certo non è un regista che resterà, ma riesce a fare quello che sa fare meglio, raccontare.
con attori bravi ricrea una storia nella quale ci sono tutti i suoi ingredienti di scrittore, umanità, ironia, dramma, utopia, memoria e passione.
oppressi e oppressori si confrontano in un mondo di fantasia, ma non troppo, nel deserto del nord del Cile.
e sono. nelle mani dei potenti, oggetti a perdere della Storia.
il film è del 2002 ed è stato visto poco e niente, ma si può recuperare.
non dispiacerà a chi ama le storie di Luis Sepúlveda.
buona visione - Ismaele
QUI il film completo in italiano
"Lo scrittore cileno cinquantaduenne Luis
Sepùlveda debutta come regista con una storia ispirata a un proprio racconto
contenuto nel volume 'Incontro d'amore in un Paese in guerra'. Anni Ottanta,
una dittatura latinoamericana, un gruppo di oppositori sequestrato in una
vecchia stazione ferroviaria, una fuga indimenticabile, lo spirito della
libertà, 'un lungo viaggio nel cuore della più meravigliosa utopia': e la
coerenza di un autore che ama narrare vicende piene di ottimismo". (Lietta
Tornabuoni, 'La Stampa', 1 marzo 2002)"Il primo film di Luis Sepùlveda,
'Nowhere', è diviso in due: metà tragedia, metà commedia. La parte tragica è
pessima, convenzionale, pomposa malgrado nomi come Angela Molina e Harvey
Keitel. La commedia, sorpresa, ha vari momenti spassosi. Basta
accontentarsi". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 1 marzo 2002)"Luis
Sepùlveda, autore amato della 'Gabbianella e il gatto', ispirandosi al suo
libro 'Incontro d'amore in un paese di guerra', debutta nel cinema con un film
politico anni '70, molto militante, 'Nowhere'. Il regista ha una gran voglia di
metaforizzare la terra di nessuno, gli incubi di ieri ma soprattutto di oggi e
va salvata la sua buona fede. Purtroppo l'operazione è nobile ma datata,
retorica, un poco manichea, qua e là sostenuta da attori vitali e simpatici
come Jorge Perrugorria, Burruano, Prodan e la Molina, ma dedita a slogan che,
anche se sono eticamente ancora validi non vengono espressi da un cinema al
passo coi tempi. Personaggi squadrati, gringos, inni alla libertà, offerta di
stereotipi paghi uno prendi dieci, citazioni annunciate e ripetute, come quella
di Van Gogh, anche quattro volte. Trattasi di vedere chi vince nel match fra
Prepotenza e Ragione e Sepùlveda si permette anche un lieto fine. Speriamo
porti bene". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 marzo 2002)"Il
'nessun posto' del titolo è il luogo, affogato nel deserto di un paese latinoamericano,
nel quale vengono confinati alcuni oppositori del governo e affidati alla
sorveglianza di un plotone di soldati. Alla loro storia e alla loro progressiva
'fraternizzazione' con i soldati, si mescolano quelle di altri oppositori, in
città, e di un "gringo" che nel deserto vende birra e consulta maghe
locali. Quello che nella narrazione letteraria può essere poesia ed epica
quotidiana, nel cinema si scontra con la 'materia' dell'immagine, che non
aumenta la libertà del narratore, ma se mai la limita. Luis Sepùlveda,
esordiente nella regia, si scontra con un nuovo linguaggio e non ne domina le
regole. 'Nowhere' è un racconto piatto e a rischio continuo del ridicolo, con
una sceneggiatura troppo chiacchierata e troppe suggestioni affastellate e sprecate.
Si rimpiange che una storia così, a loro tempo, non l'abbiano avuta per le mani
un Aldrich o un Peckinpah". (Emanuela Martini, 'Film Tv', 6 marzo 2002)
Nowhere... un posto che potrebbe essere ovunque.
Un luogo in cui la terra è rossa, ci sono crepe, rocce, cactus e arbusti coperti di spine, un pezzo di deserto nel mezzo del nulla e... un treno.
