venerdì 29 novembre 2013

L’arpa birmana - Kon Ichikawa

un classico dei film di guerra contro la guerra, contro la crudeltà, l'inutilità, l'inumanità, la stupidità della guerra.
Mizushima sceglie una forma di diserzione e di disobbedienza, quella di un Antigone che sceglie di stare vicino ai compagni morti, di dargli una sepoltura, i compagni vivi e prigionieri, confusi e affettuosi, capiscono qualcosa, poi tutto. Alla fine il viaggio in nave per tornare a casa, tutto il contrario del mito di Ulisse, Mizushima, l'eroe, non torna, resta in un esilio non dorato, ma volontario, per portare avanti un compito al quale la sua umanità lo destina.
un film di resistenza, cercatelo e guardatelo tutti, è un film diverso da quelli che vediamo di solito, e questo fa solo bene - Ismaele



Voto 10 a un film che oltre a essere un capolavoro riconosciuto della storia del cinema, "l'Orizzonti di Gloria" giapponese, mi ha incantato per un umanesimo così profondo e convinto che non ho trovato nemmeno nelle pietre miliari antimilitariste della cinematografia occidentale. Sarà il fascino esotico della terra di Birmania, o la musica struggente che accompagna le dolorose vicende del reparto giapponese e le scelte di vita di Mizushima, o forse la semplice originalità della vicenda narrata e il modo in cui è narrata (montaggio innovativo nella gestione della scansione temporale degli eventi) che lascia allo stesso tempo una sensazione di commozione e di pace nel cuore di chi lo guarda, al punto che si finisce per scordarsi della guerra, del Giappone, della Birmania e ci si ritrova a pensare a sé stessi come appartenenti a un' unica fragilissima famiglia: il genere umano.

E con la musica come mezzo d'amore e pace per far comprendere l'errore della guerra, un militare giapponese, Mizushima, in fase di mea culpa, torna sui suoi passi, cambia idea su se stesso, si fa bonzo, e decide di dedicarsi alla vita piuttosto che dedicarsi ad una causa che porta solo alla morte. Capolavoro.

…La lettera dice: “ caro comandante e cari amici, io non posso dirvi quanto senta la vostra mancanza, né posso dirvi quanto mi piacerebbe tornare insieme con voi, lavorare con voi, chiacchierare con voi e suonare e cantare di nuovo. Quanto mi piacerebbe tornare in Giappone, quanto vorrei ripercorrere il mio paese distrutto, rivedere i miei parenti, mi mancano le parole per dirvelo meglio tutto questo; ma non posso tornare a casa. Non tornerò a casa, finché in Birmania resteranno insepolti i corpi dei nostri soldati. Perciò rimango qui, per rifare la strada della guerra. Ricordate quando ci incontrammo sul ponte? Avrei voluto fermarmi e dirvi ciò che volevo fare, ma non potei nemmeno parlare, non ne ebbi la forza, volevo fare ciò che pensavo fino in fondo …” “No! Non posso più tornare a casa” , dice intanto il pappagallo di Mizushima. “ Ho superato – prosegue – i monti, guadato i fiumi, come la guerra li aveva superati e guadati in un modo insano. Ho visto l’erba bruciata, i campi riarsi, perché tanta distruzione caduta sul mondo? E la luce m’illuminò i pensieri. Nessun pensiero umano può dare una risposta ad un interrogativo inumano. Io non potevo che portare un poco di pietà dove non era esistita che crudeltà. Quanti dovrebbero avere questa pietà? Allora non importerebbe la guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste nascere alcune lacrime di carità umana. Vorrei continuare in questa mia missione, continuare nel tempo fino alla fine. Per questo, ho chiesto al bonzo che mi salvò dalla morte sul colle del triangolo di affidarmi la cura dei morti insepolti. Il capitano diceva di tornare in Giappone per collaborare alla ricostruzione del paese distrutto dalla guerra. Ricordo molto bene queste sue parole, ma quando vidi i morti giacere insepolti, preda degli avvoltoi, della dimenticanza e dell’indifferenza decisi di rimanere perché le migliaia e le migliaia di anime sapessero che una memoria d’amore le ricordava tutte ad una ad una. Passeranno gli anni, tanti anni prima che io finisca e , allora, se mi sarà concesso tornerò in patria, forse non tornerò più, la terra non basta a ricoprire i morti. Miei cari amici, io so che voi siete in grado di comprendermi e ve ne sono riconoscente. Vi scrivo dal monastero durante la notte e il pappagallo dice: Mizushima ritorna in giappone con noi. Io lo ascolto e vi giuro vorrei tanto tornare. Oggi il desiderio era forte e non resistendo suonai la mia arpa: la canzone dell’addio per voi. Addio amici che tornate in patria, vi confesso che non finirei mai di poter dire addio. Grazie per avermi tanto cercato, amici. Io vi ringrazio con tutto il mio cuore commosso. Io sarò qui in Birmania quando nevicherà e i monti nasconderanno la croce del sud e quando avrò sete di ricordi, quando avrò nostalgia di voi suonerò di nuovo la mia arpa. Per tanto tempo siete stati miei amici, vi ricorderò tutti, questo voglio dirvi.

2 commenti:

  1. Gran film, proveniente da un periodo d'oro della cinematografia giapponese (gli anni cinquanta, incredibilmente ricchi di capolavori). Forse un tantino "mitizzato" oltre i suoi meriti dalla critica italiana (per via dei contenuti), ma indubbiamente da vedere e rivedere.

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    1. da (ri)scoprire, forse è più famoso che visto.
      magari non è perfetto, forse solo ha ritmi e sceneggiatura diverse rispetto a quanto siamo abituati

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