Paul Verhoeven fa pochi film, e non si possono dimenticare facilmente.
qui racconta una storia dove bene e male non sono così chiari, se uno si aspetta questo ha sbagliato film, e regista.
nazisti e resistenza, collaborazionisti e liberatori, temi da prendere con le pinze, Paul Verhoeven si butta senza prudenza, ne esce un gran bel film - Ismaele
qui racconta una storia dove bene e male non sono così chiari, se uno si aspetta questo ha sbagliato film, e regista.
nazisti e resistenza, collaborazionisti e liberatori, temi da prendere con le pinze, Paul Verhoeven si butta senza prudenza, ne esce un gran bel film - Ismaele
… Paul Verhoeven non va per il sottile, qualunque
argomento decida di trattare, ma lo fa con stile e personalità. E l’assenza di
ideologia con cui tratta una materia molto rischiosa e ampiamente dissertata
(il male e il bene sono ovunque e non ci sono morali a cui piegare i
personaggi) è segno di una lucidità di sguardo che, pur nell'accumulo, è cosa
sempre più rara. Quindi preziosa.
…Pellicola accolta in modo controverso
e ottima per far discutere, Black Book presta
il fianco a due diffidenze preconcette: in primis, per l’appunto, non è buona
cosa fare dell’Olocausto il background di
una prosaica storia d’azione e di tensione; altrettanto, sarebbe da
revisionisti un po’ sfacciati intrecciare delle storie in cui i tradimenti, le
difficoltà e le ambiguità sono un po’ di tutti, senza distinzioni di bandiera.
Ebbene, a chi si straccia le vesti, intimando a Verhoeven di tacere e inginocchiarsi nell’angolino a riguardare i classici, bisognerebbe chiedere perché non si può vivere la memoria storica anche con film non gravi e pensosi. Se non manca il rispetto, tali preconcetti appaiono inconsistenti. Per di più, non sembra qualunquismo quello di Verhoeven, che stabilisce una sicura cifra narrativa e la porta fino in fondo. L’opportunismo e l’abbandono di qualsiasi schieramento morale in favore dell’istinto di conservazione sono componenti de facto della storia di quei giorni…
Ebbene, a chi si straccia le vesti, intimando a Verhoeven di tacere e inginocchiarsi nell’angolino a riguardare i classici, bisognerebbe chiedere perché non si può vivere la memoria storica anche con film non gravi e pensosi. Se non manca il rispetto, tali preconcetti appaiono inconsistenti. Per di più, non sembra qualunquismo quello di Verhoeven, che stabilisce una sicura cifra narrativa e la porta fino in fondo. L’opportunismo e l’abbandono di qualsiasi schieramento morale in favore dell’istinto di conservazione sono componenti de facto della storia di quei giorni…
…Tanta acción hace que Verhoeveen nos
cuele casualidades sin que nos demos cuenta (como ese encuentro fortuito entre
la protagonista y el abogado en el ascensor del cuartel general nazi) o elipsis
que tal vez debieran estar más desarrolladas (esa explicación de pasada de cómo
la protagonista fue encontrada, después del tiroteo, por un simpatizante de la
resistencia; o el rescate del oficial nazi por un personaje que es la primera
-y última- vez que vemos).
A pesar de esta “acción sin
parar”, la película merece la pena. Es un clásico Verhoeveen: la ambigüedad
antes mencionada, una protagonista rubia, sexo, violencia y escenas
imaginativas (como la última muerte del film, digna de Poe). No es su mejor
película, pero su regreso es bienvenido.
…It's
1944 in Holland, and Jewish singer Rachel Stein is in hiding. A brief reunion
with her family turns to tragedy when they are betrayed and gunned down by a
group of Nazi soldiers. Rachel is the lone survivor. She hooks up with the
Dutch resistence led by businessman Gerben Kuipers (Derek de Lint) and doctor
Hans Akkermans (Thom Hoffman). At first, she does menial jobs but is eventually
"promoted" to a position of importance. She is chosen to seduce an SS
officer, Ludiwg Müntze (Sebastian Koch, recently seen in The Lives of Others), who is
attracted to her. The seduction is easy, but Rachel traps herself by falling
for the dashing man, who risks his career and life to protect her when he
learns her secret. Once the Allied victory arrives, circumstances become grave
for Rachel and Müntze as they discover that the end of the war doesn't mean the
end of betrayals and killing.
Black
Book possesses a taut, exciting script that throws surprises at
the viewer on a regular basis. To say more would potentially spoil the fun, but
there are two things to keep in mind. None of the twists are Hollywood
contrivances and no life is sacrosanct. Having made that point, however, I must
voice one objection about the manner in which Verhoeven elects to present the
story. He does so by framing it as a flashback between two scenes that take
place in 1956. Since Rachel is alive and well in 1956, we know she does not die
in 1944. This recognition defuses some of the suspense that would have been
present had the film not let us know at the outset that the heroine would
survive. Black Book is gripping enough that there are
times when the viewer may almost forget this…
si vero, dovrei ri-vederlo, perchè come film merita molto ^_^
RispondiEliminanon è di quei film che una volta è per sempre...
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