mercoledì 4 settembre 2024

Pizza connection – Damiano Damiani

Michele Placido al meglio fa il mafioso, in un film che è sul Potere, e quindi anche sulla Mafia.

Damiano Damiani conferma di essere un bravo regista, con una sceneggiatura che non ti fa annoiare un momento.

la storia ha tutto quello che serve, il bravo giudice, la mafia in giacca e cravatta, l'amore del fratello per la prostituta bambina.

non perdetevelo.

buona (mafiosa) visione - Ismaele

 

 

QUI si può vedere il film completo

 

 

 

Il film di Damiani soffre di qualche lungaggine melodrammatica, come l'amore di Michele per Cecilia (Simona Cavallari), una quattordicenne che viene fatta prostituire dalla madre, o i dubbi del procuratore capo Santalucia (Massimo De Francovich) sulla reale onesta' del suo defunto padre, anch'egli magistrato. Ma tolte queste irrilevanti pecche che non riescono a minare il lavoro di Damiani, PIZZA CONNECTION può contare su un Placido eccezionale, affiancato da comprimari perfetti e su un confronto tra i due protagonisti degno di una tragedia biblica. Ritmo serratissimo e sequenze indimenticabili, come quella dell'attentato, veramente drammatica e impressionante. Quella che qui e' finzione, sette anni dopo diverrà tragica realtà. Finale forse prevedibile e telefonato, ma di grande impatto. Come già detto cast impeccabile, ma mi sento di menzionare l'esordiente Simona Cavallari, all'epoca appena quattordicenne, tanto brava e intensa, quanto bellissima.

da qui

 

Un gran bel film di mafia, per quanto risentisse di una matrice artigianal commerciale da tv, come da prassi negli sventurati anni ’80. Il realismo e la freschezza sono illuminanti, nella loro verità tragica.

Il protagonista è il fratello minore di Placido, ben interpretato da uno sconosciuto Mark Chase: indignato, genuino, non si piega all’orrore. Non vuole uccidere il cavallo, dato che non ne ha nessuna motivo; ma neppure vuole uccidere l’uomo, per analoghi motivi di umanità. Sono gli stessi per i quali ha perso il lavoro: non era disonesto. Il pescivendolo viene ucciso perché è onesto: non vuole pagare il pizzo.

Damiani, che qui compone soggetto e sceneggiatura, va al cuore del problema, che è del potere di sempre, in gran parte, e non solo di quello mafioso; chi ha dei valori morali proprio per questo non  fa carriera. La carriera la fa chi non vuole averne, e proprio perché non ne vuole avere.

L’altro esempio è il giudice: roso dal sospetto che il padre fosse corrotto, lui non vuole esserlo. Proprio per questo viene massacrato. A colpi di bazooka, in pieno centro, con apoteosi di barbarie, che purtroppo la realtà non ha visto limitata alla sola fiction. Straordinario il dialogo in cui il giudice si rifiuta di accondiscendere alla proposta del suo sottoposto, una proposta tradizionale e vincente: far affari con certi criminali, avvantaggiandoli, pur di avere quelle informazione e quell’appoggio che sono indispensabili per fermare alti criminali, che al momento appaiono ancor più importanti da fermare. Ingiustizia fomentata dallo stato, pur di fermare altra ingiustizia. Pagherà questa insensatezza il giudice, ma soprattutto per questo: attaccherà i politici e i ricchi, quei piani alti che consentono protezione a Cosa nostra. Il giudice  può dire: «È il giudice a dover sempre essere scortato: qui sembra lui il vero delinquente».

Il film mostra bene poi la disinvoltura con cui la mafia era penetrata, ed era stata lasciata penetrare con modalità corrotte, nello Stato, condizionandolo e guidandolo. La tattica del “corvo”, dell’informatore della mafia in seno alle istituzioni, è resa bene. Così come i vari livelli di potere: indecifrabili, ma se ne sa abbastanza perché ognuno sappia che dev’essere disonesto e fare la sua parte nel male. Solo così potrà continuare a prosperare.

Splendida anche la storia d’amore, pulita, che segna subito un’impennata nella tagliente sceneggiatura: la minorenne che si deve prostituire per volere della madre e del patrigno, solo per pagare l’eroina la fratello maggiore, prediletto. Un orrore, consumato in modo abitudinario, nella più corsiva quotidianità dell’ignoranza e del degrado, da cui si riscatta solo il protagonista, pronto a rischiare di tutto. Il che è un emblema dell’unica soluzione: i valori morali seri sono l’unica diga contro la violenza, che altrimenti non può che prevalere.

da qui

 

Muy buen polizziesco ochentero con logrados toques dramáticos. La trama mantiene en vilo al espectador en todo momento; el conflicto entre los hermanos (que se quieren pese a ser incompatibles), el idilio entre el inocente Michele y la atormentada adolescente Cecilia, las intrigas en el seno de la Mafia y el retrato del Palermo de aquellos años consiguen crear un interés creciente no sólo para los seguidores habituales del género, sino también para un público más vasto. El en Italia bastante conocido actor Michele Placido, que interpreta a Mario, dirigió más de 20 años después la también muy interesante “Romanzo Criminale” (2008). Por su parte el joven Mark Chase (que da vida a Michele) tiene curiosamente un notable parecido físico con José Luis Manzano, el protagonista de „El Pico“ y otros productos del cine quinqui de Eloy de la Iglesia.

No obstante, la historia de “Pizza Connection” filmada por Damiano Damiani no tiene nada que ver con la auténtica Pizza Connection (sucesora mediática de la “French Connection”) que existió en los años setenta y fue desbaratada poco antes del estreno de ésta película; la red de contrabando de droga que funcionaba importando a Sicilia opio procedente de Turquía para procesarlo en laboratorios de la isla italiana, transformándolo en heroína que a su vez era exportada a los EEUU y distribuída desde pizzerías neoyorkinas que hacían las veces de tapaderas.

Aunque no está basada en la historia real, la película merece ser vista.

da qui

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