un film che non ti aspetti, un viaggio nella conoscenza di due persone che sembrano lontanissime, Giorgio, che ha l'Alzheimer, vuole stare con Alessandro, e Alessandro piano piano vuole bene al vecchietto.
nel film c'è spazio anche per un mistero, il poeta l'ha scritto come sa fare lui, i ragazzi si buttano in una caccia al tesoro.
niente sembra fuori posto, ogni follia ha una sua logica, nascosta.
Giuliano Montaldo sembra che abbia fatto sempre l'attore, ha imparato molto dai grandi che ha diretto da regista, riesce a essere un personaggio divertente e triste nello stesso tempo.
una commedia che fa ridere, emozionare, coinvolgere.
da non perdere - Ismaele
nel film c'è spazio anche per un mistero, il poeta l'ha scritto come sa fare lui, i ragazzi si buttano in una caccia al tesoro.
niente sembra fuori posto, ogni follia ha una sua logica, nascosta.
Giuliano Montaldo sembra che abbia fatto sempre l'attore, ha imparato molto dai grandi che ha diretto da regista, riesce a essere un personaggio divertente e triste nello stesso tempo.
una commedia che fa ridere, emozionare, coinvolgere.
da non perdere - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
...A una società affetta da un Alzheimer
collettivo la cui forma patologica sembra escludere pervicacemente qualsiasi riferimento
al passato recente e, ancor più, remoto Bruni ricorda che è grazie alla presa
di coscienza della nostra storia, che passa attraverso quella di chi ci ha
preceduto, che si può camminare verso il futuro. Lo fa sapendo suscitare quelle
forme di sorriso e di riso che nascono da una riflessione profonda e da uno
sguardo sensibile ed acuto capace di graffiare il muro di ogni possibile
indifferenza.
…Quello di Francesco
Bruni è un film che ce l'ha fatta. Un po' sentimentale, un po'
comico, un po' avventuroso: quando sembra aver detto già tanto (anche troppo,
in termini di minutaggio dedicato al dialogo), Tutto quello che vuoi si trasforma in un improbabile road
movie e ogni personaggio si trasforma in qualcosa di diverso. Di storie di
incontri fra anziani e giovani il cinema è pieno, ma l'alchimia della coppia di
protagonisti è travolgente: una nota di merito in questo va - non ce ne vorrà
l'immenso Giuliano
Montaldo - al più giovane dei due attori, Andrea Carpenzano, che accanto a un mostro del cinema sembra perfettamente a
suo agio.
…Tutto quello
che vuoi si muove certamente
lungo una traccia di pericoli e di conoscenza. Sembrerebbe una evoluzione
narrativa stimolante, orientata positivamente verso il cambiamento e la
crescita. Il ‘sapere’ del vecchio si espande nella poesia e arriva in modo
impercettibile al giovane. Bello, encomiabile, auspicabile. Sembra però che la
brusca marcia indietro di Alessandro (la ‘pace’ con il padre) percorra un
sentiero alquanto brusco e non del tutto credibile, abitato da improvvisi
trasalimenti e pacificazioni. Si, è vero che i giovani non conoscono né storia
né geografia, non rispettano età e buone maniere, ma appunto vanno affrontati
secondo una certa logica dei caratteri…
…Quanto alla poesia, questa non è certo una cosa facile da raccontare
sul grande schermo, per cui nel corso del film fanno capolino sentenze
difficili da digerire del calibro di “le poesie si scrivono quando non si sa
dove mettere l’amore”, oppure “le cose belle sono inutili, come la poesia”. Per
fortuna poi, a fare da contraltare, ci pensa una bella declamazione a voce alta
di un articolo del Corriere dello Sport. Interessante è poi l’utilizzo che
Bruni fa dei videogame, quali insospettabili strumenti di comunicazione tra
giovani e anziani, dal momento che consentono di reinscenare ora una partita
del Grande Torino, ora una battaglia della Seconda Guerra Mondiale.
Non tutte le trovate sfoderate da Bruni dunque funzionano, a tratti si ha
l’impressione di osservare il nudo meccanismo da manuale di sceneggiatura,
uscendo dunque dalla finzione per apprezzare il lavoro che ci sta dietro, tutto
volto a rivitalizzare per l’ennesima volta un copione già di suo usurato.
Ma è innegabile che Tutto quello che vuoi con il suo zigzagare nel tempo e nello spazio, un po’ colto e un po’ cialtrone, spesso riesca a cogliere nel segno e a strappare sapide risate, raggiungendo una non trascurabile autenticità soprattutto nella resa dei suoi personaggi, che aprono la strada a un sentimentalismo accorato e schietto, a cui lo spettatore non può fare a meno di aderire. Ed è difficile dargli torto.
