lunedì 22 maggio 2017

The tribe - Myroslav Slaboshpytskiy

film completamente muto, perché muti sono i protagonisti.
ambientato in un istituto tutto per loro si riproducono le stesse dinamica di qualsiasi gruppo di giovani, amicizie, odi, amori, guerre.
quello che ci (mi) destabilizza è che tutto quello che succede viene urlato nel linguaggio dei segni, le violenze urlate diventano silenziose, ma non per questo meno violente.
molti vogliono fuggire, la fila all'ambasciata italiana ce lo rende un film molto vicino.
un bel, terribile e violentissimo film, da non perdere - Ismaele




Il primo lungometraggio di Myroslav Slaboshpytskiy appartiene alla categoria dei film destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore sia per quello che raccontano che per lo stile adottato. Il regista afferma: "È un mio vecchio sogno quello di rendere omaggio al cinema muto. Fare un film che possa essere compreso senza che venga detta una parola. Non pensavo però a un certo tipo di cinema europeo 'esistenzialista' in cui gli eroi stanno zitti per metà della durata del film. Anche perché gli attori non erano muti nei film muti. Comunicavano molto attivamente attraverso un'ampia gamma di azioni e di linguaggio corporeo". Da qui nasce l'esigenza di una 'reale' impossibilità di comunicare con le parole su cui si innesta la decisione di non proporre sottotitoli neppure per tradurre l'alfabeto muto che viene utilizzato dai protagonisti…

…Dopo anni di cinema che ha raccontato l’handicap sfruttandolo cinicamente per imbastire vicende strappalacrime tutte incentrate sul patetismo e sulla retorica della denuncia dell’emarginazione, The Tribe capovolge in maniera radicale la prospettiva sforzandosi di raccontare un certo tipo di handicap come normalità affetta dallo stesso malessere socioculturale responsabile del marciume di quanti non hanno alcun tipo di handicap e rappresentano la normale società civile. E fin qui non ci sarebbe nulla di rivoluzionario, se non fosse che Slaboshpytskiy sceglie di affrontare questo ribaltamento di prospettive con un approccio linguistico che non ha precedenti al cinema.
Come annuncia minacciosa una scritta su sfondo nero prima che tutto abbia inizio, il film è recitato «nel linguaggio dei segni dei sordomuti» e che di proposito «non vi sono traduzione, né sottotitoli né voice over». Per 130 minuti lo spettatore viene coinvolto in un’avventura della percezione nella quale le coordinate del tradizionale sentire con la mente sono stravolte: mentre i personaggi del film comunicano tra di loro con il linguaggio dei segni nell’invalicabile mutismo che li contraddistingue e sullo schermo si sentono (di rado) soltanto rumori d’ambiente che fanno da labile cornice sonora al tutto, chi guarda quanto accade sullo schermo subisce la stessa emarginazione cui sono sottoposti i sordomuti nei contesti di tradizionale comunicazione verbale…

Anche lo stile adottato dal regista si adegua a questo micromondo costituito dall’istituto e dal sistema criminale messo in piedi dai ragazzi: ogni scena, che inizia quasi sempre con una carrellata laterale, è risolta mediante un piano-sequenza con macchina da presa fissa posta a debita distanza dal fulcro dell’azione, lasciando così liberi i personaggi di muoversi e (inter)agire liberamente senza vincoli e senza cadere nel voyeurismo. La ricerca di questo realismo diventa assoluto riprendendo scene di sesso, spesso consumato sul pavimento, in tutta la loro cruda realtà, ma raggiungendo il culmine (e lo shock) nella scena dell’aborto, quasi insopportabile nella sua crudezza senza peraltro mostrare alcun dettaglio scabroso, oppure la scena finale, di una violenza così disperata e al contempo così trattenuta da risultare ancora più shockante di quanto non sia; perché come noi non possiamo sentire le parole (perché di parole non ce ne sono), così non possiamo vedere tutto. Ed è lo stile (fermo, secco, preciso) a raggelare la violenza (urlata, concitata, assoluta)…

