un film piccolo, una storia semplice, due tipi si conoscono e vanno a vivere insieme, lasciano la città e si spostano in un paesetto di campagna, dove il ritmo della vita è lento e sostenibile.
i due Fausti cercano di vivere dei frutti della terra, ma non è facile.
e poi si sono gli abitanti del paese che diffidano dei due.
ma i due Fausti, a fasi alterne, resistono.
un film da non perdere, sopratutto se uno coltiva un orto.
buona (agreste) visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
…La
tenacia dei due Fausto, il loro continuo, patetico invito a non mollare, così
come il reciproco imbarazzo nel riconoscere d'aver agito sempre in maniera
sbagliata (imbarazzo, va detto, che a volte si percepisce anche nella dinamica
fra i due interpreti), è la cosa meno prevedibile del film, al quale sarebbe
forse servito un regista più esperto e meno improvvisato (nel senso che intende Flaubert quando parla dell'erudizione di Bouvard e Pécuchet) per
affermare con più forza ed energia la propria visione di una vita da azzerare e
ricominciare.
…Grande merito di Battiston averci
stimolato a riprendere in mano questo libro della seconda metà dell’Ottocento,
esilarante come pochi. Sembra impossibile sia stato scritto dallo stesso autore
di Madame Bovary e L’educazione sentimentale.
Bouvard e Pécuche, due impiegati (scrivani) si conoscono su una panchina a
Parigi, si frequentano, confidandosi e completandosi per tre anni, finché non
vanno a vivere in campagna, vicino a Chavignolles (Normandia). Di qui una serie
di disavventure che farebbero desistere chiunque, ma non loro. Perché il vero
grande viaggio sarà quello nello scibile umano. Studiano di tutto, dalla
chimica alla medicina, dall’archeologia alla filosofia, dalla letteratura alla
sociologia. Tutto questo sapere però non basta a cambiare il mondo e alla fine
del libro (che rimane incompiuto) si intuisce che i due torneranno a fare gli
scrivani. Questo in base agli appunti di Flaubert, per cui non si è del tutto
sicuri.
Giuseppe Battiston e Rolando Rovello
Bell’operazione quella di Giuseppe
Battiston che, curando anche la sceneggiatura, ha riadattato i due
strampalati personaggi a una dimensione attuale. Ne ha mantenuto la freschezza,
la spontaneità, il candore. Non a caso, Flaubert era un grande ammiratore
del Candido di Voltaire, che trovava geniale
soprattutto nella fine: “Dobbiamo coltivare il nostro
giardino”. Continueranno i due Fausto a coltivare il loro?
Città campagna
Oltre al tema dell’amicizia di due
personaggi così dissimili (un Fausto sopra le righe e l’altro ripiegato su di
sé), Io vivo altrove! (What a life! Il titolo internazionale)
riprende quello del contrasto tra città e campagna nell’immaginario di
chiunque. I due fuggono dalla Parigi caotica di Flaubert
(nell’Ottocento!) e dalla Roma di oggi, dove la biblioteca di Biasutti si
affaccia su un cavalcavia congestionato e facciate di palazzi popolari.
La prospettiva bucolica di Chavignolles, e nel film di Valvana, alla quale
non si vuole sottrarre neanche un grammo di ebbrezza, è mitizzata al punto di
non vedere le difficoltà che si sommano. Almeno nei loro comportamenti.
Ciascuno vuole tenere vivo l’ardore dell’altro e forse anche il proprio, pur
sapendo quanto la realizzazione del sogno sia inferiore alle aspettative. Se
non altro quando devono vendere parte della proprietà per mantenersi.
In un saggio introduttivo a Bouvard e Pécuche di Flaubert, Sebastiano Vassalli
sostiene che la letteratura ha ritenuto i due amici per troppo tempo stupidi,
come la vita. Stupida come la vita, dice Flaubert
a proposito della conclusione di Candido. Mentre in
realtà hanno avuto il grande merito di svelare l’esagerata fiducia nei
confronti del progresso dell’epoca in cui Flaubert scriveva.
Chissà se Giuseppe Battiston lo ha letto! Certo gli atteggiamenti naive di
Fausto e Fausto rasentano la stoltezza. Ma non farebbero ridere e pensare, se
non rappresentassero così smaccatamente il mito della semplicità, comprese le
buone cose di pessimo gusto (la casa ereditata dalla nonna, per esempio)
in cui tanta letteratura, tanto cinema, tanto intellettualismo credono di
potersi rifugiare, senza pagare nessun prezzo.
…Il film di Battiston cerca un delicato
equilibrio tra il serio e il faceto, tra il buffo e l'amaro, e forse vuole
essere agrodolce. Ciò è praticamente raggiunto. Dove io invece andrei più cauto
è la ricerca della battuta umoristica, della gag, qui gli scivoloni nella farsa
e nello scontato sono dietro l'angolo. La pellicola non vi cade del tutto, ma
qualche volta barcolla quando cerca di provocare la risata.
Una curiosità. D'accordo che è
un'opera quasi interamente ambientata in una comunità rurale del Friuli, ma non
ci compaiono neanche di striscio cellulari, internet, e simili. In generale, mi
pare che il film spezzi una lancia per i valori umani tradizionali e un modello
di vita più tranquillo e non dipendente dalla tecnologia. Inoltre, compaiono i
dischi in vinile e persino un vecchio juke-box, che fa tanta nostalgia.
Al di là di tutto, la visione è
gradevole, non annoia mai, e ci regala situazioni e personaggi originali. Oltre
a ciò vengono sempre evitati lo scurrile, il greve, e il cinico, e questo io
l'apprezzo molto.
L'ho visto al festival del
cinema italiano di San Pietroburgo, in una sala grande piena per tre quarti, il
che farà certamente piacere a Battiston.
Film delicato, e già perciò prezioso. In punta di
piedi, veniamo portati in un luogo dove la tecnologia non ha fagocitato l'uomo,
ma ne è ancora alleata (trattore, auto da 4 soldi, ma senza trappole per la
sorveglianza digitale, e poco altro). Operazione lodevole, per rammentarci cosa
stiamo perdendo come umani e società.
Altrove può essere un luogo, o un sentire. In questo caso, è
entrambi. I nostri protagonisti sono fuori dal loro tempo: usano fotocamere a
pellicola, cartine stradali, e si danno del lei. La loro fuga li porterà a una
vita dimenticata, in un "altrove" che un modo differente di rapportarsi
a se stessi e al prossimo…
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