un grande film d'avventura, con dei supereroi loro malgrado (Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto e Giancarlo Martini, nel circo di Giorgio Tirabassi), che combattono la loro guerra per sé e per gli altri.
è ambientato nella Roma dopo il 1943, quando i nazisti spadroneggiavano da par loro.
il film è pieno di citazioni, ma non pesano mai, sono naturali, sono dentro il film, i bravi citano, i mediocri copiano e Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone sono bravi davvero.
il cattivone è Franz (Franz Rogowski, bravo attore tedesco, protagonista di Undine, di Christian Petzold), innamorato di Hitler, pianista e pazzo e assassino che di più non si può.
e poi ci sono i partigiani, a loro modo dei supereroi, a combattere contro l'esercito più potente del mondo.
tutti sono bravissimi, Matilde di più.
non è un film del neorealismo, è più dalle parti del realismo magico.
un film che dà soddisfazione a chi lo guarda al cinema, a casa si perderebbe molto, e poi i nazisti che le prendono è proprio un bel vedere.
i produttori pare abbiano investito 13 milioni di euro, se non coprono almeno i costi col cavolo che investiranno in futuro, è l'economia, e siccome per me è un film che vale, visitate il cinema, non sarete delusi, promesso - Ismaele
…No,
non è un capolavoro Freaks Out. Però è un film che, come il circo che
racconta, riesce allo stesso tempo a farti trepidare, spaventare, commuovere,
impaurirti e indignare, in un crogiuolo di emozioni e sensazioni che i 141
minuti di durata riescono a malapena a contenere. Mainetti non ha
paura di bruciarsi, realizza un film italiano dove finalmente si
vedono i soldi sullo schermo (alla fine è costato 12 milioni di euro, ma
vedendolo sembrano molti di più) e che sa incrociare coraggiosamente il blockbuster con
l'anima intimista, umanista, progressista tutta italiana, lanciando un bel
messaggio pacifista e inclusivo. Come non smetterò mai di ripetere, preferisco
mille volte un film "imperfetto" ma emozionante come questo a uno
stilisticamente impeccabile ma freddo come il ghiaccio. Per me, quindi, è
decisamente un SI'.
…Freaks Out ti catapulta subito nel suo realismo magico
mai ovattato, sempre sporco di morte e sangue. Senza mai cadere nello
sconforto, il film tiene sempre accesi la vitalità e l'ardore che battono forte
nel cuore di Matilde e compagni. Mainetti vuole bene ai suoi freak, lui e
Nicola Guaglianone li caratterizzano in modo convincente (grazie a un cast
molto affiatato nel dipingere queste anime goffe), dando vita una famiglia
disfunzionale tutta battibecchi e piccoli screzi, ma tenuta sempre alla larga
da violenti contrasti interni al gruppo. Il nemico vero è là fuori, e ha nomi,
simboli e icone ben riconoscibili. Insomma: c'è cuore in Freaks Out, ma anche
la sensazione che il film voglia troppo bene ai suoi protagonisti, finendo col
proteggerli troppo senza permettere loro di crescere davvero. Ma per fortuna in
quell'Italia occupata dai veri mostri i veri conflitti non mancavano…
…Sprofondato nel cuore di tenebre della storia, Freaks
Out incarna veramente il tema del peso della responsabilità indotta
dai superpoteri, essenziale nel mito del supereroe e abdicato da tempo dalla
Marvel. Mainetti realizza un film di super-eroi che non si prende mai gioco di
loro, permette ai protagonisti di esistere realmente, non hanno bisogno di
costumi (a parte quelli di scena), mescolandosi nella società come eroi
quotidiani. La figura (super)eroica è soggetto ricorrente del cinema di
Gabriele Mainetti, una variante alternativa e ben più intima dei due
intoccabili giganti Marvel e DC. Genere dominante da più di dieci anni a
Hollywood, una presa di potere che si spiega col contesto ideologico (il dopo
11 settembre), tecnico (l'eccellenza degli effetti speciali) e socioculturale
(l'avvento dei geek), raramente viene realizzato oltre i confini americani. È
