lunedì 17 giugno 2013

Girolimoni – Damiano Damiani

sarà che l'ho visto da ragazzino, sarà che ho un debole per Nino Manfredi, ma rivedere il film dopo una quarantina d'anni mi ha commosso e fatto apprezzare quello che ancora non capivo.
un piccolo capolavoro, da non perdere, merito sopratutto di Nino Manfredi - Ismaele




Archiviato da più di trent'anni dalla televisione e dimenticato da tutta la critica ufficiale e non, ma incredibilmente editato in dvd, il film di Damiani è invece attualissimo. I temi scottanti e scomodi si riferiscono ad un episodio realmente accaduto, un errore giudiziario (il caso Valpreda) nel periodo fascista. La stampa giudica questi casi, spesso sostituendosi alla magistratura, strumentalizzandone ogni aspetto e a volte inventandosi di sana pianta degli episodi, discostandosi così dalla realtà allo scopo di sfamare la psicosi forcaiola di massa, aumentando così tirature e vendite del proprio prodotto, decretando verdetti prima dei processi senza certezze oggettive, che peraltro sono spesso difficili da conseguire. Negli anni si sono succeduti molti episodi simili a quello raccontato nel film ed il trucco è sempre quello: le autorità del "Palazzo" in determinati momenti di crisi, di difficoltà nella gestione del potere o per coprire le proprie malefatte, focalizzano l'attenzione del pubblico su questi episodi di cronaca nera, con l'aiuto della magistratura e la collaborazione indistinta di giornali e televisioni...

Nino Manfredi merita una citazione a parte. Nel 1972 l’attore attraversa forse il suo periodo migliore, quella maturità i cui veri frutti si notarono dalla fine degli anni ’60 con prove da grand’attore drammatico, non solo comico. La sua è un’interpretazione di grandissimo spessore se pensiamo al ruolo non facile per la sua tragicità, nonchè per il fatto di inscenare una vicenda realmente accaduta. Una tragicità che nonostante tutto l’attore riesce a mitigare rendendo un personaggio ironico, amante della vita (e del bel vivere, che male c’è?), sempre pronto alla battuta fulminea e al riferimento ironico (e sarcastico) anche quando si trova malmenato in una cella. Molto più da tragedia si fa la sua interpretazione quando esce dal carcere. L’ironia della prima parte, lascia il posto alla disperazione e allo sconforto che coinvolge anche lo spettatore. E’quello che si chiama “processo di commiserazione” di quest’ultimo verso il protagonista scornato.

Ancora encomio a Damiano Damiani e a Nino Manfredi per aver in questo modo, con l'arte popolare d'eccellenza che è il Cinema, contribuito non solo a riabilitare il buon Gino Girolimoni ma ad evidenziare, perlomeno moralmente, i veri colpevoli di quanto è accaduto a lui, che ebbero anche la grave colpa di non trovare poi il vero assassino.

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