Kad Merad (che interpreta Lino Massaro) è l'attore perfetto per il ruolo di un avvocato che lascia tutto per vivere un'altra vita, malato di follia dei sentimenti.
non ne può più della vita di successo e di menzogne, e fugge, calandosi ogni volta nei panni di un'altra persona .
ed è molto convincente, tutti ci credono, che Lino sia un suonatore di tromba o un regista di film porno.
un film "libero", di quelli che non ti aspetti, e per questo vale molto.
solo in una cinquantina di sale cinematografiche, da non perdere.
buona (folle) visione - Ismaele
…Come sempre (o quasi) con l'occhio attaccato dietro
l'oculare della camera ("perché Van Gogh non cedeva il pennello ad
altri") e con la partecipazione nei confronti degli attori a cui non fa
leggere tutta la sceneggiatura ma che segue ovunque. Di lui Jean-Claude Brialy
ha detto: "Come un amante appassionato segue in permanenza i suoi attori
con la sua macchina da presa. È sempre con voi, vi sbagliate di porta,
rientrate in un armadio a muro e la macchina da presa è già nell'armadio! E se
questo imprevisto gli piace lo mette nel film."
In questa occasione il titolo potrebbe far pensare ad un'opera intesa come
ultima ma il senso che lui gli dà non è quello. È semmai quel senso di
liberazione che la parola contiene, quel 'finalmente' potersi esprimere senza
quei vincoli che la società impone o cerca di imporre. In prossimità della fine
se ne trova l'esempio più provocatorio e sottile.
C'è però indubbiamente il piacere del citarsi, del ricordare, magari inserendo
in un dialogo un titolo di un suo film, che la follia dei sentimenti è
un'affezione che ben conosce e di cui non si vuole affatto liberare. Così come
vuole tenere vivo il ricordo non solo di un attore ma anche di un amico
chiamando il suo protagonista Lino e omaggiando in più di un'occasione il Lino
Ventura protagonista del memorabile L'avventura è l'avventura (a tal proposito lasciate anche
scorrere tutti i titoli di coda).
Ma, da uomo di cinema a 360° qual è, non cita solo sé stesso e le proprie
opere. Ad un certo punto diventerà centrale un film di un altro autore. Sarà
interessante e anche curioso scoprirne il perché.
…A volerla sintetizzare, la trama di Finalement dice
tutto e niente, il che permette di capire quanto il cinema di Lelouch,
orizzontale per la sensibilità popolare e verticale per l’autorevolezza dello
sguardo, sia arrivato a un punto in cui può astenersi dall’incasellare,
rinunciare al dovere didascalico, pretendere che le linee procedano in modo
retto anziché curvando.
Come già nei suoi ultimi film, Lelouch prende per mano le
presenze care del suo cinema, che siano quelle che hanno camminato a lungo con
lui (Aimée e Trintignant o Johnny Hallyday, la stessa Fabian) o le più recenti
(Sandrine Bonnaire, Elsa Zylberstein, Michel Boujenah, Clementina Célarié), e
le accompagna in un gioco in cui riannodare i fili per slegarli un attimo dopo,
trovando ancora una volta nella musica la chiave d’accesso per dare un senso
all’incomprensibile. La folie des sentiments, appunto, come
recita il sottotitolo iniziale poi messo da parte, come una delle canzoni che
intona Barbara Pravi, che porta il film nel musical: che piacere, che levità,
che spessore.
…Lino Massaro è un avvocato di successo in preda a una crisi
profonda, forse dovuta a un’incipiente demenza lobo frontale. La verità è che
non è soddisfatto più della sua vita, il lavoro, la famiglia, i rapporti. Tutto
gli sembra menzogna e tutto gli sta stretto, come un paio di scarpe troppo
piccole. Perciò decide di partire e di far perdere le proprie tracce. Inizia un
lungo vagabondaggio da Mont Saint-Michel ad Avignone, facendosi passare di
volta in volta per prete scomunicato, regista di film porno, trombettista
dilettante… Nel frattempo la moglie, i figli, la madre, gli amici si affannano
nelle ricerche. Ma è tutto vero o si tratta in gran parte di sogni, di fantasie
allucinate? Poco importa, perché in questa favola musicale, come viene definita
sin dai titoli di testa, saltano completamente gli equilibri di scrittura e le
connessioni logiche tra gli accadimenti. Finalement procede
per scene slegate, momenti ritmici autonomi e poi giustapposti, come una libera
improvvisazione jazz. Si disperde nelle svolte imprevedibili della trama, a
volte davvero assurde, in frammenti di storie secondarie che sono altrettanti
film in potenza, appena accennati (lo sbarco in Normandia, la storia della
piccola ebrea salvata dalla portinaia), in momenti completamente assorbiti
dalle note e dalle parole di una canzone, in schegge di musica e di teatro. E
di cinema, ovviamente. Che viene in ogni istante citato, interpretato, rimontato. Amato. Dai discorsi su I ponti
di Madison County e La grande illusione, allo splendido, strampalato omaggio a
Lino Ventura, che contorte nelle vicende di Finalement è
il padre del protagonista, un vecchio gangster morto in carcere. E che riappare
grazie alle immagini di L’aventure c’est l’aventure,
insieme Aldo Maccione, Jacques Brel, Charles Denner, e di La bonne année (Una donna e una canaglia),
insieme a Françoise Fabian, che non a caso qui è la madre di Lino Massaro. È la
trovata di Claude Lelouch per riattraversare il proprio cinema, per rimetterne
in gioco i volti, i corpi, gli umori, i toni. Così, pur se gran parte del film
si regge sull’interpretazione di Kad Merad, è il regista il vero mattatore.
Preso dalla smania di abbracciare tutto il suo modo, di offrirlo, ancora una
volta, agli spettatori, si abbandona a una foga che può anche essere retorica,
con gli infiniti momenti a cuore aperto, con tutte le frasi a effetto: “conta solo amare ed essere amati”, “l’amicizia è l’amore senza i casini”, “meglio aver noie che la noia”. Il risultato può
anche sembrare squilibrato, caotico. Ma più di una volta ci regala un sorriso e
una lacrima. Non è ancora la fine.
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