domenica 24 dicembre 2023

Foglie Al Vento - Aki Kaurismäki

non è un film tratto da un (bel) romanzo di Grazia Deledda, è proprio un film totalmente finlandese, Aki Kaurismäki firma un altro grande film, del suo personale ciclo dei vinti (di sicuro non sponsorizzato dall'Ufficio del Turismo finlandese).

Ansa e Holappa sono due vittime del sistema economico, lui  bravo lavoratore, ma abbastanza alcolizzato, lei una brava commessa, che porta a casa del cibo scaduto, invendibile secondo la legge, e per questo licenziata. 

vivono una vita con poca allegria, in case povere, il massimo è la birra nel bar con karaoke.

si trovano, si perdono, si ritrovano, in una camminata zoppicante, con cane, verso il sol dell'avvenire (a Charlie Chaplin piacerebbe).

film di pochi dialoghi, e tutti azzeccati, da morire dal ridere, tra gli altri, i commenti dei cinefili alla fine del film di Jim Jarmusch.

un film da non perdere, promesso

buona (finlandese) visione - Ismaele


 

 

 

“Fallen Leaves” è una delicatissima e tragicomica storia d’amore perfettamente nelle corde del regista scandinavo.Bastano poche inquadrature per ritrovare il classico tocco dell’autore, sempre più essenziale e minimalista e capace di toccare corde profondissime con una pellicola che è sia un inno alla vita e all’amore, sia un grande omaggio alla storia del cinema.

Kaurismäki propone infatti tantissime citazioni, compresa una per l’amico Jim Jarmusch, del quale viene proiettato in un cinema l’ultimo lungometraggio, “I morti non muoiono”. Gli omaggi poi vanno al passato, con diversi riferimenti all’amato Robert Bresson (maestro proprio di quel minimalismo di cui Kaurismäki è oggi uno dei massimi discepoli), a Jean-Luc Godard e uno magnifico, poetico ed emozionante a Charlie Chaplin, da sempre una delle grandi ispirazioni del regista…

da qui

 

Che bella la canzone di una volta. Pardon, il film. Aki Kaurismaki è una tradizionalista esasperato. Compone e ricompone lo stesso film da una ventina d’anni. Lui, lei (l’altro), un cane (un bambino). Solitari in cerca di calore umano e di una qualche alcolica forma di catarsi. La società individualista che schiaccia la solidarietà comunitaria. Un velo srotolato e accuratissimo di straniante ironia. Una parabola che da singolare si fa universale intinta nella cinefilia. Potremmo fermarci qua e usare queste righe per illustrare l’impalcatura della consolidata poetica ed estetica di una star del cinema d’essai europeo.

Poi arriva Fallen leaves, in italiano Foglie al vento, e capisci che siamo di fronte ad una prova formale austera e in purezza, che richiama quello “stile trascendente” che Paul Schrader argomentava per Ozu, Bresson, Dreyer. Per capire, appunto, Foglie al vento, bisogna poi mettere da parte qualsiasi forma analitica di “realismo psicologico” (Schrader, appunto, docet) e scontare la fobia antirussa dei finlandesi che qui abbonda fuor di metafora sforacchiando radiofonicamente qua e la l’atmosfera spirituale apparecchiata attorno ad Ansa (Alma Poyisti), riempitrice di scaffali in un supermercato, e Holappa (Jussi Vatanen), saldatore alcolizzato che vive nel container aziendale. Siamo nella moderna, spesso serale/notturna, Helsinki di oggi…

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Non manca, all’interno di questo Foglie al vento, la tipica ironia à la Kaurismäki, dove un costante straniamento brechtiano contribuisce, insieme a rigorosissime composizioni del quadro, a inquadrature prevalentemente statiche e a una fotografia dai colori netti e particolarmente saturi, a conferire al tutto un carattere grottesco e surreale. Eppure, al contempo, sempre presente è anche una cruda critica sociale, riguardante non soltanto il mondo del lavoro (in cui l’essere umano non sembra più essere considerato tale), ma anche la caducità della vita, in un mondo in cui, a volte, anche soltanto un piccolo colpo di vento potrebbe cambiare drasticamente le cose.

Il potere del Cinema

In tal senso, dunque, i protagonisti di Foglie al vento sono quasi, letteralmente, due foglie cadute dall’albero e in balia del vento. Due anime sole che per trovarsi e ritrovarsi sono destinate a peregrinare a lungo. A meno che non arrivi una sorta di deus ex machina a cambiare le carte in tavola. È così, dunque, che entra in scena il Cinema. Nel piccolo cinema di periferia, l’uomo e la donna trascorrono la loro prima serata insieme. Proprio tale cinema li aiuterà, tra un incidente di percorso e l’altro, a ritrovarsi. Nonostante nessuno dei due sappia come si chiami l’altro. Con Foglie al vento, dunque, Aki Kaurismäki ha voluto (anche) rendere un sincero e sentito omaggio alla sua amata settima arte, da lui così ben onorata durante la sua lunga e rispettabile carriera.

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La storia di Ansa e Holappa, due proletari sbattuti fuori più volte dai loro precari lavori, dentro una città che, fin verso la fine, pare sgangherata e vuota, ma dove corre sotterranea (come accade sempre nei suoi film) una corrente di solidarietà tra umili: un’infermiera ti regala dei vestiti, due colleghe si autoaccusano, con te, di furto, un uomo salva cani dal canile e dalla soppressione. Anime solitarie, inquadrate le une di fianco alle altre, sul divano di una casa modestissima ma senza un colore o un arredo sbagliato, sulla panchina di un parco, contro le pareti azzurre del California Pub o davanti al palco del locale dove si fa karaoke, Get On, Baby!, un tango di Gardel, un lieder di Schubert, Mambo italiano, tutti in finlandese; e volti imperscrutabili, battute fulminee, silenzi, rotti solo, ogni volta che qualcuno accende una radio (niente tv, nei film di Aki, solo cinema e radio) da un ininterrotto notiziario sulla guerra in Ucraina. Perché non siamo in un mondo a parte, ma in un hopperiano (Edward), triste mondo attuale; anzi, appeso a una parete del California Pub c’è addirittura un calendario del 2024, e chissà cosa vuole dire. Tutto qui: basta poco per catturarti il cuore e lo sguardo, basta essere bravi e limpidi come Aki Kaurismaki. E avere a cuore la gente, come lui e come Chaplin, l’altro spirito guida di questo film, intravisto nei poster fuori dal Ritz e in certe inquadrature e citato nel nome che Ansa dà alla randagia che adotta, una rossiccia di media taglia che pare incredula di aver trovato qualcuno che si occupi di lei. Perché, tra i tanti lati umani di un film di Kaurismaki, non poteva mancare quello canino.

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