probabile che i nostri supereroi resteranno per sempre all'ombra dei rivali
d'oltreoceano, sovralimentati e dopati con spettacolari effetti speciali, è
sicuro che non abbiamo i loro superpoteri ma abbiamo senz'altro le idee…
…Gabriele
Mainetti si prende gioco della storia senza, tuttavia, stravolgerne il finale
come fece, a suo tempo, Tarantino. Si diverte ai danni degli aguzzini,
rivitalizza una Resistenza sporca e cattiva ma sconfigge, infine, il nemico con
le armi della giovane Matilde. Il mio consiglio è di rimanere seduti fino alla
fine dei titoli di coda. I disegni di Franz vi mostreranno il futuro, il nostro
tragico passato, che è così assurdo da sembrare il frutto delle sniffare dei
potenti. La tuta nera con le righe bianche in versione nazista è un gioiello di
beffarda ironia così come la citazione di un anime tanto famoso quanto benevolo
per il regista è simbolo di una macchina spettacolare ed divertente che viaggia
nel futuro e riflette sul passato…
…il secondo film
di Gabriele Mainetti sembra il suo decimo. Gestisce
benissimo una macchina estremamente complicata con tanti personaggi coinvolti
(come in Jeeg anche qui il villain ha problemi non da poco e guadagna
centralità tanto quanto i protagonisti), una resa visiva
sofisticata e la rara capacità di rendere sullo schermo le
immagini di stupefacente sintesi della sceneggiatura con
grande chiarezza (un esempio sui tanti presenti: il saluto nazista fatto
davanti allo specchio che finisce per far schizzare del sangue mentre riflesso
vediamo un quadro di Hitler esprime una visione di
mondo in un paio di secondi). Ma soprattutto ribadisce un’idea di
spettatore altissima, non qualcuno da imboccare e rassicurare, ma
qualcuno con cui divertirsi, a cui poter far vedere di tutto (anche solo per un
paio secondi), sapendo che lo capirà e saprà goderne. Questo film così
americano nell’impianto ma così incredibilmente italiano nello svolgimento,
convenzionale da fuori e poi tutto strano dentro, poteva facilmente essere
giocato in difesa, sul sicuro (visti i soldi spesi), facendo avvenire tutto
quello che si può prevedere come lo si prevede e come lo fanno gli americani,
invece non ha nessuna paura di correre in attacco raccontando una
storia a modo suo, piena di storture e anfratti fuori dal comune in
cui si trova e ci fa trovare perfettamente a nostro agio…
...Nelle
disavventure dei quattro freaks appaiono prevalenti le dinamiche ironiche e
comiche, guardando in particolare al Tarantino di "Bastardi senza gloria" nel tratteggio grottesco dei personaggi, al
Jean-Pierre Jeunet di "Delicassen" (un'altra storia surreale su cui
si posa l'ombra del nazismo, qui ricordato nella fotografia degli interni), ma
soprattutto a un senso dell'intrattenimento spielberghiano. Ai toni della farsa
si intrecciano quelli della tragedia e, come evidenziava l'incipit, per tutto
il film aleggia persistente un'atmosfera buia e plumbea, in cui a dominare sono
la nebbia, il cielo scuro, la morte e le macerie. Questa dicotomia è incarnata
in particolare dalla dimensione teatrale: come rimangono incantati gli
spettatori dalle performance della compagnia di Israel, così anche Franz ha un
proprio circo, che si riempie di gente desiderosa di divertirsi. Il montaggio
alterna la loro inebriante festa alle scene della deportazione sui treni verso
il campo di concentramento. La forza illusoria dello spettacolo di magia lascia
il segno agli orrori della Storia.
"Freaks Out", in definitiva, risulterà meno dirompente rispetto a
quel fulmine a ciel sereno che era stato "Lo chiamavano Jeeg Robot",
ma rappresenta un'altra tappa nell'operazione di progressivo sdoganamento del
blockbuster fiabesco-fantastico nel panorama cinematografico italiano, che mai
prima d'ora aveva toccato questi lidi.
https://welovecinema.it/2021/11/02/freaks-out-la-regia-di-gabriele-mainetti/
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