film completamente muto, perché muti sono i protagonisti.
ambientato in un istituto tutto per loro si riproducono le stesse dinamica di qualsiasi gruppo di giovani, amicizie, odi, amori, guerre.
quello che ci (mi) destabilizza è che tutto quello che succede viene urlato nel linguaggio dei segni, le violenze urlate diventano silenziose, ma non per questo meno violente.
molti vogliono fuggire, la fila all'ambasciata italiana ce lo rende un film molto vicino.
un bel, terribile e violentissimo film, da non perdere - Ismaele
ambientato in un istituto tutto per loro si riproducono le stesse dinamica di qualsiasi gruppo di giovani, amicizie, odi, amori, guerre.
quello che ci (mi) destabilizza è che tutto quello che succede viene urlato nel linguaggio dei segni, le violenze urlate diventano silenziose, ma non per questo meno violente.
molti vogliono fuggire, la fila all'ambasciata italiana ce lo rende un film molto vicino.
un bel, terribile e violentissimo film, da non perdere - Ismaele
…Il primo
lungometraggio di Myroslav Slaboshpytskiy appartiene alla categoria dei film
destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore sia per quello che
raccontano che per lo stile adottato. Il regista afferma: "È un mio
vecchio sogno quello di rendere omaggio al cinema muto. Fare un film che possa
essere compreso senza che venga detta una parola. Non pensavo però a un certo
tipo di cinema europeo 'esistenzialista' in cui gli eroi stanno zitti per metà
della durata del film. Anche perché gli attori non erano muti nei film muti.
Comunicavano molto attivamente attraverso un'ampia gamma di azioni e di
linguaggio corporeo". Da qui nasce l'esigenza di una 'reale' impossibilità
di comunicare con le parole su cui si innesta la decisione di non proporre
sottotitoli neppure per tradurre l'alfabeto muto che viene utilizzato dai
protagonisti…
…Dopo
anni di cinema che ha raccontato l’handicap sfruttandolo cinicamente per
imbastire vicende strappalacrime tutte incentrate sul patetismo e sulla
retorica della denuncia dell’emarginazione, The
Tribe capovolge in maniera
radicale la prospettiva sforzandosi di raccontare un certo tipo di handicap
come normalità affetta dallo stesso malessere socioculturale responsabile del
marciume di quanti non hanno alcun tipo di handicap e rappresentano la normale società civile. E fin qui non ci
sarebbe nulla di rivoluzionario, se non fosse che Slaboshpytskiy sceglie di
affrontare questo ribaltamento di prospettive con un approccio linguistico che
non ha precedenti al cinema.
Come
annuncia minacciosa una scritta su sfondo nero prima che tutto abbia inizio, il
film è recitato «nel linguaggio dei segni dei sordomuti» e che di proposito
«non vi sono traduzione, né sottotitoli né voice over». Per 130 minuti lo
spettatore viene coinvolto in un’avventura della percezione nella quale le
coordinate del tradizionale sentire con la mente sono stravolte: mentre i
personaggi del film comunicano tra di loro con il linguaggio dei segni
nell’invalicabile mutismo che li contraddistingue e sullo schermo si sentono
(di rado) soltanto rumori d’ambiente che fanno da labile cornice sonora al
tutto, chi guarda quanto accade sullo schermo subisce la stessa emarginazione
cui sono sottoposti i sordomuti nei contesti di tradizionale comunicazione
verbale…
…Anche lo stile
adottato dal regista si adegua a questo micromondo costituito dall’istituto e
dal sistema criminale messo in piedi dai ragazzi: ogni scena, che inizia quasi
sempre con una carrellata laterale, è risolta mediante un piano-sequenza con
macchina da presa fissa posta a debita distanza dal fulcro dell’azione,
lasciando così liberi i personaggi di muoversi e (inter)agire liberamente senza
vincoli e senza cadere nel voyeurismo. La ricerca di questo realismo
diventa assoluto riprendendo scene di sesso, spesso consumato sul pavimento, in
tutta la loro cruda realtà, ma raggiungendo il culmine (e lo shock) nella scena
dell’aborto, quasi insopportabile nella sua crudezza senza peraltro mostrare
alcun dettaglio scabroso, oppure la scena finale, di una violenza così
