qualcuno ricorderà La promessa, un romanzo eccezionale, come tutto quello che ha scritto Friedrich Dürrenmatt (diventato anche un bel film, di Sean Penn, con il grande Jack Nicholson nei panni del poliziotto protagonista).
La notte del 12 mi ha fatto ricordare moltissimo la storia di Dürrenmatt, nel film di Dominik Moll un poliziotto e la sua squadra non riescono a rendere giustizia a una ragazza, bruciata viva.
le indagini girano a vuoto, tutte le piste investigative non arrivano a un colpevole.
il protagonista, Yohan (Bastien Bouillon), non considera l'omicidio di Clara un omicidio come altri, diventa un ossessione, come ne La promessa.
l'incapacità di trovare il colpevole a Yohan crea sofferenza, incontrare il Male e non vincerlo non è accettabile, lui assume su di sè, per la sua parte, il dolore di questo femminicidio, è una cosa che lo (ci) riguarda.
un film da non perdere, sicuro.
buona (sofferta e indimenticabile) visione - Ismaele
…La notte del 12 non può quindi ridursi all’etichetta del film
femminista, è certamente vero che gli uomini uccidono le donne, come attesta
giustamente la giudice, ma c’è di più e altro: c’è il tentativo di mettere
ordine nel caos della vita. Malgrado la piccola pacificazione offerta nel
finale, si tratta di un tentativo fallito. Non c’è ordine nel caos. Un grande
film senza risposte, solo con tormentate domande.
La
notte del 12 è un film che nasce come un
poliziesco e nel corso del racconto cambia poco alla volta forma. Il ritmo
sostenuto della prima parte viene abbandonato per lasciare spazio a momenti di
vita quotidiana inedita. In una trama che ruota attorno alla ricerca del
colpevole per l’orribile omicidio di una ragazza, iniziano due indagini, che
corrono parallele per tutta la durata del film. La prima è quella che riguarda
il caso in sé, è la spina dorsale del film; la seconda, invece, nascosta nelle
ambientazioni e nei silenzi, è quella che intraprende il regista, sondando
l’animo dei suoi personaggi, facendone emergere le contraddizioni e i dubbi e
dando poco alla volta al suo film le tinte di un noir atipico…
…A Dominik Moll non interessa soffermarsi in modo
maniacale sull’indagine, sui dettagli nascosti e sugli indizi invisibili.
Nonostante il film sia un susseguirsi di interrogatori mirati a capire,
davvero, chi fosse Clara e per quale motivo sia stata uccisa in quel modo così
barbaro, ciò che sembra interessare realmente al regista è l’indagine
introspettiva che compie Yohan su sé stesso a mano a mano che il caso viene
fagocitato dal nulla.
Qui l’intuizione vincente di Moll,
la chiave di volta che eleva La notte del 12 a
qualcosa di molto più profondo e complesso di un “semplice” thriller. La vera
indagine non è da riscontrare nelle parole degli amici, dei conoscenti e dei
ragazzi con cui andava Clara. Le loro testimonianze sono per lo più futili,
inconcludenti, poco preziose. Nessuna testimonianza funge da reale gancio per
quella successiva ed è proprio in questa inconsistenza delle informazioni che
si può ravvisare il vero cuore pulsante del film…
…Come nella miglior tradizione del cinema noir, il
detective protagonista invece non ha una vita privata. È un solitario per
scelta, che vive per
il suo lavoro. Quando non lavora si allena metodicamente con la sua bicicletta,
ma non in strada: all’interno di un circuito, “come un criceto”. Che è proprio
la situazione in cui si trova: continua a girare in tondo senza mai raggiungere
la meta.
Bellissimi i personaggi femminili, dalla migliore amica di Clara,
alla madre, alla nuova collega (una “mentore” in potenza) – unica donna del
reparto – fino a una giudice che riaccende la speranza e non si arrende.
È un ottimo segnale che questo film sia diretto da un
uomo, così come ad esempio il recente Man: forse finalmente anche
gli uomini iniziano a rendersi conto della tossicità di cui sono circondati, e
iniziano a puntare il dito contro i loro simili e non più a difenderli,
giustificarli, addossare le colpe all’esterno. E un artista ha anche questo
dovere: fornire scorci su mondi possibili e aprire la mente.
Alla fine del film però non c’è
soluzione perché non c’è motivazione, non c’è spiegazione, non c’è un senso.
Solo mistero, il mistero dell’altro, che è poi il nostro mistero, in cui siamo
condannati a vivere finché non sarà la società a voler accendere la luce
veramente.
