fa il paio con la canzone delle
macchine di Bjork affiancata da Catherine Deneuve. Una sinfonia di pistoni di
un trattorino, fatta di dettagli e gesti, di rumori che si trasformano in note,
di cadenze meccaniche che diventano ritmo in un climax simile alla musica, per
lo più flamenco contaminato dalle molte permanenze imposte al popolo nomade,
fin lì prodotta attraverso una contaminazione di generi, una koiné musicale
dichiarata fin dalla prima sequenza, dove alla coppia violino-chitarra
rispondono sitar e flauto indiano (e conoscendo Latcho Drom si spiega
ulteriormente il connubio di tradizioni) fino al canto evocativo di una storia
che potrebbe benissimo essere quella che si va dipanando…
… Ho già visto
"Vengo" ed attendo con ansia di poterlo rivedere. La vicenda d'amore,
onore e morte, ambientata nell'Andalusia delle comunità gitane - quasi un
melodramma "esotico", nel senso nobile del termine - non manca di
"rude" fasciono e di malinconica ironia. Il regista, nel riproporre
le tematiche a lui care riguardanti la cultura e la vita dei
"fratelli" in giro per il mondo, anche questa volta non rinuncia a
trasportare lo spettatore in una dimensione musicale arcana e suggestiva - che
egli sembra preferire allo stesso soggetto del film - e che in
"Vengo" raggiunge il vertice del sublime, recuperando l'antichissima
tradizione musicale arabo-gitano-andalusa. Flamenco, dunque, di pura
"stirpe" gitana, pura essenza del "duende" che sgorga
"dalle regioni più segrete del sangue" (Lorca).
"Flamenco-Soufi", tra Egitto e Spagna, in un vorticoso connubio
musicale di estrema raffinatezza e luminoso lirismo, improvvisato dal
prodigioso chitarrista "Tomatito" (ex fedele compagno del "Camaron
de la Isla", l'eccelso cantore prematuramente scomparso) e da
"favolosi" musicisti arabi. Sullo sfondo, la sensuale danza di uomini
e donne andaluse che assumono sui propri corpi, sui volti e nelle mani, quella
stupefacente sostanza musicale! Indimenticabile, infine ("copio" dalle
note di copertina dell'omonimo CD inedito in Italia, non posso farne a meno...)
"...la canzone-feticcio di "Vengo", il canto della nostalgia
scritto da Tony Gatlif…
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