mercoledì 27 novembre 2013

La gabbia dorata (La jaula de oro) – Diego Quemada-Diez

il film racconta una fuga, fra le tante, verso il Nord ricco e pieno di opportunità, per gli occhi dei poveri ragazzi centroamericani.
pochi arrivano e inizieranno (e quasi tutti continueranno e finiranno) a fare lavori da schiavi.
qui partono in tre, uno ha paura, una è una ragazza che viene rapita da ladroni, un altro muore per strada, uno solo arriverà alla meta.
trafficanti, ladri, poliziotti sembrano tutti della stessa squadra (non posso non pensare a questo articolo, del 1996, di Mario Vargas Llosa, che condivido del tutto).
gli attori sono bravissimi, come anche il regista, che è stato aiuto di grandi registi, e si vede che ha imparato molte cose buone, mancano effetti speciali e sentimentalismi, per fortuna.
un avvertimento: c'è il rischio di affezionarti a quei ragazzini, e di soffrire con loro.
e però, nei nostri cinema comodi e nelle nostre case riscaldate, come faremo a capire qualcosa di cosa si prova davvero?
un film da non perdere, se qualche cinema in più lo facesse vedere - Ismaele






La situazione sociale dell’America Latina necessita di un cinema che sia profondamente impegnato nella realtà del mondo. A me interessa fare film radicati nella società contemporanea. L’autentico realismo ha tutto: fantasia e razionalità, sofferenza e utopia, la felicità e il dolore delle nostre esistenze. Voglio dare voce agli emigranti: esseri umani che sfidano un sistema retto dalle indifferenti autorità nazionali e internazionali, attraversando illegalmente le frontiere, rischiando le loro vite nella speranza di superare la povertà estrema. - Diego Quemada-Díez

…Già dalla scelta di girare in Super 16, risulta chiara la volontà di avvicinarsi a una vibrazione dell'immagine d'impianto documentario oppure, ancor meglio, a una ricostruzione affidabile di una storia che ne racchiude mille altre simili, tutte autentiche. Dentro a una rigorosa organizzazione degli spazi, restituita da una direzione artistica secca e severa, si muovono tre attori adolescenti coi quali lo spettatore instaura subito una forte empatia: anche le evoluzioni dei loro rapporti, dall'iniziale avversità che il risoluto Juan prova verso Chauk fino al totale ribaltamento, stanno a sottolineare l'importanza della condivisione, della solidarietà, il falso mito dell'individualismo. Esordio riuscito e maturo, forse un po' troppo compiuto e definito nella sua misura di vero e falso, è il lavoro di un regista che sa benissimo come muoversi all'interno di un idea di cinema molto precisa. Non per niente, Diego Quemada-Díez ha maturato un'esperienza ventennale accanto a nomi come Ken Loach, Oliver Stone, Alejandro González Iñárritu Fernando Meirelles.

…There is something very moving about the desperate courage shown by Juan, Sara and Chauk as they battle northwards. Sara has prudently decided to disguise herself as a boy called "Oswaldo" by cutting her hair, wearing a cap and taping up her chest under her shapeless T-shirt. It creates a poignant romantic tension and there is even a tender sort of Jules et Jim frisson between the three of them. But to those hoping for a relaxing or romantic outcome, La Jaula de Oro has nothing to offer but grim reality. It is a very substantial movie, with great compassion and urgency.

…Certo, a conti fatti infatti La gabbia dorata funziona, e funziona prima di tutto come fiction, come pellicola fruibile e apprezzabile da chiunque (non come Post tenebras lux, per intenderci) abbia un cuore, e per questo lascia parecchio a desiderare il fatto che in Italia soffra di una distribuzione così monca, limitata e limitante (ma evidentemente bisogna lasciar spazio a film che trattano lo stesso tema in tutt'altro modo, come Machete kills), e anzi dispiace se si considera l'estrema riflessione lanciata da Quemada-Diez già dal titolo, La gabbia dorata. Qual è questa gabbia? Sono il Messico, il Guatemala - territori sprofondati nella luce che abbaglia i colori caldi di quelle terre, dorandoli. Di certo la gabbia non sono gli States, identificati nella chiosa finale col mattatoio dove il guatemalteco trova lavoro come un ambiente asettico, murtuario, dai colori freddi che congelano le speranze e, senza troppi forse, anche la vita.
da qui

6 commenti:

  1. Grazie per la citazione!
    Comunque, concordo più o meno su tutto: un gran film, che andrebbe proiettato in più cinema, anche perché è davvero fruibile e per nulla "intellettualoide" o radical chic, come dicono alcuni. Grossa pecca, IMHO, è stato il buonismo con cui è stato affrontato il salvataggio dell'indio da parte del suo nemico-amico poco prima del finale.

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    1. per la citazione, noblesse oblige!

      per il buonismo non sono d'accordo, fossero stati due adulti (a magari di sesso diverso) ti avrei dato ragione, ma qui ci sono due ragazzini, ingenui, e poco simpatici l'uno per l'altro, quello che chiami buonismo per me è un ulteriore fattore positivo del film, per niente furbetto, è una solidarietà primitiva, i due sono compagni.

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    2. Non l'avevo vista così, hai ragione. Spero sia presto reperibile, così me lo riguardo in quest'ottica.

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    3. grazie per la ragione:)

      è che a volte, io per primo, siamo prigionieri di schemi e pregiudizi, e dobbiamo incasellare, classificare, giudicare, dobbiamo essere più elastici, mica facile, ma una volta ci riesce uno, poi un'altra volta l'altro, poi un terzo...

      dice George Bernard Shaw: "Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee."

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    4. Vero, ma sono troppo giovane per non essere impulsivo :p

      A parte gli scherzi, hai ragione. Citi Shaw, a me viene in mente "Questa è l'acqua" di Wallace, e hanno ragione entrambi, ma la difficoltà di attuare certi insegnamenti non è poca.

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    5. la giovinezza è una condizione che il tempo guarirà, solo non bisogna avere fretta, non costa niente:)

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