nonostante il pessimo titolo italiano il film è davvero bello.
è un film politico ed etico, il mondo sta andando sempre peggio, Halla non gira la testa dall'altra parte e compie azioni di sabotaggio, e poi c'è una bella sorpresa, e un cugino davvero fraterno, e una musica che non è la solita colonna sonora, ma è dentro il film, un turista sudamericano in bicicletta sfortunatissmo e tante altre cose, serissime e con il poco conosciuto umorismo islandese.
un film da non perdere, per i miei gusti, poche copie al cinema, solo una decina, ma provate a cercarlo lo stesso, non ve ne pentirete - Ismaele
un film da non perdere, per i miei gusti, poche copie al cinema, solo una decina, ma provate a cercarlo lo stesso, non ve ne pentirete - Ismaele
…Erlingsson
scrive e dirige una storia tutta al femminile, nella quale il fisico e
l'intensità espressiva di Hallora Geirharðsdóttir sono protagoniste assolute,
addirittura raddoppiate dall'espediente narrativo della gemella di Halla,
interpretata dalla stessa attrice. Ma la questione femminile è anche interna al
racconto, nel richiamo della maternità, nelle metafore del ventre della terra,
nel patto che lega le due sorelle e anche nella solitudine dell'impegno della
protagonista, che però arriva allo spettatore in forma divertente e
sentimentale, tra cellulari nascosti nel freezer, cugini di campagna,
automobili dai colori improbabili e accanimento delle istituzioni e del destino
contro un povero turista sudamericano.
Piccola anticommedia della contemporaneità,
imparagonabile alle punte cinematografiche di un Kaurismaki o
di un Roy Andersson (per restare a
Nord), La donna elettrica è in ogni caso una visione
salutare e gradevolissima, che, sotto la confezione leggera, fa la sua
dichiarazione al mondo attraverso il megafono del cinema, con modi garbati ed
evitando di prendersi troppo sul serio, lasciando quel genere di serietà,
drammatica e alla fine inutile, al vociare indistinto della televisione. In
questa operazione, di sdrammatizzazione da un lato ed eleganza del tocco,
dall'altro, ha un ruolo fondamentale il disegno sonoro del film, sofisticato ed
elettrizzante, con la messa in scena ritmica ed umoristica del trio di
musicisti.
…La donna elettrica soffia così un po’ di spirito
ribellistico, d’idealità utopica, di adrenalina della rivolta, come tanto
cinema liberal anni settanta, in questa epoca di paure minimali tra spread e
punti decimali del deficit. Giusto è così lasciare scritto ai posteri uno
stralcio della rivendicazione di Halla dopo aver tirato giù cinque piloni
dell’elettricità: “Chiedo a tutti di insorgere e utilizzare il loro ingegno per
danneggiare queste imprese. L’unica cosa che questi psicopatici delle aziende
multinazionali riescono a comprendere. È così che agiscono, minacciando e
sabotando la natura e la società. Il sabotaggio contro la natura ha causato il
riscaldamento globale. È un crimine contro l’umanità e contro la vita tutta.
Siamo l’ultima generazione che può far cessare le guerre contro il nostro
pianeta. I nostri figli e nipoti non potranno farlo. Dobbiamo muoverci ora. È
la nostra missione”.
…Malgré sa grande propension à se débrouiller
seule, elle est néanmoins assistée par un "éventuel" cousin, mais
aussi involontairement aidée par un cyclotouriste sud-américain qui se trouve
toujours au mauvais endroit, au mauvais moment. Ce personnage secondaire (déjà
présent dans le premier film de Benedikt Erlingsson "Des chevaux et des hommes") est continuellement suspecté par
les autorités d'être un migrant ou un terroriste. Malmené, il est au final
toujours libéré accompagné d'un cynique « Welcome to Iceland! »
Un double discours qui montre bien toute l'ironie de la situation actuelle. Le changement climatique est déjà dangereusement engagé et les autorités mettent tout en œuvre pour neutraliser celles et ceux qui cherchent à enrayer le processus. Certes, Halla ne lésine pas sur les moyens mais la cause est noble et l'urgence bien réelle. Truculente comédie parfaitement orchestrée, "Woman at War" apporte ainsi sa pierre à l'édifice en distillant, telle la petite musique de trois musiciens désinvoltes qui vous suivraient partout, ce message simple mais essentiel : « Notre terre est précieuse, préservons-la ! »
Un double discours qui montre bien toute l'ironie de la situation actuelle. Le changement climatique est déjà dangereusement engagé et les autorités mettent tout en œuvre pour neutraliser celles et ceux qui cherchent à enrayer le processus. Certes, Halla ne lésine pas sur les moyens mais la cause est noble et l'urgence bien réelle. Truculente comédie parfaitement orchestrée, "Woman at War" apporte ainsi sa pierre à l'édifice en distillant, telle la petite musique de trois musiciens désinvoltes qui vous suivraient partout, ce message simple mais essentiel : « Notre terre est précieuse, préservons-la ! »
…le personnage féminin, hors-la-loi, d’emblée
sympathique malgré ses prises de positions extrêmes, va se révéler être une
mère plus que parfaite (elle a adopté un enfant qui vient bouleverser ses plans terroristes) et
surtout une héroïne façon Rambo qui va provoquer le gouvernement islandais et
l’aciérie pour l’empêcher de signer des contrats avec la Chine.
Remarquablement
écrit, mise en images avec un talent certain (il faut dire que les paysages
islandais sont un personnage en soi), très bien interprété, KONA FER I STRIO
(Woman at War) est un film drôle, satyrique, décalé tout en étant en phase
parfaite avec son temps!
…Sembra di
esser perennemente catapultati in un quadro a tinte fredde, controbilanciato
dal calore umano degli interpreti. Il regista si diverte a sconquassare l’animo
dello spettatore, facendolo sussultare fra diverse emozioni: si passa
dall’azione alla passione, dalla concretezza alla voluttuosità, dal serio al
faceto, dal cinismo alla sensibilità.
Questo reiterato passaggio da uno status emozionale all’altro impone una scelta capillare di toni e registri scenici, si punta molto sul ritmo confidando nell’adesione del pubblico. L’Islanda diventa un ipotetico palcoscenico, dove Erlinggson condivide una visione del mondo: una particolare prospettiva di vita che non porta con sé la pretesa di essere capita, ma si concede alla vista dei più in maniera distinta.
Questo reiterato passaggio da uno status emozionale all’altro impone una scelta capillare di toni e registri scenici, si punta molto sul ritmo confidando nell’adesione del pubblico. L’Islanda diventa un ipotetico palcoscenico, dove Erlinggson condivide una visione del mondo: una particolare prospettiva di vita che non porta con sé la pretesa di essere capita, ma si concede alla vista dei più in maniera distinta.
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