martedì 7 gennaio 2025

Nosferatu – Robert Eggers

Nosferatu, il conte Orlok, è alla ricerca di Ellen, ed Ellen, nei suoi sogni, e premonizioni, lo aspetta.

è una lotta senza quartiere contro il mostro, due esperti, uno nella scienza, l'altro nell'occulto, aiutano Ellen.

il mostro, davvero terribile, non è tanto bravo nelle questioni diplomatiche, il suo obiettivo lo ricerca e lo ottiene a qualsiasi costo. 

tutti gli attori sono bravi, alcuni molto bravi.

non sono molte le scene che ti fanno sobbalzare, ma il livello di inquietudine è alto e crescente, senza pietà.

un film che merita, secondo me.

buona (paurosa) visione - Ismaele

 

 

 

 

 

 

…Eggers fa una cosa che lo salva, innanzitutto: fa cinema. Imposta le fondamenta dei suoi progetti col piglio del documentarista, sì, ma fa ancora cinema, che mette una costruzione tecnico-estetica e dell’atmosfera davanti a tutto. E quello che fa in Nosferatu è tornare alle origini dell’orrore: rimettere tutto in discussione, svuotare il suo bicchiere di conoscenza da tutto ciò che è stata la figura del vampiro (e non solo) nei tempi moderni, tornare alle storie folkloristiche di una volta, e raccontarci quelle paure originali: il male puro, i bisogni e i sentimenti più basici e quotidiani, le superstizioni contro la scienza. L’immaginazione popolare. È una roba completamente fuori da ogni logica commerciale odierna, ma che miracolosamente funziona al botteghino metà per coincidenze culturali imperscrutabili, e l’altra metà perché di nuovo, Eggers non dimentica mai che un film è un film: non è un libro, non è una lettera aperta, non è un servizio di SuperQuark. Non c’è nessun motivo per tenere segreto l’aspetto del Conte Orlok, come ha deciso di fare il marketing, anche se nel film è in gran parte lasciato avvolto nella fitta penombra: c’è che non è roba da pupazzetti, e fuori contesto rischierebbe di non essere capito perché, come dice George più su, più di tanto non gli interessa essere iconico. Il resto è lo spettacolo di tornare alle origini del mestiere, come se si stesse ricostruendo la vera fonte di Dracula e non la sua più nota versione alternativa, e creare l’orrore con gli ingredienti del pacchetto base: le luci, le ombre, le sagome. Il sudore, le convulsioni, il terrore letto in faccia. Le paranoie, le leggende, le suggestioni, la scienza che sapeva troppo poco per sembrare affidabile. I movimenti di macchina semplici e diretti, la gestione dei tempi. La solitudine che porta alla follia, in tanti modi diversi. La figa, di cui un singolo pelo è capace di possedere una potenza di trazione superiore a quella di un carro di buoi. Io sono contento. Lo aspettavo da più di 30 anni…

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…si arriva al canone che Eggers stravolge di più: la sessualità. La figura del vampiro, nel cinema così come nella letteratura, è associata a una sensualità e a una bellezza che allontana queste creature occulte dagli essere umani. La loro sete di sangue è un impulso carnale, libero e senza freni, è la rappresentazione perfetta del desiderio che ha già dato spunto a molti registi prima di lui. Tanto che da sempre rappresentano metafore perfette per le storie codificate come queer: basti pensare al Dracula di Bram Stoker portato sullo schermo da Francis Ford Coppola, o alla saga letteraria (e seriale) di Intervista con il vampiro. Il rifiuto dei mostri è il rifiuto alla tentazione, il rifiuto a ciò che è alieno alla società. Cedere al vampiro non significa soccombere, ma scegliere di offrire il proprio collo ai suoi denti affilati, scegliere di vivere in libertà e alienati dalle convenzioni, scacciare via il senso di vergogna. La sessualità è il mezzo con cui Ellen afferma, ancora una volta, di non voler essere ingabbiata nelle rigide regole sociali. Tanto che è lei a dire al conte: “Come to me”. La sessualità di Eggers è sporca, lui rende ancora più mostruoso l’aspetto del conte Orlock che non si limita a succhiare dal collo della sua vittima, ma, durante l’amplesso, sembra quasi mangiare il petto di Ellen e da lì bere tutto il suo sangue.

Robert Eggers ha qualcosa di nuovo da dire con il suo Nosferatu, pur aderendo a dei canoni già noti. E forse, rovesciando i ruoli dei protagonisti, è l’unica visione possibile al giorno d’oggi.

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…e tutto si origina dentro la mente di una donna, allora come deve essere visto il Nosferatu di Robert Eggers? La risposta è dietro l’angolo: in chiave moderna femminista. Già, perché Nosferatu di Eggers non è altro che il racconto gotico e sofferente di Ellen Hutter che tenta di esprimere il suo tormento ossessivo verso il terribile vampiro invaghito di lei senza chiedere aiuto. È solo attraverso la solitudine straziata della moglie Hutter che il film di Eggers acquista un significato, una psicoanalisi che gira su sé stessa con tanto di belle performance attoriali – una vera prova di afflizione quella di Lily-Rose Depp e una sorpresa Bill Skarsgård con un lavoro di make-up e voce ben curati ‒ e qualche dettaglio che si aggiunge e a volte si toglie rispetto alla prima versione.

