Felix e Leon si concedono una piccola vacanza in una tranquilla casa vicino al mare, l'ideale per finire i loro lavori, Felix deve preparare un portfolio per poteraccedere a una scuola di fotografia, Leon deve finire di scrivere il suo secondo libro.
non tutto va bene, la macchina si ferma, la casa è occupata da Nadja, quell'estate gli incendi sono particolarmente molesti, dal soffitto c'è un'infiltrazione.
Felix è un ragazzo estroverso, Leon è abbastanza chiuso, la convivenza con Nadja (e a volte Devid) non è facile per tutti.
nell'ultima parte del film le tensioni crescono, e un dramma terribile segna le loro vite.
Leon, che per paradosso è uno scrittore e in quanto tale a contatto con le parole, non trova le parole per dire quello che sente, in quei giorni, e neanche nel libro le parole riescono a dire qualcosa di bello, in giudizio di Nadja è senza appello, come quello del suo agente Helmut.
e poi accade la tragedia.
e tutto cambia, e anche il libro di Leon diventa un buon libro.
un film che non si dimentica tanto presto e Paula Beer è sempre più brava.
il film, vincitore dell'Orso d'argento al festival di Berlino del 2023, è addirittura in quattro sale in tutta Italia, così va il mondo.
buona (incendiaria) visione - Ismaele
…Studio di caratteri, disamina spietata della professione di
romanziere, storiella scema che alla fine funziona, Roter Himmel è la prima
bella sceneggiatura di Petzold dalla morte di Harun Farocki. Spensierata e
inquietante come una partita di volano coi racchettoni luminosi in una notte
d’estate. Fotografia magnifica – soprattutto dopo il tramonto – di Hans Fromm e
consueta selezione musicale di Petzold calibrata al millimetro. La colonna
sonora sfoggia Tarwater, “andata” di Ryuichi Sakamoto dall’album async (2017) e
sopratutto In My Mind (2020) del gruppo viennese Wallners, disinvoltamente
perfetta tanto nei titoli di testa quanto in quelli di coda. Paula Beer,
magnetica, è la nuova Nina Hoss und das ist gut so.
…Certo, Petzold non ha
quei ritmi travolgenti, rimane sempre più compassato, alla ricerca di uno scavo
più profondo nella trama delle relazioni. Eppure delinea nuove traiettorie. E
se Undine era una donna passionale, di energie innocenti e brutali, qui Nadja è
una figura femminile più tenera, apparentemente più gioiosa e rassicurante, pur
nelle sue ombre e nei suoi segreti. Un corrispettivo ideale di un protagonista
che, invece, è talmente immerso nella propria dimensione iperurania e così
avvitato su sé stesso, da essere del tutto incapace di rendersi conto di ciò
che gli accade intorno. Costantemente sulla difensiva. È l’accusa che gli
rivolge Nadja, svelando tra le righe, una verità decisiva. Ma anche mettendo
finalmente a nudo i limiti di Leon e della sua vena di scrittore. Per quanto si
possa essere attenti ai propri movimenti interiori, di cosa si può davvero
scrivere se non si è in grado di aprire gli occhi sugli altri e sul mondo?
Allora, tutta la parabola
disegnata da Petzold si rivela un percorso di educazione sentimentale e di
rieducazione alla vita. Che deve passare necessariamente per il travaglio del
negativo, per il picco di discesa. Per la crisi, il dolore, la perdita. Per
quell’istante in cui tutto ciò che sta intorno, prende fuoco e si trasforma in
cenere. Ma, anche nel mostrare il dramma, Petzold non diventa mai tragico.
Mantiene una levità, che passa prima di tutto negli sguardi, negli
atteggiamenti, nel linguaggio dei corpi. E poi, solo poi, nell’esternazioni più
evidenti e nelle parole. La scrittura di Leon riprende corpo e sangue, nel
tornare alla vita. Mentre quella di Petzold si trattiene, rimane un passo
indietro. Lasciando che le cose parlino da sé, tra i silenzi, i pianti e i
sorrisi.
… Il cielo brucia ha una
quantità infinita di pregi e francamente proprio nessun difetto. Scritto con aggraziata compattezza da Petzold, il testo
mescola l’elemento naturale del fuoco con pulsioni e passioni degli esseri
umani, in primis quel senso di gelosia e di possesso che intercorre nei
rapporti interpersonali sia sentimentali che semplicemente amicali. Non solo il
cielo, ma anche l’anima brucia in Leon e Nadja, come in Felix e Devid. E la
regia di Petzold è lì a circoscrivere con squadra e righello, nemmeno fosse un
maestro del thriller, i bordi del quadro umano entro cui labilità e fragilità
interiori si sviluppano. L’incendio della foresta, sinistro e insinuante,
chiaramente presente in fuggevoli impressioni tra i protagonisti, non è mai
turning point deflagrante. E qui sta la grande abilità del regista tedesco
oramai 63enne – ce lo ricordavamo negli anni di Jericow e Yella a Berlino
vent’anni fa: far incombere il realismo inarrestabile della natura tenendolo
continuamente e metaforicamente sottotraccia.
L’accerchiamento è qualcosa che la regia di
Petzold costruisce senza che ne accorgiamo: utilizzando attori estremamente
capaci più in funzione di pedine, rendendo lo spazio di quel giardinetto
davanti casa e già dentro la foresta come sempre più diviso dal mondo. Perché
in fondo c’è una lezione da grande drammaturgo a sorreggere e penetrare Il cielo brucia: per poter scrivere una storia e
descrivere la realtà bisogna essere capaci di guardarsi attorno e non di
atteggiarsi da narratori per grazia ricevuta o status sociale. Fate voi,
insomma. Noi che questo film va visto assolutamente ve lo abbiamo spiegato. Distribuisce come al solito modello sfida impossibile
Wanted. Il
cielo brucia ha vinto l’Orso d’argento a Berlino 2023
…In Afire, dopo una
prima parte in cui hanno la meglio momenti leggeri, spesso addirittura
esilaranti (grazie soprattutto alla bravura di Thomas Schubert), la tragedia
non tarda ad arrivare. E sarà molto più crudele e inaspettata di quanto si
possa inizialmente credere. Come di consueto, dunque, Christian Petzold non ha
esitato a sorprenderci, ad annichilirci, stravolgendo ogni iniziale certezza e
mostrandoci (tante) possibili svolte e soluzioni. Questo suo Il
cielo brucia è, dunque, un vero e proprio inno all’amicizia e
all’arte. E per creare una valida opera d’arte soltanto un’attenta e sincera
osservazione del mondo che ci circonda può esserci realmente d’aiuto.
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