la storia è coinvolgente, e poi di gran bei film con attori neri protagonisti ne stiamo vedendo tanti, spesso straordinari.
Matthew McConaughey è il bravissimo protagonista di Free State of Jones.
un film da non perdere, per i miei gusti - Ismaele
…La scrittura di Free State Of
Jones insomma non si allontana dalla consueta ruffianeria
retorica che il cinema americano mette in campo quando vuole esibire un preciso
intento sociale, quando sente il peso dello scopo didattico. Eppure nelle
pieghe di questo film ci sono molte più concessioni alla “sperimentazione”
(virgolette d’obbligo!) di quanto non sembri. Non è infatti la consueta
centralità della star nell’economia del racconto, la divisione manichea o
l’odiosa stereotipizzazione di qualsiasi “cattivo” a convincere davvero, quanto
la maniera in cui la parabola di un bianco che decise di ribellarsi a chi
opprimeva lui e altri cittadini di serie B o C (nel caso dei neri) sia una
maniera di chiedersi cosa voglia dire fare una rivoluzione e cambiare le cose,
per concludere che non somiglia a quel che il cinema di solito ci racconta.
I film mettono in scena il cambiamento
come una serie di passi bene identificabili, una serie di storie puntuali in
cui chi si comporta male viene punito, e chi ha un diritto che viene calpestato
alla fine vede riconosciuto il proprio legittimo desiderio. Titoli di coda.
In Free State Of Jones la
battaglia non finisce mai. Ad ogni conquista segue un movimento contrario, ogni
qualvolta si ha l’impressione che il film possa finire e i personaggi possano
vivere sereni in realtà accade un nuovo sopruso: le conquiste non sono
applicate, compare il Ku Klux Klan o un giudice connivente contravviene ad ogni
precetto e Knight reimbraccia il fucile…
…Non è un film memorabile Free State of Jones, eppure prova a veicolare dei
messaggi non banali (l’azione, la collettività, il vero nemico, la sacralità
del lavoro), ricollegandosi in tono minore all’ultimo Tarantino, The Hateful Eight e Django Unchained. Non una riscrittura
della Storia o una possente metafora tarantiniana, ma un onesto tassello da
aggiungere a una rilettura critica della genesi degli Stati Uniti e, più in
generale, del capitalismo. «La guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo
povero» è la trave portante del pensiero e delle azioni di Knight, il veicolo
che permette di prendere le distanze dallo schiavismo, dal razzismo, da
qualsiasi distinzione di classe. E che permette di unire le forze, e di
moltiplicarle.
Sarebbe molto utile anche oggi.
Sarebbe molto utile anche oggi.
Detto della cornice “contemporanea” smaccatamente didascalica, con
dinamiche e personaggi che non hanno il tempo fisiologico per prendere
corpo, Free
State of Jones sembra restare sempre a metà strada, un
po’ Radici e
un po’ Glory
– Uomini di gloria, ma senza le dimensioni da epopea
storico/familiare della miniserie televisiva o l’impatto epico del
lungometraggio di Edward Zwick.
… Il qui valido e bravo regista Gary
Ross, che ricordiamo più volentieri per gli esordi felici dei tempi di
Pleasanville, anni '90, che per il resto di una carriera un pò
discontinua a base di blockbuster non particolarmente ispirati, ha
il merito di immergerci in un campo di battaglia scagliandoci
con devastante realismo tra gli orrori della battaglia, combattuta con
fucili e baionette, polvere da sparo ed arma bianca, e che mette in campo
vecchi e giovani alle prime armi, buttati tutti allo sbaraglio come un
muro umano destinato a sacrificarsi per la stupidità e l'intransigenza di chi
non vuole capire e rinuciare ai propri interessi e privilegi.
Il film risulta toccante ed
appassionante, nonostante le oltre due ore e venti di narrazione, concitata e
ben distribuita su due archi temporali che non si differenziano per
perseveranza di principi discriminatori ed ingiustizia.
E sa parlarci correttamente, e senza
delirare, della brutalità e della stupidità della guerra, senza necessità
di prendere posizione di parte (imparasse quello stolto incosciente di Mel
Gibson, nell'ultima sua stolta, incontrollata e supponente regia - Hacksaw
Ridge - a raccontarci gli orrori della guerra senza enfasi inutili e
patriottica sdolcinata retorica!!) e senza crogiolarsi su tendenziosi facili
sentimentalismi.
… La natura americana
di Newton Knight sta nella completa assenza di dubbio delle sue azioni, nella
concezione di una sola prospettiva di fronte alla complessità dei processi
storici: la prospettiva dell’uomo di fede e di giustizia. La
particolare del film, invece, sta nella scelta di lasciare poco per volta in
secondo piano gli aspetti drammatici del racconto per evidenziare invece
la ricostruzione
storica del periodo post-bellico – quando l’Unione delega
agli uomini della Confederazione la gestione degli ex stati ribelli, di fatto
ammettendo il ritorno della schiavitù per via legali e riconoscendo il potere
dei vecchi latifondisti – e la creazione delle ingiustizie sociali e
razziali che segnano tuttora la società americana. Le vicende
personali di Newton e dei suoi uomini – in particolare dell’ex schiavo liberato
Moses – perdono la loro dimensione puramente narrativa per diventare i tasselli
di una storia
minima eppure decisiva che dai campi di battaglia della guerra civile porta a
un tribunale del Mississippi negli anni ’40, e ovviamente oltre.
La linea di sangue e la linea degli eventi coincidono, e insieme costruiscono passo dopo passo la vergogna e il riscatto di una nazione. Per una volta, l’azione del singolo non si riverbera nello spazio concluso della famiglia, nella relazione fra un padre, una madre e la loro discendenza, ma attraverso quella stessa discendenza si apre a un popolo intero: la guerra della contea di Jones è la guerra del povero contro il ricco, del bianco che sa stare a fianco del nero in nome di un principio maggiore, minando inconsapevolmente la stabilità di una nazione e permettendole così di sperare a ogni passaggio storico nella propria redenzione.
La linea di sangue e la linea degli eventi coincidono, e insieme costruiscono passo dopo passo la vergogna e il riscatto di una nazione. Per una volta, l’azione del singolo non si riverbera nello spazio concluso della famiglia, nella relazione fra un padre, una madre e la loro discendenza, ma attraverso quella stessa discendenza si apre a un popolo intero: la guerra della contea di Jones è la guerra del povero contro il ricco, del bianco che sa stare a fianco del nero in nome di un principio maggiore, minando inconsapevolmente la stabilità di una nazione e permettendole così di sperare a ogni passaggio storico nella propria redenzione.
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