martedì 12 novembre 2013

Something Good - Luca Barbareschi

un film dalle buone intenzioni e con ambizioni (tratto dal libro di Carlotto e Abate "Mi fido di te"), una storia d'amore e di frodi alimentari, girata a Hong Kong. 
Barbareschi fa l'attore e il regista, una specie di Al Pacino (o Daniel Auteil) e Johnny To casalingo, inferiore in entrambi i casi agli originali.
interessante la tematica economico-alimentare, magari si poteva andare più in profondità, ma la storia d'amore ruba spazio e poi non vissero felici e contenti.
non un film memorabile, in certi momenti sembra un compitino diligente, ma si può vedere - Ismaele




Barbareschi non si inchina a nessuno, ma attinge a piene mani all'estetica del cinema asiatico (vedi l'uso delle superfici riflettenti che deve molto ad autori come Edward Yang, e i riferimenti agli yakuza movie, pur senza l'energia cinetica dei maestri del genere), ma anche al polar francese (soprattutto nella caratterizzazione di Matteo, che rimanda a Daniel Auteil) e al film di denuncia hollywoodiano. Barbareschi mantiene però un saldo controllo autoriale che gli fa scegliere, ad esempio, un giovane sceneggiatore come Francesco Arlanch, televisivo solo nel background professionale, per costruire dialoghi credibili privi di inutili sottolineature e ridondanze e ricchi di pennellate ironiche, che salvano il film dal prendersi troppo sul serio e tolgono all'impianto melodrammatico il rischio di sconfinare nell'autoparodia…

Evidentemente a livello registico si nota un certo indugio su certi estetismi di maniera, la pioggia, la fotografia saturata, le luci notturne e le vetrate riflettenti e soprattutto un eccessivo uso del ralenty: il film un po' troppo lungo, quasi perfetto per una miniserie in due puntate in effetti. Ma soprattutto grazie alla sceneggiatura ben scritta, nonostante qualche patinatura e qualche cliché, le situazioni e i personaggi rimangono piuttosto credibili, senza mai sconfinare troppo nel retorico o nel grottesco…

Fermo restando il valore imprenditoriale, e dunque internazionale del progetto che pochi film italiani possono vantare, a Something Good manca un mordente. Non è il thriller, il cui intreccio si innesca ma non si consolida lasciando il campo alla love story. Non è la storia d’amore, per la quale il Barbareschi attore non permette una facile immedesimazione nel personaggio. Non è la denuncia, non essendo questa l’intenzione originale nonostante il desiderio di sapere qualcosa di più sui traffici alimentari. Ma il coraggio di ambire, anche con presunzione, è da elogiare.

Something Good pare buona televisione, ovvero il riassunto di un serial che l’Italia qui e ora non si può permettere. Ma in attesa di una tv “normale” questo assaggio delegato al cinema non guasta.
da qui

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