Il film non ha rilevanza se lo si guarda dal punto di vista del Conte Orlok. Di sicuro si rimane delusi: avrete visto solo la storia e un sub plot posizionato lì per aggiungere un tono più drammatico, scene horror che tengono con il fiato sospeso il tempo che serve per passare alla scena successiva e niente di più.

La tortura psicotica per essere vissuta appieno nel film esige il punto di vista femminile. Se si entra in punta di piedi nella soggettiva di Ellen Hutter, allora il nuovo Nosferatu merita tanto.

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Questo è un film in cui avvengono cose spaventose e ad essere raccontato è l’avanzare inesorabile di qualcosa di disumano ai danni degli uomini. Un film il cui obiettivo non è l’arco narrativo ma creare un'atmosfera nella quale immergere gli spettatori, fino a che lo stato di tensione e timore in cui si trovano non li scopra, rendendo la loro sensibilità più accessibile.

Per riuscirci Robert Eggers rifiuta il realismo, ogni fotogramma sembra dipinto al computer, stilizzato come una graphic novel di un artista contemporaneo. È una messa in scena di eccezionale capacità evocativa, basta vedere solo i sogni di cui il film è pieno (nella versione di Murnau non li vedevamo, in quella di Herzog erano accennati, qui invece sono una parte cruciale). La luce notturna di quei sogni è impossible, lunare, chiara e netta che non annulla il nero profondo che avvolge ciò che non è illuminato. Eggers conosce molto bene la bellezza di cui il cinema è capace, l'armonia della messa in scena e della composizione, e questo è un film “bello” in una maniera sua.

In tutto questo Lily-Rose Depp, nella parte di Ellen, è ottimamente diretta e non si risparmia fisicamente, sostenendo l’idea che anche Ellen, come Nosferatu, sia un essere che esiste a partire dal proprio corpo. Invece il principale contributo di Bill Skarsgard al suo Nosferatu è questa voce/effetto sonoro. Tuttavia è Willem Dafoe, nel ruolo dell’equivalente di Van Helsing (qui un esperto di occulto) a reggere la solennità di questo grande racconto dell'occulto. La sua capacità di suggerire la presenza di qualcosa di ultraterreno e terribile solo con lo sguardo, il timore e il tono della voce è mirabile.

In omaggio alla tradizione del film non mancano i giochi d’ombre che citano l’era del muto e (per fortuna) Eggers non scappa dall’ambiguità del finale, quella che non nega quanto Nosferatu sia il mostro, la minaccia e il male che avanza, da scacciare per ristabilire l’ordine nel mondo, ma afferma anche Ellen non è vittima e basta, lei è la condanna di Nosferatu, la maledizione a cui lui è destinato. E questo avviene in un finale tradizionale negli eventi ma magniloquente, come tutto il film, nella resa.

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Nosferatu è così pauroso come lo hanno dipinto il marketing e alcune delle critiche provenienti da oltreoceano prima dell’arrivo in Europa?

No. Per niente.

Nonostante la macchina da presa lavori sull’accumularsi della tensione grazie all’indolenza del movimento, agli spazi invisibili ma immaginabili, all’addensarsi delle zone d’ombra, la paura si riassume unicamente in inserti non appartenenti alla continuità della scena (dislocati diceva il buon Christiàn e tutti quelli che si guardano bene dall’avvicinarsi a questo blog, ossia i dotti), in cui un primo piano mostruoso si palesa improvvisamente in un flash, insieme a strida, urla belluine e impulsi sonori. Il classico Buh! che un po’ si chiama come me e un po’ anche come la sezione dei film in uscita su questo blog (vedi sotto) e che ormai sapete quanto mi faccia incazzare. Eppure tutti lo fanno. Forse perché non lo sanno. O forse proprio perché lo sanno, chi lo sa? Comunque, veramente tutto troppo facile. Non è altro che una scorciatoia di comodo. Se sei considerato un autore horror di sicuro avvenire, puoi anche sforzarti di costruire, di rendere satura l’atmosfera, di orchestrare la messa in scena con quei due tre accorgimenti che rendono un film dell’orrore un vero gioiello e non una produzione grossolana. Come dicevamo qualche tempo fa? Da palinsesto pomeridiano di Italia 1.

Ok, bene, ma alla fine, facci capire, ‘sto Nosferatu t’è piaciuto o no?

E chi lo sa? È da due giorni che ci penso. Qualcosa sì, altro no, come forse avrete arguito leggendo. La vita d’altronde è fatta di sfumature, mica tutto è bianco o nero. Solo una cosa lo è entrambe e ultimamente mi dà tante preoccupazioni. E anche molta rabbia.

da qui

 

 


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