lunedì 20 settembre 2021

My dear enemy (Meotjin haru) - Yoon-ki Lee

Byung-woon e Hee-soo sono i due protagonisti del film, con un'alchimia perfetta.

Hee-soo vuole indietro i soldi che Byung-woon deve restituire, e Byung-woon cerca di onorare il suo debito.

la macchina da presa è tutta per loro e la loro corsa contro il tempo, un anno prima stavano insieme, ma poi si erano lasciati.

in queste ore alla ricerca di soldi i due riacquisiscono una certa intimità, si raccontano le cose, si sorridono, giocano un po', scherzano, noi vorremmo che si rimettessero insieme, ma sarà impossibile, lui è insopportabile e bravissimo, di parola e anche inaffidabile, ma come fai a non fare il tifo per loro due?

solo se hai un cuore, naturalmente.

propria una bella visione, non perdetevelo - Ismaele



 

Quello che a tutt’oggi è l’ultimo film del regista coreano è solamente in apparenza una sintesi o un volo leggero sulla superficie del suo cinema. Con esiti e con uno sguardo sicuramente diverso c’è una suggestione sottile che lega l’ultimo, bellissimo film di James Gray (Two Lovers) a My Dear Enemy; ed è probabilmente una tensione nera, o come ha preferito definire David Bordwell, semplicemente Hitchcockiana, nel modo in cui il corpo del melodramma subisce una re-visione a partire dagli oggetti, dalla dis-funzionalità dello spazio, dai tempi della sophisticated comedy che eccedono il meccanismo per essere inabissati nella forza distruttiva della durata. Che il cinema di Lee-yoon-ki sia un progressivo attraversamento dello spazio, inteso come arricchimento anche traumatico dell’esperienza, è chiaro in tutto il suo cinema, dove il peregrinare non è mai l’indicazione di un percorso autoritario e le forme di uno scrutare sfuggente ed ellittico (non solo Bressoniano) sono epifanie della visione aperte e possibili ; per rimanere all’interno di suggestioni im-pertinenti e legate ad un’idea normativa del racconto, il sistema causale nel cinema di Lee-Yoon-ki lo si coglie fuori e addirittura ci sorprende alle spalle della macchina da presa. Le vite degli altri, nel cinema di Lee-yoon-ki, restano un mistero invaso dalla presenza di segni ed oggetti mai ridondanti, uno sguardo che è leggero ma allo stesso tempo duro, tagliente e tagliato da un cinema che continua anche dopo i titoli di coda…

da qui

 

A parte la lunga sequenza che apre il film, Lee generalmente si accontenta di evitare i ghirigori stilistici e di mettere al centro del film le interpretazioni degli attori - sebbene il ritmo irregolare del montaggio aiuti ad accrescere un senso di tensione tra i due protagonisti. Questa tensione, alimentata dal risentimento rabbioso di Hee-soo e dal senso di colpa di Byung-woon funziona più o meno come la vera storia del film, perchè si trasforma lentamente nel corso della giornata. La mente di Hee-soo è tirata contemporaneamente in più direzioni, data la disperazione delle circostanze in cui si trova, I ricordi dolorosi e positivi della loro relazione e l'intimità riluttante che si sviluppa tra loro nel corso della giornata, mentre lei apprende su Byung-woon cose che ignorava. Ovviamente, Jeon Do-yeon non ha bisogno di articolare in parola nulla di tutto ciò, si vede tutto sul suo viso.
In un certo senso però il film tradisce una preferenza per Byung-woon, perchè dà all'attore Ha Jung-woo un'eccezionale opportunità per mettere in mostra tutto il suo fascino. Nella sua breve ma intensissima carriera Ha ha mostrato una gamma interpretativa molto ampia, ma vederlo in questo film è un vero piacere, e non si può non esserne sedotti. Una grande recitazione, una regia sicura anche con una trama così semplice (ad essere scortesi, si direbbe "esile"), questo film di due ore inchioda alla poltrona.

da qui

 

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