un film d'altri tempi, ed è un complimento.
nella provincia profonda, appare, sembra, il diavolo.
e le cose non sono come sembrano, altrimenti sarebbe troppo facile, no?
una storia piccola, di bambini, e di diavoli con panni di bambini, pare, ma meglio dubitare.
tensione e colpi di scena, come si deve.
buona (diabolica) visione - Ismaele
QUI il film
completo, su Raiplay
…La messa in scena di Avati è
perfetta, con il suo inconfondibile stile visuale a dare eleganza e
raffinatezza alle immagini. Il mistero è fitto e più si procede nel film più si
creano risolti sinistri. Il titolo - che pure, come si apprende dalla visione,
ha una spiegazione molto azzeccata - potrebbe far pensare a qualcosa di
diverso, più leggero, ma questo è un horror di grande cupezza che non si
risparmia per andare in fondo alla sua tematica gettando uno sguardo filosofico
e pessimista sulla natura umana e sul suo rapporto con il trascendente.
Senza bisogno di ricorrere a particolari
effetti raccapriccianti e mantenendo ferma la propria cifra autoriale
inconfondibile che lo rende unico nel panorama anche horror, Avati racconta una
storia che avvince, interessa, sorprende e alla fine lascia un salutare senso
di disagio…
…Il comparto degli effetti speciali è stato affidato ad un
gigante del settore come Sergio Stivaletti e la scelta ha dato i suoi frutti.
La loro realizzazione è di così ottima fattura da
lasciare sgomenti gli spettatori. In un’epoca in cui la CGI la fa da padrona
vedere dei prodotti “fatti a mano” da sapienti artisti riscalda il cuore di
tutti gli appassionati del genere. Proprio in quest’ottica è necessario
sottolineare come Il Signor Diavolo non sia stato risparmiato dalla tecnologia:
l’utilizzo in un paio di circostanze di effetti chiaramente realizzati
al computer stona con l’intera atmosfera e fa storcere il naso
allo spettatore più attento ed esigente. Il cast in stato di
grazia riesce a trasmettere con efficacia al pubblico quel senso
di omertà mista a paura provato dai protagonisti; questi indipendentemente dal
numero di battute a disposizione, riescono a raccontare molto di più grazie al
loro agire e al loro vestiario. Una narrazione che quindi non si
esaurisce alla semplice messa in scena…
… E' un'opera dall'anima
profondamente retrò, al tempo stesso un ritorno ad un nostro cinema che fu ma
anche, più intimamente, una specie di auto-citazione e affermazione di Avati,
di quello che era.
Un horror di provincia, di credenze, di maledizioni,
di gente povera dai pensieri semplici quanto radicati, un genere affrontato da
Pupi più e più volte.
Trovo quasi commovente che un regista così
"anziano" negli anni non sia quasi mai uscito da questo suo
provincialismo, da questo suo attaccamento alle radici e al racconto di
tradizioni e piccole storie…
… Il
diavolo è vivo, e lotta insieme a noi. Almeno questo è ciò che appare ai nostri
occhi ovunque ci giriamo. Dai festival della musica italiana in cui istrioniche
presentatrici vengono accusate di inneggiare a Satana ai corsi su “esorcismo e
preghiera di liberazione” apparsi sul portale del MIUR e prontamente ritirati,
quasi ogni giorno rimbombano nelle nostre orecchie macabri rintocchi di campane
ossidate dal tempo, a ricordarci che, come citava Baudelaire, “la più grande
astuzia del diavolo è farci credere che non esiste”. Ne sa qualcosa Pupi Avati,
l’ottantunenne regista bolognese che apre le porte nientemeno che a Satana nel
suo quarantesimo lungometraggio. Trasferendo idealmente poco più a sud la
provincia in cui è ambientato il film, Il signor Diavolo rappresenterebbe,
geograficamente e narrativamente, il crocevia ideale tra le due ville diroccate
che fanno da sfondo alle vicende narrate negli altri due capolavori horror
rurali di Pupi Avati, La casa dalle finestre che ridono e L’arcano
incantatore…
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