mercoledì 12 settembre 2012

Spalovac mrtvol (L'uomo che bruciava i cadaveri) - Juraj Herz


1 - il film è tratto da un romanzo di Ladislav Fuks, qui anche sceneggiatore (che ha scritto un romanzo immenso, “Il Signor Theodor Mundstock”, leggine qualcosa qui)

2 – il film è un capolavoro, la storia è di chi per successo, convenienza o ideologia non guarda in faccia niente e nessuno, all'inizio il protagonista è buono e gentile, non crederesti alla metamorfosi, prima, arriva fino agli atti più estremi, senza problemi di metabolizzazione, si passa dalla commedia alla tragedia e all'horror, in una discesa verso l'abisso, il film è del 1968, si poteva osare, i riferimenti politici sono forti, tecnicamente il film ha molto dell’animazione, come le inquadrature, per esempio (Jan Svankmajer è amico e collaboratore del regista), la musica è angosciante, il film ha un tono kafkiano (come la scrittura di Fuks), alla fine stai male (ma anche prima) e dopo ti resta dentro. Imperdibile.

3 – se un post si dedica, questo è dedicato a Einzige (che ha deciso di appendere il suo blog al chiodo, qui)  che ha visto il film e lo classifica, anche lui, fra i capolavori.



lo si cerchi e lo si veda, poi mi direte - Ismaele




…Juraj Herz’s Slovakian film “The Cremator” (1968) might just be a top ten. It tells the fascinating, disturbing and uncomfortably hilarious story of a radical Buddhist psychotic serial killer who runs a Czechoslovakian crematorium in the years leading up to WWII...

Il film è denso di aspetti metaforici creati per rendere interpretabile la trama, portando il piano onirico dell'opera su un piano di maggior riflessione, quello del surreale; questi aspetti sono vere opere d'arte. Tralasciando il magnifico simbolo ricorrente della tigre, già spiegato, nel film ci viene introdotto uno spirito che segue costantemente il protagonista (la donna pallida dai capelli bruni e lisci). Questa donna è il primo cadavere nel crematorio che ci viene presentato dal protagonista; essa è ciò che congiunge la sua personalità alla realtà dei fatti, tanto che questo spirito appare nei momenti di maggior profondità psicologica del protagonista. È, in un certo senso, la coscienza di Kopfrkingl, la consapevolezza della realtà. Immobile, fredda, sorridente nel momento di svago e di non preoccupazione (quando è nel bordello), sempre più distante man mano che l'uomo si allontana dalla sua sanità mentale, una consapevolezza di perdersi nelle proprie elucubrazioni tale da rincorrere l'uomo alla fine del film, quando ormai la perdita è inevitabile, quando ormai le conseguenze delle proprie azioni sono incipienti e la parola “fine” sta per chiudere il film…

Juraj Herz’s The Cremator (1968) has only recently begun to receive the attention it so clearly deserves. Although unquestionably part of the Czech New Wave of the 1960s, Herz has never been as well known as his contemporaries such as Milos Forman, Jirí Menzel and Ivan Passer, and the film is rarely mentioned in the same breath as The Shop on the High Street (Jan Kadar and Elmar Klos, 1965), Closely Observed Trains (Menzel, 1966) or The Fireman’s Ball (Forman, 1967). This marginalisation is perhaps partly due to Herz’s training as a puppeteer, rather than a live action filmmaker, a fact which at times comes through in The Cremator and aligns his work more with that of his friend and collaborator, Jan Svankmajer, than with more mainstream New Wave directors like Forman or Menzel.
Furthermore, The Cremator came at precisely the wrong time. Herz began the film during the short-lived period of liberalisation in 1968 know as the “Prague Spring”, during which Czech filmmakers enjoyed unprecedented, if not total artistic freedom. However, shooting was not yet complete when the Soviet clampdown came in August of that year. Working quickly, the film was finished and released, albeit briefly, before the Soviets regained their hold over the Czech film industry. It was then promptly banned and soon forgotten…

Juraj Herz’s film The Cremator has been described in many ways - as surrealist-inspired horror, as expressionist fantasy, as a dark and disturbing tale of terror. 

This brilliantly chilling film, a mix of 
Dr Strangelove and Repulsion, is set in Prague during the Nazi occupation. It tells the story of Karl Kopfrkingl (Rudolf Hrusínský), a professional cremator, for whom the political climate allows free rein to his increasingly deranged impulses for the ’salvation of the world’...

The production design is crisp and symmetrical.  Stanislav Milota’s stunning black and white cinematography is haunting and beautiful.  It features successions of extreme closeups that emphasize the slightly grotesque and disturbing features of the biological condition.  Milota’s use of black and white film stock’s enhanced tonal range is artfully employed to focus attention on rich textures and multitudes of shades.  This gives The Cremator a uniquely unsettling dreamlike quality.  The musical score by Zdenek Liska is alluring, phantasmic, and aesthetically intriguing. Viewing The Cremator is akin to experiencing a nightmare that one is reluctant to wake from.
 

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