tratto da un romanzo, molto bello, di Roberto Alajmo, racconta una storia, come dice Busu, un tale, che per un graffio alla macchina uccise suo padre...
da non perdere - Ismaele
Ci sono andato con parecchi pregiudizi. Mai stato un
entusiasta di Cinico tv e relativo duo registico
Ciprì-Maresco, magari un estimatore sì, però la passione mai. Lo spettacolo del
turpe, anche se messo in scena con rigore e alto senso dello stile e della
forma, mi ha sempre suscitato un qualche rigetto, che volete farci. Però. Però
questo È stato il figlio m’è parso una gran riuscita, un film
importante soprattutto nel non ben messo panorama del cinema italiano. Storia
siciliana, di sicilianitudine assoluta per visceralità, cupi estremismi, umori,
amori e disamori. Fors’anche una rischiosa galleria di cliché sulla Sicilia e
sul suo degrado fisico, ambientale, morale, che se non l’avesse messa in piedi
un palermitano le anime belle del politicamente correttissimo si sarebbero già
scatenate. Una Sicilia torva, naturalmente criminogena, postaccio brutto,
sporco e cattivo (l’allusione al film di Scola non è per niente casuale, avendo
parecchi punti di contatto con questo, a partire dal familismo più
darwinianamente amorale) dove ogni pietà è morta, la sporcizia si accumula
ovunque, i picciotti più o meno immafiositi imperversano, la burocrazia è
sadica, e dove conta solo la pura, animale possibilità di sopravvivere in un universo
di sberluccicanti consumi…
… Forse meno estremo da
un punto di vista di impatto visivo rispetto ai precedenti lavori in coppia con
Maresco, E’ stato il figlio conserva comunque una poetica disperata ma anche
romantica, un tono caustico, graffiante sebbene mai gratuito o scandalistico.
Un film italiano bello e
importante, che non pecca né di populismo né di snobismo
intellettualoide, ma che può essere preso come termine di paragone per un
cinema finalmente inventivo, antiretorico e ruspante.
Busu (Alfredo Castro) è seduto in un ufficio postale,
dove paga bollette altrui in cambio di un compenso. E' lui il narratore, la
versione cipriana di Forrest Gump, che in attesa del suo turno racconta storie
a metà tra la cronaca e la fantasia, senza curarsi della gente che si ferma, lo
ascolta e se ne va. Nessuna piuma gli si posa sulle ginocchia. Piuttosto un
incidente mortale, oltre la vetrata alle sue spalle. Imperturbabile come in
"Post Mortem" di Pablo Larrain(in concorso
due anni fa a Venezia) Castro/Busu si rivolge alla sala: "Conoscevo un
tale, che per un graffio alla macchina uccise suo padre…
Ecco un film che mi ispira molto, sia per Ciprì, sia - sopratutto - per Servillo.
RispondiEliminaServillo ormai è un grande, riesce a interpretare personaggi del tutto diversi in maniera appassionante e coinvolgente per chi guarda, e in questo film non delude, anzi...
RispondiEliminaIo lo considero il miglior attore italiano vivente. Eclettico, versatile, convincente, efficace sempre.
RispondiEliminain effetti, se fra gli attori c'è lui, quel film vado a vederlo, con fiducia:)
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