Nosferatu, il conte Orlok, è alla ricerca di Ellen, ed Ellen, nei suoi sogni, e premonizioni, lo aspetta.
è una lotta senza quartiere contro il mostro, due esperti, uno nella scienza, l'altro nell'occulto, aiutano Ellen.
il mostro, davvero terribile, non è tanto bravo nelle questioni diplomatiche, il suo obiettivo lo ricerca e lo ottiene a qualsiasi costo.
tutti gli attori sono bravi, alcuni molto bravi.
non sono molte le scene che ti fanno sobbalzare, ma il livello di inquietudine è alto e crescente, senza pietà.
un film che merita, secondo me.
buona (paurosa) visione - Ismaele
…Eggers
fa una cosa che lo salva, innanzitutto: fa cinema. Imposta le fondamenta dei
suoi progetti col piglio del documentarista, sì, ma fa ancora cinema, che mette
una costruzione tecnico-estetica e dell’atmosfera davanti a tutto. E quello che
fa in Nosferatu è tornare alle origini dell’orrore:
rimettere tutto in discussione, svuotare il suo bicchiere di conoscenza da
tutto ciò che è stata la figura del vampiro (e non solo) nei tempi moderni,
tornare alle storie folkloristiche di una volta, e raccontarci quelle paure
originali: il male puro, i bisogni e i sentimenti più basici e quotidiani, le
superstizioni contro la scienza. L’immaginazione popolare. È una roba
completamente fuori da ogni logica commerciale odierna, ma che miracolosamente
funziona al botteghino metà per coincidenze culturali imperscrutabili, e
l’altra metà perché di nuovo, Eggers non dimentica mai che un film è un film:
non è un libro, non è una lettera aperta, non è un servizio di SuperQuark. Non
c’è nessun motivo per tenere segreto l’aspetto del Conte Orlok, come ha deciso
di fare il marketing, anche se nel film è in gran parte lasciato avvolto nella
fitta penombra: c’è che non è roba da pupazzetti, e fuori contesto rischierebbe
di non essere capito perché, come dice George più su, più di tanto non gli
interessa essere iconico. Il resto è lo spettacolo di tornare alle origini del
mestiere, come se si stesse ricostruendo la vera fonte di Dracula e non la sua
più nota versione alternativa, e creare l’orrore con gli ingredienti del
pacchetto base: le luci, le ombre, le sagome. Il sudore, le convulsioni, il
terrore letto in faccia. Le paranoie, le leggende, le suggestioni, la scienza
che sapeva troppo poco per sembrare affidabile. I movimenti di macchina
semplici e diretti, la gestione dei tempi. La solitudine che porta alla follia,
in tanti modi diversi. La figa, di cui un singolo pelo è capace di possedere
una potenza di trazione superiore a quella di un carro di buoi. Io sono
contento. Lo aspettavo da più di 30 anni…
…si arriva al
canone che Eggers stravolge di più: la sessualità. La figura del vampiro, nel
cinema così come nella letteratura, è associata a una sensualità e a una
bellezza che allontana queste creature occulte dagli essere umani. La loro sete
di sangue è un impulso carnale, libero e senza freni, è la rappresentazione
perfetta del desiderio che ha già dato spunto a molti registi prima di lui.
Tanto che da sempre rappresentano metafore perfette per le storie codificate
come queer: basti pensare al Dracula di Bram Stoker portato
sullo schermo da Francis Ford Coppola, o alla saga letteraria (e seriale) di Intervista
con il vampiro. Il rifiuto dei mostri è il rifiuto alla tentazione,
il rifiuto a ciò che è alieno alla società. Cedere al vampiro non significa
soccombere, ma scegliere di offrire il proprio collo ai suoi denti affilati,
scegliere di vivere in libertà e alienati dalle convenzioni, scacciare via il
senso di vergogna. La sessualità è il mezzo con cui Ellen afferma, ancora una
volta, di non voler essere ingabbiata nelle rigide regole sociali. Tanto che è
lei a dire al conte: “Come to me”. La sessualità di Eggers è sporca, lui rende
ancora più mostruoso l’aspetto del conte Orlock che non si limita a succhiare
dal collo della sua vittima, ma, durante l’amplesso, sembra quasi mangiare il
petto di Ellen e da lì bere tutto il suo sangue.
Robert Eggers ha
qualcosa di nuovo da dire con il suo Nosferatu, pur aderendo
a dei canoni già noti. E forse, rovesciando i ruoli dei protagonisti, è l’unica
visione possibile al giorno d’oggi.
…e
tutto si origina dentro la mente di una donna, allora come deve essere visto
il Nosferatu di Robert Eggers?
La risposta è dietro l’angolo: in chiave moderna femminista. Già, perché Nosferatu di Eggers non
è altro che il racconto gotico e sofferente di Ellen Hutter che
tenta di esprimere il suo tormento ossessivo verso il terribile vampiro
invaghito di lei senza chiedere aiuto. È solo attraverso la solitudine
straziata della moglie Hutter che il film di Eggers acquista
un significato, una psicoanalisi che gira su sé stessa con tanto di belle
performance attoriali – una vera prova di afflizione quella di Lily-Rose
Depp e una sorpresa Bill
Skarsgård con un lavoro di make-up e voce ben curati ‒
e qualche dettaglio che si aggiunge e a volte si toglie rispetto alla prima
versione.