Ma è innegabile che Tutto quello che vuoi con il suo zigzagare nel tempo e nello spazio, un po’ colto e un po’ cialtrone, spesso riesca a cogliere nel segno e a strappare sapide risate, raggiungendo una non trascurabile autenticità soprattutto nella resa dei suoi personaggi, che aprono la strada a un sentimentalismo accorato e schietto, a cui lo spettatore non può fare a meno di aderire. Ed è difficile dargli torto.
…La genuinità spigolosa di Andrea
Carpenzano (in una prova che ricorda incredibilmente il Mastandrea degli
esordi) e l’incredibile umanità di Montaldo (che raggiunge l’autenticità dei
non professionisti) si sposano perfette e trascinano il pubblico in una storia
che, pur personale (dei personaggi e del suo regista), si conferma, scena dopo
scena, universale. L’allegra sofferenza e lo strazio lieve dell’avventura
affettuosa di un “nonno” e un “nipote”, di un grande uomo senza memoria e del
suo giovane compagno senza prospettive, sono sentimenti immediati,
irresistibili. Come il Moretti di Mia Madre o il Virzì de La prima cosa bella, Bruni usa il
proprio dolore per realizzare del Cinema che diventa subito Condivisione. Il crescendo emotivo di Tutto
quello che vuoi, arricchito da intuizioni visive fortissime (i ricordi confusi di
Giorgio che si materializzano, lo studio con le poesie incise nei muri, come
nelle celle del carcere di Via Tasso), non può che concludersi in un piccolo
finale ideale, dove ancora una volta parole come Memoria e Poesia (bellissimi i
versi scritti per il film da Simone Lenzi dei Virginiana Miller) si confermano
temi decisivi, senza mai il bisogno di sottolinearli ossessivamente.
…Pur nella semplicità del suo racconto (che comunque è
decisamente difficile ottenere in forme così limpide), il film di Francesco
Bruni è la dimostrazione che si possono continuare a realizzare delle commedie
(all’italiana o meno) ma che al fondo ci deve essere sempre un tentativo di
dialogo con il mondo. La sola cosa che può renderle necessarie.
Tutto quello che vuoi ha il merito di essere una commedia che funziona riattivando un dialogo non derivativo con una stagione mai dimenticata del nostro cinema.
Tutto quello che vuoi ha il merito di essere una commedia che funziona riattivando un dialogo non derivativo con una stagione mai dimenticata del nostro cinema.
…La sceneggiatura non si fa mancare
alcune sonore cadute di stile (come l'innesto di sequenze oniriche fuori
contesto con il registro a cui sopra abbiamo fatto riferimento), la regia si
mantiene sempre piuttosto scolastica e accademica e si segnala, più che altro,
qualche buona soluzione di montaggio; nelle interpretazioni abbiamo invece
forse le maggiori soddisfazioni: se Montaldo - regista, prima che attore (suo
era il "Sacco e Vanzetti" del 1971, con Gian Maria Volonté e
l'indimenticabile colonna sonora di Ennio Morricone) - convince
relativamente nella parte dell'anziano malato, Carpenzano (che, siamo pronti a
scommetterci, rivedremo ancora) si rivela un'autentica sorpresa nella gestione
dello spontaneo e superficiale Alessandro.
"Tutto quello che vuoi" scorre allora velocemente, contraddittorio come la realtà che intende raccontare, tra la brillantezza delle battute e la prevedibilità dell'intreccio, tra la potenza di alcune soluzioni narrative (la stanza come pagina di poesia) e la convenzionalità di altre (la malattia, la letteratura e la seconda guerra mondiale come rimandi al tema della memoria), fino a uno dei finali più genuinamente belli ci sia capitato di vedere al cinema in questi ultimi tempi. Lo stacco che cala il sipario sul filmato e introduce lo schermo nero, prima dei relativi titoli di coda, arriva con una dolcezza disarmante e con un tempismo veramente sorprendente, tanto da far rivalutare quasi per intero i più di cento minuti precedenti. Testimonianza delle indubbie capacità di Bruni e, tuttavia, della difficoltà che ancora manifesta nel realizzare un'opera veramente convincente in tutta la sua durata.
"Tutto quello che vuoi" scorre allora velocemente, contraddittorio come la realtà che intende raccontare, tra la brillantezza delle battute e la prevedibilità dell'intreccio, tra la potenza di alcune soluzioni narrative (la stanza come pagina di poesia) e la convenzionalità di altre (la malattia, la letteratura e la seconda guerra mondiale come rimandi al tema della memoria), fino a uno dei finali più genuinamente belli ci sia capitato di vedere al cinema in questi ultimi tempi. Lo stacco che cala il sipario sul filmato e introduce lo schermo nero, prima dei relativi titoli di coda, arriva con una dolcezza disarmante e con un tempismo veramente sorprendente, tanto da far rivalutare quasi per intero i più di cento minuti precedenti. Testimonianza delle indubbie capacità di Bruni e, tuttavia, della difficoltà che ancora manifesta nel realizzare un'opera veramente convincente in tutta la sua durata.