Nowhere.. il "non luogo" per eccellenza che diventa punto di partenza per ricostruire la rivalsa e la libertà umana.
sepulveda passa dietro la macchina da presa e ci regala un piccolo gioiellino di disperata ironia: arma incredibilmente sovversiva contro la dittatura.
bellissima la figura di keitel "el gringo" un uomo spinto dalla ricerca di un atto di dignità "voi lottate per una libertà che non conoscete, io lo faccio per non dimenticare che sono un uomo libero"
Un luogo in cui la terra è rossa, ci sono crepe, rocce, cactus e arbusti coperti di spine, un pezzo di deserto nel mezzo del nulla e... un treno.
Nowhere.. il "non luogo" per eccellenza che diventa punto di partenza per ricostruire la rivalsa e la libertà umana.
sepulveda passa dietro la macchina da presa e ci regala un piccolo gioiellino di disperata ironia: arma incredibilmente sovversiva contro la dittatura.
bellissima la figura di keitel "el gringo" un uomo spinto dalla ricerca di un atto di dignità "voi lottate per una libertà che non conoscete, io lo faccio per non dimenticare che sono un uomo libero"
Massimo
Vigliar, produttore di Nowhere,
regia di Luis Sepúlveda realizzata nel 2002, ricorda una frase che lo scrittore
cileno, oggi scomparso, amava tanto: "La libertà è uno stato di grazia e
si è liberi solo quando si lotta per conquistarla'. È inutile ed ovvio parlare
del combattente, del suo impegno per l’ambiente, della sua grandezza di
scrittore o della sua generosità con i colleghi, specialmente latino-americani.
Mi piace ricordare due momenti personali: l’emozione nel conoscere Ettore Scola
e la sua gioia nel leggere Sandokan ai miei figli. Salgari
era uno dei suoi miti".
…“Nowhere”,
infatti, storia/metafora delle dittature di tutto il mondo capaci di soffocare
le libertà individuali e di chiunque vi si oppone, sa poco di cinema e molto di
letteratura: i personaggi del film parlano come un libro stampato ed in alcuni
casi (vedasi il personaggio del Gringo interpretato da un monolitico Harvey
Keitel che si esprime per frasi fatte) si rasenta il ridicolo.
Più a suo agio Sepùlveda regista quando tira fuori, dal suo bagaglio culturale cinematografico e letterario, toni sarcastici, ironici e surreali (come la visione divertente e canzonatoria del mondo militare), che meglio si addicono a ciò che si propone di essere un apologo sulle libertà violate degli uomini. Temi così alti non necessitano sempre di parole pompose o edulcorate, ma più spesso di un rigore, di una “pulizia” d’immagini e di un rispettoso e doveroso silenzio a volte più frastornante di mille parole messe insieme.
Luis Sepùlveda, al quale si riconosce un intento così sinceramente morale ed etico da sembrare anacronistico, sceglie sicuramente la strada più tortuosa per il suo debutto che, pur nelle sue imperfezioni, rivela l’indubbio spirito critico e d’osservazione e la viva sensibilità di un uomo profondamente partecipe delle vicende e miserie umane.
Più a suo agio Sepùlveda regista quando tira fuori, dal suo bagaglio culturale cinematografico e letterario, toni sarcastici, ironici e surreali (come la visione divertente e canzonatoria del mondo militare), che meglio si addicono a ciò che si propone di essere un apologo sulle libertà violate degli uomini. Temi così alti non necessitano sempre di parole pompose o edulcorate, ma più spesso di un rigore, di una “pulizia” d’immagini e di un rispettoso e doveroso silenzio a volte più frastornante di mille parole messe insieme.
Luis Sepùlveda, al quale si riconosce un intento così sinceramente morale ed etico da sembrare anacronistico, sceglie sicuramente la strada più tortuosa per il suo debutto che, pur nelle sue imperfezioni, rivela l’indubbio spirito critico e d’osservazione e la viva sensibilità di un uomo profondamente partecipe delle vicende e miserie umane.
Las dictaduras
latinoamericanas han propiciado una abundante literatura política, marcada,
para bien y para mal, por la urgencia del testimonio, por su naturaleza de
cicatriz de una herida sufrida en carne propia. Con ella ha contraído
demasiadas deudas este salto al cine del escritor Luis Sepúlveda, preso y
exiliado por culpa del bárbaro delirio pinochetista y autor de culto en
Alemania o Italia, antes que en España.