…in La notte del 12 il
caso deflagra nelle vite dei poliziotti, ne mette a nudo le intime ferite:
ognuno di essi prende un pezzo dell'assassinio di Clara - quello che lo tocca
di più - e lo riferisce a sé. Moll, anche se si muove su un impianto
iperrealistico (la quotidianità del lavoro investigativo, la scarsità di mezzi,
il conseguente investimento personale – a ogni livello -) allude, come sempre
fa, al genere – polar e mystery (gli onirismi, il gatto nero che attraversa
idealmente la vicenda) -, ma senza indulgervi, come vago retrogusto, ché la
trattazione della materia ha del clinico, una constatazione fredda e
precisissima. Soprattutto mette in scena un mondo virile alle prese con
l’ennesimo femminicidio senza colpevoli, una prospettiva e una visione
dell’accaduto sclerotizzata in logiche patriarcali e ragionamenti declinati al
maschile, un girare in tondo senza sosta (le corse nel velodromo del
protagonista) che sa di ossessione e inconcludenza. Gioiello.
…La chiave di
lettura è anche quella dell’indagine stessa. È possibile che siano
principalmente gli uomini a commettere omicidi contro le donne e allo stesso
tempo siano gli uomini ad indagare sulla loro morte? Risulta
difficile per lo spettatore riuscire a risolvere il mistero e soddisfare la
propria curiosità. Il messaggio malinconico che emerge è molto più
potente: non tutto nella vita ha una spiegazione e non tutti i nodi
possono sempre essere sciolti.
Il noir in questo
caso del cinema francese viene declinato nella sua forma più dura del genere
crime, che diventa uno specchio di sè stesso. Proprio per questo è
caratterizzato da una trama intricata, personaggi tortuosi e un’atmosfera
oscura e pessimistica. Gli stessi protagonisti sono visti come antieroi nella
risoluzione del loro gravoso e complesso compito.
Questi casi di
crimini non risolti, che spesso catturano l’immaginazione del pubblico, hanno
fornito ispirazione per numerosi film che cercano di esplorare i misteri, le
indagini e le conseguenze di tali crimini.
La non risoluzione
di taluni casi spesso ha influenzato il cinema francese. Una trama intrigante,
arricchita da tensione psicologica e spunti narrativi che non ci si aspetta, è
questo La notte del 12. La natura enigmatica e inquietante della pellicola
stessa offre un terreno fertile per esplorare tematiche come la colpa,
l’innocenza, l’ingiustizia e la psicologia umana…
…La notte del 12 è una corsa contro il vuoto, i genitori rimasti
soli a piangere sulla tomba di un cadavere sfigurato dalle fiamme, privato di
un’identità ancora in formazione. Un ispettore che sbatte continuamente sul
niente ogni volta si trova ad avere una pista plausibile, e poi finisce nel
buio che nasconde le nostre paure. L’idea di Dominik Moll sembra proprio quella
di suggerire una nuova via di fuga, senza indicare una precisa direzione o una
scelta obbligata. L’alternativa al niente consiste nel provare a rompere il
guscio dell’indifferenza, colpendo innanzitutto quei pilastri che lo rendono
tale, il pregiudizio, l’ignoranza, la fretta e la superficialità dello sguardo,
prendendo coscienza, trovando il coraggio di affrontare la sconfitta…
…La scelta di Moll di far seguire il caso solo ad un
gruppo di uomini, nella prima parte della diegesi, non è un caso. L’ennesima
violenza nei confronti di una donna è stata consumata e adesso, per
risolvere l’omicidio, viene incaricato un uomo che deve indagare su altri uomini.
Questo rende la storia e le scene pregne di significato, perché è qui che Yohan
capisce cosa realmente un uomo sia in grado di fare senza avere il minimo
scrupolo.
Clara, nello sceneggiato, è una ragazza innocente,
vittima degli abusi maschili e senza alcuna arma per difendersi. È l’ennesima
donna uccisa, bruciata viva senza alcuna pietà, in un mondo in cui ancora i
femminicidi non riescono ad essere fermati. Clara è la sorella, l’amica, la
compagna di tutti e rappresenta tutte le donne massacrate e tutti gli uomini
che non hanno mai rimpianto il gesto.
E se nella seconda parte del film – dopo che il caso
era rimasto irrisolto e quindi chiuso – è stata proprio una donna, la giudice
istruttrice, a spingere Yohan a riaprilo, un motivo c’è: chi realmente può
comprendere quel male non è un uomo, è solo una donna. Sono solo loro che
combattono fino alla fine perché solo loro sanno realmente cosa voglia dire
essere vittime.
In La notte del 12 Moll è stato
magistrale. Ha permesso quell’identificazione necessaria al cinema, riuscendo a
far immedesimare lo spettatore nei personaggi. Ed è forse proprio perché si
opera un riconoscimento di sé attraverso l’immagine speculare di un altro, in
questo caso di Yohan, che il regista riesce a far porre delle domande, utili e
indispensabili, al fine di innescare in chi fruisce un processo di riflessione
che inevitabilmente si porterà anche a casa.
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