"The Tribe" è anche e soprattutto la storia di un amore impossibile e di una crudele iniziazione alle vita. Al centro del film, infatti, spiccano sempre Sergey e la sua gang: giovanissimi ragazzi di vita che tiranneggiano i compagni, collezionano espedienti, giocano di notte in una città che sembra abbandonata o sopravvissuta a un'apocalisse nucleare. Sono bambini sperduti, ma per loro non esiste un'Isola che non c'è o un Paese delle Meraviglie. Esiste al contrario un'Ucraina di degrado, di sporcizia e bassezza (anche morale) che non concede speranze né occasioni di riscatto. A questi emarginati dal destino segnato, lasciati soli o accuditi da adulti aguzzini, non resta che crescere in balia delle proprie pulsioni più bestiali: rubano, picchiano, sfruttano, stuprano, uccidono…

Sublime tragédie contemporaine, THE TRIBE est une immersion sensasionnelle au coeur d’un institut pour sourds et muets – un microcosme permettant une radiographie de la société ukrainienne contemporaine, et au-delà. Avec des signes pour tout dialogue, le film est a plus d’un titre proprement hypnotique. Myroslav Slaboshpytskiy prodigue une oeuvre boulversante, tout à la fois grandiose et effroyable…

The Tribe es subversiva y exigente. Rabiosamente y felizmente, apostillo. Como cine de la diferencia acota su foco entomológico en una comunidad cerrada de adolescentes sordomudos. Una residencia estudiantil. De ese microcosmos situado en los márgenes cierra más el objetivo porque se centra en un grupúsculo con prácticas delictivas. El imperativo del film: no utilizar el lenguaje ni ningún soporte que le acompañe. El espectador debe entrar como si fuera uno de ellos. Una introducción con requisitos, algo inusual y a lo que no estamos acostumbrados. Eso genera un automático proceso de empatía con los personajes como el que busca la formación de los lazarillos, a los que se les incorporan prácticas en las que se carezca de la visión para que el futuro ayudante pueda comprender mejor a aquel invidente que tendrá que asistir. Eso, a priori, sitúa el film en el umbral de dramas sociales que buscan la concienciación, mediante la visibilización de grupos invisibles para el cine mayoritario. Pero, lo sabemos, este tipo de películas están muy viciadas. Desembocan en actitudes paternalistas y lo que es un acto de denuncia acaba resultando un ejercicio lastimero y deplorable de pornografía sentimental. The Tribe le da una patada en el culo a todas ellas, porque lo suyo no es un retrato complaciente o idealizado. Justamente su prisma revuelve lo políticamente correcto cuando detiene su mirada en protocriminales masculinos desalmados que extorsionan, roban y ejercen de proxenetas. Las protagonistas femeninas se prostituyen sin ningún conflicto moral. De hecho, el conflicto estalla cuando el protagonista trata de romper esa situación de explotación y se encuentra con el rechazo frontal tanto de los que abusan como de las abusadas. Para arreglar las cosas el protagonista no lo hace como un gesto de buena acción. Sencillamente, se ha enamorado compulsivamente de una de ellas. Y lo que le gobierna es un desmesurado y patológico sentimiento de posesión que tendrá consecuencias fatales…

…Ammetto però che costui abbia dei raptus registici tali da riuscire imprevedibilmente a stupirmi,  come quando inscena l’aborto clandestino, agghiacciante ancestrale, o l’ecatombe finale, che evoca la violenza estrema del Petroliere, i monoliti e la tribù dei primati in 2001 Odissea dello Spazio. Momenti in cui il senso non è troppo, è solo uno, l’orrore, e nella caverna restiamo solo in due, io che guardo e lui che parla la mia stessa lingua, sciolta da ogni contrizione sociopolitica.

Nessun commento:

Posta un commento