Il
film non ha rilevanza se lo si guarda dal punto di vista del Conte
Orlok. Di sicuro si rimane delusi: avrete visto solo la storia e
un sub plot posizionato lì per aggiungere un tono più
drammatico, scene horror che tengono con il fiato sospeso il tempo che serve
per passare alla scena successiva e niente di più.
La
tortura psicotica per essere vissuta appieno nel film esige il punto di vista
femminile. Se si entra in punta di piedi nella soggettiva di Ellen
Hutter, allora il nuovo Nosferatu merita
tanto.
…Questo è un film in cui avvengono cose spaventose e ad
essere raccontato è l’avanzare inesorabile di qualcosa di disumano ai
danni degli uomini. Un film il cui obiettivo non è l’arco narrativo ma creare
un'atmosfera nella quale immergere gli spettatori, fino a che lo stato di
tensione e timore in cui si trovano non li scopra, rendendo la loro sensibilità
più accessibile.
Per riuscirci Robert Eggers rifiuta
il realismo, ogni fotogramma sembra dipinto al computer, stilizzato come
una graphic novel di un artista contemporaneo. È
una messa in scena di eccezionale capacità evocativa, basta vedere solo i sogni
di cui il film è pieno (nella versione di Murnau non li vedevamo, in quella
di Herzog erano accennati, qui
invece sono una parte cruciale). La luce notturna di quei sogni è impossible,
lunare, chiara e netta che non annulla il nero profondo che avvolge ciò che non
è illuminato. Eggers conosce molto bene la bellezza
di cui il cinema è capace, l'armonia della messa in scena e della composizione,
e questo è un film “bello” in una maniera sua.
In tutto questo Lily-Rose Depp, nella
parte di Ellen, è ottimamente diretta e non si risparmia fisicamente,
sostenendo l’idea che anche Ellen, come Nosferatu, sia un essere che esiste a
partire dal proprio corpo. Invece il principale contributo di Bill Skarsgard al suo Nosferatu è questa voce/effetto sonoro. Tuttavia
è Willem Dafoe, nel ruolo dell’equivalente di Van Helsing
(qui un esperto di occulto) a reggere la solennità di questo grande racconto
dell'occulto. La sua capacità di suggerire la presenza di qualcosa di
ultraterreno e terribile solo con lo sguardo, il timore e il tono della voce è
mirabile.
In omaggio alla tradizione del film non
mancano i giochi d’ombre che citano l’era del muto e (per fortuna) Eggers non
scappa dall’ambiguità del finale, quella che non nega quanto Nosferatu sia
il mostro, la minaccia e il male che avanza, da scacciare per ristabilire
l’ordine nel mondo, ma afferma anche Ellen non è vittima e basta, lei è la
condanna di Nosferatu, la maledizione a cui lui è destinato. E questo avviene
in un finale tradizionale negli eventi ma magniloquente, come tutto il film,
nella resa.
…Nosferatu è
così pauroso come lo hanno
dipinto il marketing e alcune delle critiche provenienti da oltreoceano prima
dell’arrivo in Europa?
No. Per niente.
Nonostante la macchina da presa lavori sull’accumularsi
della tensione grazie all’indolenza del movimento, agli spazi invisibili ma
immaginabili, all’addensarsi delle zone d’ombra, la paura si
riassume unicamente in inserti non appartenenti alla continuità della scena (dislocati diceva
il buon Christiàn e tutti quelli che si guardano bene dall’avvicinarsi a questo
blog, ossia i dotti), in cui un primo piano mostruoso si palesa improvvisamente
in un flash, insieme a strida, urla belluine e impulsi sonori. Il classico
Buh! che un po’ si chiama come me e un po’ anche come la sezione
dei film in uscita su questo blog (vedi sotto) e che ormai sapete quanto mi
faccia incazzare. Eppure tutti lo fanno. Forse perché non lo sanno. O forse
proprio perché lo sanno, chi lo sa? Comunque, veramente tutto troppo facile. Non
è altro che una scorciatoia di comodo. Se sei considerato un autore horror di
sicuro avvenire, puoi anche sforzarti di costruire, di rendere satura
l’atmosfera, di orchestrare la messa in scena con quei due tre accorgimenti che
rendono un film dell’orrore un vero gioiello e non una produzione grossolana.
Come dicevamo qualche tempo fa? Da palinsesto pomeridiano di Italia 1.
Ok, bene, ma alla fine, facci capire, ‘sto Nosferatu t’è
piaciuto o no?
E chi lo sa? È da due giorni che ci penso. Qualcosa sì,
altro no, come forse avrete arguito leggendo. La vita d’altronde è fatta di
sfumature, mica tutto è bianco o nero. Solo una cosa lo è
entrambe e ultimamente mi dà tante preoccupazioni. E anche molta rabbia.
Nessun commento:
Posta un commento