disperata e al contempo così trattenuta da risultare ancora più shockante di
quanto non sia; perché come noi non possiamo sentire le parole (perché di
parole non ce ne sono), così non possiamo vedere tutto. Ed è lo stile (fermo,
secco, preciso) a raggelare la violenza (urlata, concitata, assoluta)…
…"The
Tribe" è anche e soprattutto la storia di un amore impossibile e di una
crudele iniziazione alle vita. Al centro del film, infatti, spiccano sempre
Sergey e la sua gang: giovanissimi ragazzi di vita che tiranneggiano i
compagni, collezionano espedienti, giocano di notte in una città che sembra
abbandonata o sopravvissuta a un'apocalisse nucleare. Sono bambini sperduti, ma
per loro non esiste un'Isola che non c'è o un Paese delle Meraviglie. Esiste al
contrario un'Ucraina di degrado, di sporcizia e bassezza (anche morale) che non
concede speranze né occasioni di riscatto. A questi emarginati dal destino
segnato, lasciati soli o accuditi da adulti aguzzini, non resta che crescere in
balia delle proprie pulsioni più bestiali: rubano, picchiano, sfruttano,
stuprano, uccidono…
Sublime tragédie contemporaine, THE
TRIBE est une immersion sensasionnelle au coeur d’un institut pour sourds et
muets – un microcosme permettant une radiographie de la société ukrainienne
contemporaine, et au-delà. Avec des signes pour tout dialogue, le film est a
plus d’un titre proprement hypnotique. Myroslav Slaboshpytskiy prodigue une
oeuvre boulversante, tout à la fois grandiose et effroyable…
…The Tribe es subversiva y exigente. Rabiosamente y
felizmente, apostillo. Como cine de la diferencia acota su foco entomológico en
una comunidad cerrada de adolescentes sordomudos. Una residencia estudiantil.
De ese microcosmos situado en los márgenes cierra más el objetivo porque se
centra en un grupúsculo con prácticas delictivas. El imperativo del film: no
utilizar el lenguaje ni ningún soporte que le acompañe. El espectador debe
entrar como si fuera uno de ellos. Una introducción con requisitos, algo
inusual y a lo que no estamos acostumbrados. Eso genera un automático proceso
de empatía con los personajes como el que busca la formación de los lazarillos,
a los que se les incorporan prácticas en las que se carezca de la visión para
que el futuro ayudante pueda comprender mejor a aquel invidente que tendrá que
asistir. Eso, a priori, sitúa el film en el umbral de dramas sociales que buscan
la concienciación, mediante la visibilización de grupos invisibles para el cine
mayoritario. Pero, lo sabemos, este tipo de películas están muy viciadas.
Desembocan en actitudes paternalistas y lo que es un acto de denuncia acaba
resultando un ejercicio lastimero y deplorable de pornografía sentimental. The Tribe le
da una patada en el culo a todas ellas, porque lo suyo no es un retrato
complaciente o idealizado. Justamente su prisma revuelve lo políticamente
correcto cuando detiene su mirada en protocriminales masculinos desalmados que extorsionan,
roban y ejercen de proxenetas. Las protagonistas femeninas se prostituyen sin
ningún conflicto moral. De hecho, el conflicto estalla cuando el protagonista
trata de romper esa situación de explotación y se encuentra con el rechazo
frontal tanto de los que abusan como de las abusadas. Para arreglar las cosas
el protagonista no lo hace como un gesto de buena acción. Sencillamente, se ha
enamorado compulsivamente de una de ellas. Y lo que le gobierna es un desmesurado
y patológico sentimiento de posesión que tendrá consecuencias fatales…
…Ammetto
però che costui abbia dei raptus registici tali da
riuscire imprevedibilmente a stupirmi, come quando inscena l’aborto
clandestino, agghiacciante ancestrale, o l’ecatombe finale, che evoca la
violenza estrema del Petroliere, i monoliti e la tribù dei primati in 2001
Odissea dello Spazio. Momenti in cui il senso non è troppo, è solo uno,
l’orrore, e nella caverna restiamo solo in due, io che guardo e lui che
parla la mia stessa lingua, sciolta da ogni contrizione sociopolitica.
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