…Lo sguardo di Bruni è quello di un
regista attento ai giovani e ai loro bisogni e il risultato è un film dalla
scrittura puntuale e scorrevole. L’evoluzione di Alessandro è tangibile e
costellata da ostacoli (le problematiche con il padre, un nuovo “possibile”
amore, lo scontro con un amico di vecchia data), ma gli permette di conoscere
un nuovo lato di sé: la preoccupazione per il prossimo.
Tutto quello che vuoi è un prodotto che mette di buonumore, che fa riemergere
il ricordo che “graffia” letteralmente i muri di una stanza dopo un avvenimento
straziante, che scava nella giovinezza di un amore e nella fugace amicizia
durante un periodo doloroso. Inoltre il film di Bruni fa riscoprire il garbo
giovanile, che sa affidarsi alla saggezza e al fascino di una mente inceppata
(che finisce per ritrovarsi) per poi prendersene cura.
Tutto quello che vuoi coinvolge con la sua leggerezza e con la sua capacità di
farsi ascoltare e farsi tramite di un messaggio importante: la memoria è un
tesoro che va custodito per non perdersi definitivamente ed essere incapaci di
camminare verso il futuro.
da qui
…Francesco,
com’è stato scrivere e dirigere un film che prende le mosse da una vicenda che
ti tocca da vicino, la malattia di tuo padre, affetto da Alzheimer?
Per certi versi è stato liberatorio. Man mano che procedevo nella scrittura e nella realizzazione del film la vera vicenda si faceva molto drammatica, quindi per me era in qualche modo un alleggerimento della pena che stavamo provando in quei giorni, e che si è conclusa da poco tempo. È stato una maniera, per me, per ricordare mio padre in quei momenti in cui ancora si poteva ridere insieme a lui. È stato delicato, ma liberatorio.
Tutto quello che vuoi è un film che parla della memoria. Vediamo oggetti, e scritti, che custodiscono i ricordi di Giorgio, che rimarrebbero però del tutto inerti se non ci fosse un ragazzo, Alessandro, che a un certo punto decide di decifrarli. È un film che parla della trasmissione del ricordo e del dialogo fra generazioni diverse, un tema che ricorre nella tua filmografia.
Devo dire che è curioso, in effetti c’è come una coazione a ripetere da parte mia. L’unica spiegazione che ti so dare è che il teatro familiare, o comunque le relazioni parentali, sono una fonte inesauribile dal punto di vista drammaturgico, ti danno infinite possibilità.
Sono cose che conosco molto bene, come tutti noi del resto, è un terreno comune, attraverso cui penso di poter coinvolgere il pubblico: chiunque abbia una famiglia o delle relazioni complesse, al di là dell’immagine che se ne vuole dare all’esterno. Forse è questo il motivo per cui mi piace raccontare questo tipo di storie. Per quanto riguarda la memoria, invece, è interessante quello che dici: in questo film l’apprendimento, anche della storia e della letteratura, passa attraverso la motivazione, che è quella che manca a scuola fondamentalmente: una spinta molto forte, altruistica nel caso del protagonista, opportunistica nel caso degli altri ragazzi, che sono capaci di andare a spulciare i libri quando è il caso!...
Per certi versi è stato liberatorio. Man mano che procedevo nella scrittura e nella realizzazione del film la vera vicenda si faceva molto drammatica, quindi per me era in qualche modo un alleggerimento della pena che stavamo provando in quei giorni, e che si è conclusa da poco tempo. È stato una maniera, per me, per ricordare mio padre in quei momenti in cui ancora si poteva ridere insieme a lui. È stato delicato, ma liberatorio.
Tutto quello che vuoi è un film che parla della memoria. Vediamo oggetti, e scritti, che custodiscono i ricordi di Giorgio, che rimarrebbero però del tutto inerti se non ci fosse un ragazzo, Alessandro, che a un certo punto decide di decifrarli. È un film che parla della trasmissione del ricordo e del dialogo fra generazioni diverse, un tema che ricorre nella tua filmografia.
Devo dire che è curioso, in effetti c’è come una coazione a ripetere da parte mia. L’unica spiegazione che ti so dare è che il teatro familiare, o comunque le relazioni parentali, sono una fonte inesauribile dal punto di vista drammaturgico, ti danno infinite possibilità.
Sono cose che conosco molto bene, come tutti noi del resto, è un terreno comune, attraverso cui penso di poter coinvolgere il pubblico: chiunque abbia una famiglia o delle relazioni complesse, al di là dell’immagine che se ne vuole dare all’esterno. Forse è questo il motivo per cui mi piace raccontare questo tipo di storie. Per quanto riguarda la memoria, invece, è interessante quello che dici: in questo film l’apprendimento, anche della storia e della letteratura, passa attraverso la motivazione, che è quella che manca a scuola fondamentalmente: una spinta molto forte, altruistica nel caso del protagonista, opportunistica nel caso degli altri ragazzi, che sono capaci di andare a spulciare i libri quando è il caso!...
Nessun commento:
Posta un commento