dopo qualche giorno ti ricordi più le scene, gli attori, lo spettacolo, bello e grande, ma non troppo di più.
e comunque quello che c'è basta per vederlo con soddisfazione - Ismaele
…Smaltito l'entusiasmo iniziale ci si rende
conto che non tutto funziona a meraviglia, a partire da un'inconsulta
rivelazione finale sul passato di Tae-gu, e che, rispetto alle precedenti opere
di Kim Jee-won, il film sconta la sua natura eminentemente ludica e la volontà
di ribadire la supremazia dello stile. E di stile Kim ne ha senz'altro da
vendere, tanto da portarlo ai primi posti in un'ideale classifica dei registi
coreani contemporanei, ma è uno stile che porta all'assoluta perfezione
l'esistente senza innovare, appagato dalle proprie inarrivabili vertigini
estetiche ma immune sia alle folgorazioni di Park Chan-wook che alla densità di Bong Joon-hoo...
…Ma l'assenza di originalità della sceneggiatura viene
sostituita dalla forza dirompente delle immagini, seducente abbastanza da
rendere godibile e piacevole il film intero. La fotografia di Lee Mo-kae
dipinge le location interne con toni accesi, dal blu cobalto al giallo
chartreuse, alternandoli al magenta. Il risultato è un'eccentrica
rappresentazione delle ambientazioni western, di solito legate al grigio
nebuloso di polvere e sabbia, un tocco stravagante che rende ancora più curiosa
l'operazione. A dare i brividi sono anche le vertiginose inquadrature dall'alto
(i titoli di testa ne sono un esempio brillante) e gli spostamenti rapidi di
angolazione, un modo irrequieto di raccontare e dare forma alla storia, retta
su un equilibrio interessante di dramma e ironia che tempera la gravità delle azioni
più crudeli con inserti comici irresistibili.
…Resta un correre incessante, per arrivare
all’apoteosi nella parte finale, con lungo inseguimento nel deserto dove il
“mondo” armato è alle calcagna del sidecar del “matto”, per un effetto
grottesco che si perde senza la sospensione di incredulità nel vederlo scampare
a mille proiettili e decine di cavalli e jeep (che, oltretutto, in
un’inquadratura ravvicinata gli sono addosso e in quella successiva a campo
lungo sono distanziati). Un gioco che stanca, ma un bel gioco, ad opera di un
regista di genere con stilemi autoriali, non viceversa.
…un film ad altissimo budget e
vertiginosa densità spettacolare che mostra al mondo intero l’emancipazione
linguistica del cinema nazionale. Un film capace di testimoniare l’assoluta
maturità non solo del suo autore, ma dell’intera cinematografia coreana. Non è
fortuito allora che Kim Jee-woon si rifaccia al filone dei cosiddetti
spaghetti-western, risposta indipendente e insubordinata a un genere in via di
esaurimento. E non è un caso che il suo “Kimchi Western” rinunci
deliberatamente all’uso massiccio di effetti digitali e rielaborazioni in
computer graphics per gettarsi nella mischia con sguardo atletico, totalmente
coinvolto nell’azione, tutt’altro che disincarnato o astratto. A dominare sono
le traiettorie fisiche dei movimenti, le performance ginniche di Song Kang-ho,
le altezzose rodomontate di Lee Byung-hun e le cavalcate a rotta di collo di
Jung Woo-sung. Persino il finale, col suo strisciante disinteresse per l’oro
nero e l’instancabile rinnovarsi della fuga, ci parla di un cinema
orgogliosamente lontano dalle lusinghe d’importazione e irriducibilmente
proteso a continuare la corsa oltre la frontiera. Nei territori di un cinema
finalmente libero e spavaldamente fuorilegge.
Piaciuto poco, onestamente 'ste emulazioni di spaghetti western giapponesi non mi hanno mai convinto del tutto, manco "Sukiyaki western Django" (e io ADORO Miike)
RispondiEliminauna visione è sufficiente, come dei fuochi artificiali, belli, ma finisce lì, poi c'è altro da fare.
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