Nowhere es un pastiche muy bien intencionado y muy mal resuelto. A
fuerza de esquivar desde su título las referencias concretas, termina siendo un
repertorio de vaguedad y tópicos, un cutre puzzle de acentos y caracteres que,
lejos de responder a su vocación de parábola universal sobre el poder y sus
excesos, anula cualquier atisbo de sinceridad movilizadora para disolverse en
una estética kitsch de western panfletario…
…On the subject, the movie "Missing" shows a
different view, but at least, more real. If you want to know more about that
period in our history, search for the The Rettig Report, which states the
thousands of disappearing and atrocities that took place those days.
Anyway, the movie is not too bad, maybe a little slow. Probably the fact that is both English and Spanish spoken, stopped it from more exposure. Keitel is not brilliant, far as usual, but it's remarkable that he wanted to participate in this project. (probably a very low budget movie). Too much emphasis on the potato cooking... while in the reality, those guys were probably more worried about being killed in cold blood than potato recipes. Good caricature of the "general", that one made me smile. But that doesn't make it qualify for a comedy.
Anyway, the movie is not too bad, maybe a little slow. Probably the fact that is both English and Spanish spoken, stopped it from more exposure. Keitel is not brilliant, far as usual, but it's remarkable that he wanted to participate in this project. (probably a very low budget movie). Too much emphasis on the potato cooking... while in the reality, those guys were probably more worried about being killed in cold blood than potato recipes. Good caricature of the "general", that one made me smile. But that doesn't make it qualify for a comedy.
“Un apologo sulla libertà e sulla dignità
umana”: così, Luis Sepùlveda, scrittore e sceneggiatore da qualche anno attivo
nel mondo del cinema, definisce il suo film d’esordio. La storia di cinque
presunti dissidenti cileni tenuti prigionieri in un luogo-non luogo (“ninguna
parte”, appunto) ha infatti tutti i connotati di una favola, di un’allegoria
scritta (e circoscritta), imbevuta di quel realismo magico che dissolve i più
sicuri riferimenti spazio-temporali e contraddistingue gran parte della
letteratura latino-americana. Peccato solo che la metafora sulla condizione del
popolo cileno, oppresso dalla prigionia della dittatura non riesce a
costituirsi come figura metonimica. Anche dietro la macchina da presa, infatti,
lo sguardo di Sepùlveda resta quello di uno scrittore e “Nowhere”, lungi
dall’essere un romanzo visuale, procede sotto il segno della frontalità, con i
suoi gelidi tableaux vivants e le sue esotiche scene dipinte dinnanzi a cui i
corpi si animano solo se sfiorati dalla luce di un riflettore. Scevro da ogni
ambizione di denuncia, “Nowhere” soffre quindi di un duplice male: se da una
parte, infatti, si trascina con la pesantezza didascalica di un’opera letteraria,
dall’altra non riesce a serbare le suggestioni che solo la pagina scritta
riesce ad evocare, quando nelle nostre menti le parole sfogliate e sussurrate
si fanno immagini e d’un tratto il nostro corpo diventa spazio fisico, teatro
della rappresentazione, territorio d’ombra su cui proiettare il nostro cinema…
… Dopo giorni di atroce prigionia e di viaggio su di un
treno scassato, i rapiti finiscono in un piccolo campo militare in mezzo al
deserto, dove i militari alla fine mostrano di essere allo stesso tempo esseri
umani caritatevoli e spietati aguzzini. In loro aiuto si prepara però ad agire
un piccolo manipolo di rivoltosi, capitanati da un americano che si fa chiamare
Gringo (Harvey Keitel). Alla fine il confine tra la brutalità dei militari e la
loro stessa umanità verrà sempre di più ad assottigliarsi, lasciando spazio
anche alla compassione ed alla fratellanza. Esordio alla regia dello scrittore
cileno Luis Sepulveda, il film è tratto da un racconto che lo stesso autore ha
inserito nella sua raccolta Incontro d’amore in un paese di guerra. Essendo un’opera
prima, Nowhere soffre a livello cinematografico di tutti i difetti di chi si
trova a maneggiare per la prima volta un mezzo di comunicazione che non gli è
proprio: la regia di Sepulveda è infatti piuttosto calligrafica, e il ritmo del
film non acquista mai incisività…
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