stessi attori, una storia misteriosa, senza finale, ma non importa.
tutti gli attori sono bravissimi, e il regista è folle e geniale.
anche quest'anno Cahiers du cinema mette il film di Dumont fra i più buoni dell'anno.
a me è piaciuto molto.
cercatelo e godetene tutti - Ismaele
… non sembra che Coincoin si
ponga la possibilità di un futuribile, perlomeno all’interno del suo grottesco,
piccolo universo. È tutto immerso in un labirinto poco meta e molto fisico di
incapacità di prendere sul serio le relazioni e le connessioni interne della
società, al punto che un Dharma razionale, come spesso in Dumont, sembra più
che mai irraggiungibile. Il cielo manda segnali ma non dà risposte. E così il
regista sfrutta la freddezza composta della cinepresa per immergersi egli
stesso nel labirinto, sottilmente lasciando passare la sua angoscia
collerica mediante la sontuosità simbolica e fotografica dei movimenti di
macchina e della composizione delle immagini, la leggerezza degli stacchi di
montaggio e l’asciuttezza cartoonesca del sound design. Non sarà una lucido
testimonianza sull’esistenza nel mondo moderno, e anzi ci viene sempre più da
pensare che la cosa interessante del cinema di Dumont sicuramente non è la
lucidità, ma Coincoin è potente, unico, folle. Una visione
che riesce incredibilmente ad avere senso nei nostri tempi nonostante non
sembri porsi il problema di voler proporre un messaggio, una soluzione, una
prospettiva. E nel caos dell’audiovisivo circostante, non c’è niente che più
possa rappresentare alla perfezione quel 2018 che a breve sarà un cadavere.
… Coincoin et les z’inhumains è, giocoforza, un prodotto
atipico e folle, che comporta necessariamente uno sforzo da parte
dello spettatore nel momento in cui si va a posizionare in un
loculo di una nicchia finora ignorata. Non è ragionevole neppure dare
per scontato che l’epopea di Quinquin/Coincoin finisca qui, bisognerebbe
piuttosto guardare a questa serie di lavori come si guarda alle Elegie di
Sokurov (solo collegate fra loro), cioè produzioni parallele al “lavoro
principale” dotate di una loro identità che ne fa progetti singolari a
latereI, però. D’altro canto è chiaro che s’è raggiunta una climax di
questa “fase della commedia”, procedere oltre questo livello sarà
difficile, per complessità della riflessione sul tragicomico: certo,
non si esclude una terza miniserie però nel mentre aleggia la
consapevolezza che il prossimo film programmato di Dumont,
un sequel di Jeannette con
il canonico processo, sarà un vero punto di rottura, come lo sono
stati Twentynine
palms o Camille Claudel 1915, che aprirà a una terza fase completamente differente, che
comunque noi attendiamo carichi ed euforici.
… Le quattro parti di CoinCoin Et Les Z’Inhumains sono una scorribanda
grottesca ed esilarante sul filo della fine del mondo, più film lungo che serie
tv, più consigliata da tracannare in un sorso che a tappe; è così che ci si
gode meglio il flusso di presunto nonsense, i tic, le manie e le falle mentali
di tutti quei freaks umani che affollano lo schermo.
Pur
declinato in modo divertente (l’omaggio principale è a L’Invasione
Degli Ultracorpi di Don Siegel), il fattore sci-fi è un espediente
narrativo, che serve a Dumont per sottolineare ancora una volta le infinite
derive della nostra specie e mostrare il quanto mai labile confine tra
l’inspiegabile e l’umano.
Nei loop mentali e dialogici dei duecento minuti di CoinCoin si nascondono le manie e i cortocircuiti della famosa Humanité, che diventa una tragicomica e assurda parata; che si incarna nelle figure mascherate sullo sfondo, silenziose, inquietanti ed apparentemente casuali, così fuori contesto da rappresentare l’essenza della vita scriteriata e non direzionata dei “civili”.
Nei loop mentali e dialogici dei duecento minuti di CoinCoin si nascondono le manie e i cortocircuiti della famosa Humanité, che diventa una tragicomica e assurda parata; che si incarna nelle figure mascherate sullo sfondo, silenziose, inquietanti ed apparentemente casuali, così fuori contesto da rappresentare l’essenza della vita scriteriata e non direzionata dei “civili”.
E se poi in
questo percorso riflessivo vengono gli addominali dal ridere, come in questo
caso, tanto meglio. Ma guai a considerare quello di CoinCoin un messaggio
“light”, o peggio un prodotto televisivo in senso detrattivo: dalla ratio alla
confezione CoinCoin, complice la fotografia meravigliosa di Guillaume Deffontaines (già al
fianco del regista per Ma Loute), è di impeccabile precisione.
Ancora una volta Dumont, tra le righe, parla impietosamente di noi.
Ancora una volta Dumont, tra le righe, parla impietosamente di noi.
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