martedì 23 ottobre 2012

La confessione (L'aveu) - Costantin Costa-Gavras

la biografia di Yves Montand (qui) lo rende l'attore ideale per questo film, che è un gran film (anno 1970).
doloroso e terribile, la fine delle illusioni (e della spinta propulsiva dell'URSS, come avrebbe detto anni dopo Enrico Berlinguer), Costa Gavras svela con le immagini quello che fino ad allora alcuni (pochi) scrivevano.
fra gli assistenti di Costa Gavras anche Chris Marker.
da non perdere - Ismaele



QUI il film completo in francese


Il film è un lungo interrogatorio in stanze strette ed anguste, una serie di piccole e grandi angherie rivolte contro un uomo che è intimato a stare sempre in movimento e a non potersi mai sedere per far riposare le gambe, un uomo che è stato ridotto a numero : tutto è utile per il sovvertimento del senso delle parole ("A forza di sentire trotskista, titoista, nazionalista borghese, queste parole perdono del loro significato. Se mi avessero chiesto di dire, mio figlio, il piccolo trotskista Michele, ha compiuto un anno, io lo avrei firmato")  e il ribaltamento logico dei fatti, tutto è funzionale per estorcere una confessione che deve sposarsi alla perfezione con gli interessi vitali del partito. Perché il "Partito non si sbaglia mai", non può sbagliarsi, pena la messa in discussione della fede rivoluzionaria, quella pensata per il popolo e servita a pochi criminali per condannare a morte le libertà. Artur London è schiacciato dal peso opprimente di quella mastodontica macchina burocratica che lui stesso ha contribuito a mettere in piedi e che gli si rivolta contro come un mostro che solo adesso riesce a scorgere in tutta la sua orribile forma, ora che si trova dalla parte oppressa della faccenda, spogliato dei suoi poteri ed esautorato dalla vita. Sarà per questo che è rimasto comunista anche dopo la fine della sua tormentata vicenda, perchè "Dio è morto, ed è proprio ora che si può essere comunista", perchè proprio la sua esperienza gli aveva fornito "la prova schiacciante : il Socialismo è nella libertà delle masse come il pesce nell'acqua". Un buon film del bravo Costa Gavras, decisamente figlio del suo tempo ma con un timbro da documento storico che vale a mantenerlo un prodotto da consigliare.

The Confession is ultimately a film one admires rather than enjoys, and will be of most interest either to Costa-Gavras fans or history buffs interested in the dysfunctional machinations of Stalinism.

The film is inspired almost entirely by fact, by the memoirs of Artur London, one of the 13 Czech Communist leaders who were indicted as traitors, Trotskyists, Titoists, Zionists or what have you, and one of the three who was not executed. It is not a thriller like "Z," and it couldn't be, because there is no justice to emerge at the end and no scoundrels to unmask. As nearly as seems possible, the totalitarian system itself kept the show trials running, and they persisted so well that the party officials who began them turned up as defendants, too.
No, it's not a thriller but a penetration into the mind, and 
Yves Montand is able to express the state of his character's mind perfectly by showing him, after nearly 20 months of torture and cross-examination, watching his captor eat a sausage as if it were not lunch but the Holy Grail. The movie itself is a wearing experience, as it was meant to be. We begin to wonder toward the end how even the inquisitors could stand up to the inhuman grind of cross-examination...

Il Costa-Gavras dei primi tempi era regista politico capace come pochi di conferire ai suoi film grande incisività e mordente, evidenziando con nettezza ed efficacia la tesi di fondo senza sacrificare la dimensione più squisitamente cinematografica, che in questo caso assume quasi le caratteristiche del thriller poliziesco.
La figura narrativa dominante è quella del crescendo e dell’accumulo, che il film utilizza per mettere in scena il meccanismo di stritolamento psicofisico con cui gli aguzzini stalinisti strappano le confessioni ai propri nemici (o presunti tali). L’ambientazione claustrofobica nei cupi e tetri interni carcerari accentua la dimensione ansiogena che la reiterazione delle torture e le pressioni di ogni tipo portano all’estremo. C’è qualcosa di kafkiano (scrittore ebreo e praghese come il protagonista London) in questo incedere inesorabile con cui un potere sempre più lontano e incomprensibile si accanisce contro le sue vittime.
Forse in questa insistenza nel mostrare in dettaglio l’abisso in cui era precipitato lo sventurato London, il film trascura di analizzare le cause storiche e politiche dello stalinismo, limitandosi a denunciarne le tragiche conseguenze (critica che venne a suo tempo avanzata insieme all’accusa di essere eccessivamente ripetitivo e monocorde), ma è indubbio che esso ci consegna momenti di potente e intenso coinvolgimento emotivo (pensiamo soltanto alla scena dei poliziotti che spargono sulla strada le ceneri di quelli che furono grandi combattenti per gli ideali nei quali credevano).
da qui

l'inizio del film:

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