venerdì 7 febbraio 2014

Green zone – Paul Greengrass

un'americanata dell'inglese Paul Greengrass, si racconta una storia ormai nota, delle menzogne e delle guerre, qui l'Iraq e le armi di distruzione di massa.
il film è coinvolgente, ci sono i buoni e i cattivi, dentro lo schieramento dei buoni, e i nemici non sono così cattivi.
ma la storia la scrivono i peggiori, dopo c'è il racconto della sconfitta (in questo caso del buon senso e della verità).
regolamenti di conti ad alta tensione raccontati come Paul Greengrass sa fare.
se "Green zone" vi capita non trascuratelo, se non capita cercatelo - Ismaele



Fin dalla prima sensazionale sequenza che dal micro (una riunione di loschi iracheni) subito proietta la storia nel macro (il susseguente bombardamento che di colpo illumina la notte) Green zone è cinema in mobilità mai domo, girato con il consueto stile caoticamente controllato di Greengrass. Come gli altri che prima di lui hanno portato sul grande schermo il conflitto iracheno, Greengrass vuole scendere nelle strade ed entrare nei vicoli peni di calcinacci ma diversamente da altri più che al video sceglie di appoggiarsi all'audio (una colonna sonora costante che si mischia a rumori di fondo scelti, mixati e organizzati con una precisione meticolosa per rendere la tagliente tensione della guerriglia di strada) trovando così il vero specifico filmico della nuova guerra.
Aggiornando le più classiche dinamiche del cinema d'azione americano, l'interesse del film passa in fretta dal contesto geopolitico alle frasi con le quali i personaggi si minacciano, ai colpi sparati, alla tensione degli inseguimenti (fantastico quello a tre!) e alle motivazioni che animano i comprimari, solitari quanto i protagonisti, nella loro lotta privata, sganciando così l'opera dalla contingenza attuale per proiettarla nell'Olimpo del grande cinema.

…The action in "Green Zone" is followed by Greengrass in the QueasyCam style I've found distracting in the past: lots of quick cuts between hand-held shots. It didn't bother me here. That may be because I became so involved in the story. Perhaps also because unlike the "Bourne" films, this one contains no action sequences that are logically impossible. When we see a car chase that couldn't take place in the real world, we naturally think about the visual effects. When they could take place and it's a good movie, we're thinking about the story.
"Green Zone" will no doubt be under fire from those who are still defending the fabricated intelligence we used as an excuse to invade Iraq. Yes, the film is fiction, employs farfetched coincidences and improbably places one man at the center of all the action. It is a thriller, not a documentary. It's my belief that the nature of the neocon evildoing has by now become pretty clear. Others will disagree. The bottom line is: This is one hell of a thriller.

Alla ricognizione da simil-inchiesta sulle cause scatenanti della guerra si intreccia il thriller d'azione sui loschi segreti che hanno portato gli americani in Iraq. La sceneggiatura di Brian Helgeland, basata sul romanzo di Rajiv Chandrasekaran, ruota intorno a un mistero che mistero non è più da tanti anni: le armi di distruzione di massa erano solo un pretesto per potere invadere l'Iraq. Con questo debole presupposto diventa difficile mantenere la tensione alta per la durata della visione, soprattutto se questo è il perno della narrazione.
La pellicola si può facilmente inserire nel nuovo filone di film sull'Iraq, e si interessa principalmente a spiegare la menzogna che ha portato l'esercito a stelle e strisce in guerra.
E' interessante il modo in cui Greengrass descrive i burattinai del Sistema, del cinismo con cui manipolano fatti e persone; l'incursione in tali meccanismi può dirsi riuscita, sebbene il finale, nel quale la verità scottante viene a galla, è mostrato come sin troppo trionfalistico…

…Greengrass è riuscito a dargli un peso visivo significativo. La sua capacità di entrare nel cuore dell’azione è mirabile, così come la sua abilità nel comunicare temi “scottanti”, in un certo senso verità conosciute o solo temute e portarle sullo schermo mascherandole dietro una finzione che è capace di far riflettere come un documentario. Notevoli in questo film sono alcuni episodi che, seppur in parte drammaturgicamente scontati (come il “colpo di scena” finale), sono un buono stimolo alla riflessione, all’interrogarsi sul senso di molte scelte politiche internazionali dell’occidente “civilizzato” e “democratico”, sulla mobilitazione di una coscienza che non può rimanere sorda al richiamo della verità come invece accade nelle oasi fatte di cocktail e bagni in piscina nel bel mezzo di una guerra in cui la povera gente fa la fame e non ha un goccio di acqua potabile...

Miller, lui, n’oublie pas que la vérité est primordiale face à une maison blanche qui ne comprend rien à la situation politique locale. On retrouve bien cette idée entre le plan d’ouverture montrant Bagdad de nuit subissant des bombardements, et l’un des derniers plans montrant cette fois ci Bagdad en feu alors que le conflit est « terminé ». « Ce n’est pas à vous de décider de ce qui se passe ici » dit un Irakien, et Miller va le comprendre. Faire la guerre est une chose, mais il faut savoir pourquoi l’on se bat, pourquoi l’on risque sa vie et pourquoi on va devoir en supprimer une. La force du film (et de la filmo) de Greengrass est de, sans prendre un ton moralisateur, nous confronter face à cela (tout en restant un excellent divertissement)…
da qui

2 commenti:

  1. Ottima pellicola, ho avuto la fortuna di vederla...
    Grazie Francesco..buona serata!:::)))

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